Il centrosinistra vuole ricucire i rapporti con gli Stati Uniti di Antonella Rampino

Il centrosinistra vuole ricucire i rapporti con gli Stati Uniti LE MANIFESTAZIONI DEI PACIFISTI E IL «NO» ALLE BASI PEL CENTROSINISTRA HANNO RIAPERTO IL SOLCO CON I POLITICI USA Il centrosinistra vuole ricucire i rapporti con gli Stati Uniti Gli ex ministri Dini e Enrico Letta impegnati in incontri riservati Anche Giuliano Amato dall'ambasciatore americano Sembler retroscena Antonella Rampino ROMA NOTIZIA numero uno; Lamberto Dini ha fatto pace con Madeleine Albright. Notizia numero due; Enrico Letta ha trascorso ima settimana negh Stati Uniti, e non per fare shopping. Notizia numero tre; grande festa lunedì sera da Mei Sembler per la cerimonia di insediamento di Giuliano Amato come presidente del Centro studi americani. Last but not least, il medesimo Giuliano Amato, guardato dai pacifisti come un americano con molte kappa, è stato protagonista di una fragorosa sfuriata, come non gh capita mai, nemmeno nel chiuso deUe stanze di Palazzo Borghese, contro la sinistra del no aha guerra senza se e senza, soprattutto senza concessione delle basi agh americani. Punto sul quale nemmeno Chirac e Schroeder hanno avuto i dubbi, invece, di D'Alema e dei dalemiani. Allarga le braccia Umberto Ranieri, «E' stato il Consigho supremo di difesa a dettare la linea. E adesso l'importante è dare sostegno alle organizzazioni multilaterali, base del rapporto transatlantico». Perché oggi, e in futuro, l'Ulivo ha un problema in più; ricomporre i rapporti transatlantici. Forte di una storia cominciata molto indietro nel tempo, agh albori dello stesso centrosinistra, quando alla London Sdiool of Economics era l'allora candidato premier Tony Blair a chiedere aU'allora vicepresidente del Consigho Walter Veltroni «come avete fatto a costruire la olive-tree coalitionl», e proseguita via via con l'Ulivo mondiale, con tanti caffè presi assieme a BUI Clinton, con la Terza via percorsa assieme agh anglo-americani in quel di Firenze,e - anche con le famose sfuriate (a porte chiuse) di Lamberto Dini a Madeleine Albright, cui l'allora Segretario di stato opponeva la gelida «mappa dell'euroconfusione», ovvero «i miei collaboratori proprio non riescono a capire l'Europa dove sia e cosa faccia, così hanno appeso in ufficio la cartina dell'euroconfusione», e il punto era che i clintoniani avrebbero voluto dall'Europa, e dall'Italia di centrosinistra, mano libera nei bombardamenti in Serbia. Ecco. Non che i rapporti si siano mai veramente sopiti o anche solo allentati. In prima linea ci sono, naturalmente, fondazioni e think tank. Ouelli di sinistra, come ItalianiEuropei di Amato e D'Alema han¬ no, da lungo tempo, rapporti con i corrispettivi americani di area democratica, come Brooking Institution, ma anche con la Heritage di Richard Perle, il falco della destra repubblicana, e l'ideologo che ha consigliato a Rumsfeld la «gueira leggera» in Iraq. E, per quel che riguarda l'attuale amministrazione Usa, è il direttore esecutivo di ItahaniEuropei Andrea Romano il delegato ai rapporti con i collaboratori di Mei Sembler. In area centro del centrosinistra, Lapo Pistelh tiene accesi i contatti con il Progressive Pohcy Institute di Will Marshall, «Perché? Già durante l'amministrazione Clinton ci siamo accorti che erano monopolizzati dalla sinistra». E, come direbbe Prodi, competìtion is competition. Ma, con lo scoppio deUa guerra in Iraq, le istituzioni transatlantiche per eccellenza come la Nato «sono implose», nota Lamberto Dini, detentore e tutore per gh interi cinque anni di govemo di centrosinistra deUa continuità in pohtica estera. Non solo l'avvento della destra repubblicana ha fatto prendere contezza aU'allora ministro degh Esteri, una volta incontrata Condoleezza Rice («Una donna di mentalità