Hania, salvata e perduta a Baghdad

Hania, salvata e perduta a Baghdad DALLO SCÒPPIO DELLA GUERRA NON SI HANNO PIÙ' NOTIZIE DI UNA BIMBA CURATA IN ITALIA GRAZIE A UNA ONG Hania, salvata e perduta a Baghdad L'odissea di due volontarie partite invano per cercarla ROMA A 12 anni Hania Zaid si fida solo della terra riarsa della sua aia e ai medici dell'ospedale San Camillo che due anni fa l'hanno salvata dalla leucemia e ai volontari di «Un ponte pera che la portarono a Roma in fin di vita, ha chiesto in dono una mucca. Unica sopravvivenza nella stentata campagna del villaggio al nord di Baghdad in cui vive con la madre e quattro fratelli. Da quando è tornata in patria guarita, lei, orfana di padre, ha trovato nell'associazione benefica quelle decine di angeli custodi che da giorni cercano invano di avere sue notizie. Finora erano sempre riusciti a monitorare a distanza esami clinici e progressi scolastici. Da quando è scoppiato il conflitto non sanno più nulla di Hania né il presidente Fabio Alberti né le due uniche italiane arrivate a Baghdad sotto i bombardamenti, la studentessa romana Simona Torretta e la giornalista free lance astigiana Marinella Correggia, coordinatrici delle iniziati¬ ve umanitarie «in loco». La vicenda della piccola Hania racchiude la macrostoria dell'ultimo, sventurato decennio iracheno. Quando l'Ong la trovò alle porte della capitale, per lei come per migliaia di altri bambini avvelenati dalle polveri letali dell'uranio impoverito non esisteva speranza. Dalla prima guerra nel Golfo mancano i farmaci a causa dell'embargo e quelli contro la leucemia e altre gravi patologie soccombono burocraticamente alla remota possibilità che da essi vengano ricavate sostanze per scopi militari. Nel derelitto reparto in cui era ricoverata sfiora il 1OO"!*! la mortalità da leucemia, vero flagello nelle zone arate nel '91 da tonnellate di proiettili e missili. Le cure palliative disponibili a Baghdad permettevano ad Hania solo miglioramenti temporanei in attesa dell inevitabile ricaduta mortale. Serviva un immediato trapianto di midollo. Sembrava impossibile, ma dall'Italia arrivò un aiuto e, durante il Giubileo, atterrò a Roma un aereo proveniente da Amman. Una lotta contro il tempo, poi mesi di cure in ospedale, gare di solidarietà per ospitarla durante la terapia post-operazione. Due anni lontana da casa, fra sofferenze e sacrifici, la gioia dell'ormai inaspettata guarigione, infine il volo di ritomo. Tutto senza mai recidere il patto di solidarietà con il gruppo dì padre Emesto Bplducci. Ora sulle piste di Hania e di tanti altri minori ammalati e malnutriti hanno varcato martedì i confini iracheni le due delegate dell'associazione. Sono entrate in auto dalla Siria, cambiando più volte itinerario per la minaccia di ordigni o imboscate, in un inferno di ponti crollati sotto i bombardamenti, acque infette e palazzi cadenti. Ad accoglierle, raccontano, una capitale «morta, spettrale». Nei primi giri di perlustrazioni, l'impatto coi tanti feriti dai bombardamenti, i dispensari affollati di neonati affetti da gastroenterite e problemi respiratori. E su tutto l'ombra nefasta della dittatura assediata che controlla le comunicazioni telefoniche e non garantisce più nemmeno l'incolumità dei soccorritori. Una missione ad alto rischio, quindi, pe- Simonetta Torretta, 28 enne laureanda in antropologia alla Sapienza di Roma (responsabile di un progetto pro-Baghdad degli atenei italiani) e Marinel¬ la Correggia, 44 anni, di Asti, fondatrice nel '96 dell'ospedale pediatrico di Bassora che cura 15 mila bambini all'anno laddove in dieci anni è quasi quadruplicata la mortalità infantile. Avevano portato aiuti ai civili pure cinque anni fa nel pieno della settimana di bombe Usa contro il regime. Stavolta, però, non hanno potuto neanche mettere piede nel loro ufficio all'Hotel Al Panar. Per ragioni di sicurezza, scortate da un autista e da un ingegnere iracheni, sono state dirottate nell'albergo concesso alle Qng. La loro priorità sono 400 babymalati come Hania, in lotta con la leucemia, la talassemia, l'epilessia. Davanti a Simona e Marinella, uno scenario da incubo; «Negozi sbarrati, l'aria resa irrespirabile dalla tempesta di sabbia mischiata al fumo nero delle trincee incendiate dal "Raìss», Ma anche «una città in attesa dell'arrivo dei marines», «un popolo dignitoso e orgoglioso pronto a ribellarsi all'invasione». Gli iracheni, spiegano, sono un ((popolo abituato alle bombe e alle guerre», li preoccupa piuttosto un lungo assedio della città». I bombardamenti «che hanno colpito case e obiettivi civili» hanno sventrato i quartieri popolari e molti minori mostrano disturbi psicologici: «La gente ricca ha lasciato la capitale, solo i più poveri sono rimasti e le riserve di cibo dureranno ancora una manciata dìgiomi». [già. gal.] tempo Hania Zaid, la ragazza scomparsa