rigida e dottrinaria, formatasi aha dottrina pohtica negh annideU'Unione Sovietica, con nessun rispetto deUe istituzioni multilaterali»), che si stava meglio quando si stava peggio, ovvero con Madeleine Albright (da aUora invitata più volte a cena in casa a Firenze). Soprattutto lo scoppio della guerra in Iraq, con le sue «incredibih conseguenze di destabilizzazione deU'ordine mondiale», ha spinto Dini a considerare che «non si può più aspettare le prossime elezioni americane». Che «bisogna muoversi prima, perché saranno i democratici a riprendere U discorso, e perché finita l'emergenza guerra occoirerà rimettersi al lavoro e ripensare le fondamenta deUe istituzioni multUaterali». Come dire l'Onu e la Nato, deUa cui assemblea parlamentare Dini è parte, «che fu picconata dagh stessi Stati Uniti già aU'indomani deU'attacco aUe Torri». Quando, come è noto, Lord Robertson offri l'ovvia adesione del Patto transatlantico aUa neonata coalizione antiterrorismo, e Donald Rumsfled rispose letteralmente «Per ora non siete stati invitati». «Gh Stati Uniti non volevano la partecipazione deUa Nato aUa coalizione perché sapevano che questo avrebbe condizionato l'azione militare, come era stato durante l'intervento in Kosovo», dice Dini «quando gh americani avrebbero voluto mano libera, mentre gli europei tendevano a frenare sui bombardamenti, almeno riguardo agh obiettivi civili». Anche aUora, anche quella amministrazione americana «pensava di arrivare aU'invasione deUa Serbia», rivela Dini, evitata solo daUa capitolazione di MUosevic, certo dopo che i russi gh avevano sfilato U loro sostegno. Pare sia stato Clinton, ma la voce non è confermata, a dire a guerra appena scoppiata a Dini «Larribertow, se Gore avesse vinto le elezioni le nostre truppe non sarebbero entrate in Iraq», ma la constatazione non tranquillizza. Tutti i membri deU'ex amministrazione americana sono infatti fuori gioco, «dobbiamo puntare sui giovani che cercheranno di strappare la BuJi la rielezione» nota Enrico Letta. I quarantenni-cinquantenni astri nascenti, se così si può dire, del partito democratico; i Kerry, gh Edwards, i Conrad. La preoccupazione, in un viaggio al di là deh'Atlantico in cui Letta s'è trovato, senza imbarazzi, ma certo a spiegare U fermo «no» alla guerra deU'OHve coalition itahana di fronte ad esponenti politici che, per quanto contrari all'attuale linea pohtica americana, «poi, una volta deciso l'intervento, hanno applicato l'americanissima regola del tight or wrong, is my country)}. Ovvero; magari sarà pure sbagliato, ma io sto col mio Paese. Il tentativo dichiarato deUa missione, solo la prima di una serie, era queUo di «lasciare circoscritto U dissenso aU'attuale situazione ed evitare una progressiva destrutturazione dei rapporti transatlantici». In una condizione in cui, ed è forse anche per questo che Francesco Rutelli in persona mantiene un cordialissimo rapporto personale con Mei Sembler, a Washington, nota Letta, «Berlusconi s'è molto ben posizionato con l'establishment, ma anche con l'opinione pubblica, come true friend degh americani». E se Berlusconi rivince le elezioni, e se viene riconfermato Bush? Dini teme più la seconda ipotesi deUa prima; «Con l'invasione deU'Iraq hanno rotto l'ordine intemazionale che è basato suUe istituzioni multUaterali, suU'Onu e la Nato, che sono sedi del rispetto della sovranità nazionale. Adesso noi dovremo lavorare per ricucire». E saranno i democratici a riprendere U filo deUe istituzioni; quindi, appuntamento in estate, negh Stati Uniti, di tutti i ministri degh esteri dei vecchi governi di centrosinistra europei. Appaiono lontani i tempi dei vertici a Firenze con Clinton e Blair per costruire un'alleanza «mondiale» che nascesse dal modello italiano L'ex presidente del Consiglio Amato con l'ex presidente Usa, Clinton