i figli del Califfo di Mimmo Candito

i figli del Califfo HANNO FATTO FALURE LE TRATTATIVE PER L'ESILIO E ORA GUIDANO LA BATTAGLIA i figli del Califfo - - m Uday e Qusay due principi spietati personaggi Mimmo Candito Cf E' stato un breve tempo, tra gennaio e febbraio, nel quale è sembrato che questa guerra potesse essere anche evitata. Bush, dalla Casa Bianca, spronava l'Onu ad autorizzare finalmente l'attacco; dall'Iraq, Saddam rispondeva con ardore che «i mongoli verrano bloccati alle porte di Baghdad». I giochi parevano chiusi, l'aria fremeva di tensione e di rabbia.malcontenuta; già Franks scaldava i motori dei carri armati. Ma era tutta scena. I due nemici si agitavano soltanto per impressionare la folla, in realtà stavano facendo propaganda di bassa qualità, come ogni buon piazziste che deve vendere quello che comunque ha in borsa. Sapevano bene - l'uno e l'altro - che prima deU'infemo c'era ancora qualche margine di manovra. Era uno spazio molto limitato (che interessava al Raìss come anche al Presidente americano), ma ci si poteva lavorare. - Il progetto ebbe una gestione che andò avanti per un paio di settimane, prima timidamente, poi con più convinzione: il suo obiettivo era la sostituzione di Saddam Hussein. Ma non la sua cacciata ignominiosa, che mai il «califfo di Baghdad» avrebbe potuto accettare; piuttosto, un suo allontanamento formale dal potere, in modo da soddisfare le richieste americane senza far perdere la faccia a Saddam. Ci lavorararono in molti, soprattutto l'Arabia Saudita, che voleva evitare una frattura destabilizzante in un'area dove un ahto di vento può bastare a rovesciare equilibri dehcati e ormai fragilissimi; anche il Vaticano fu in qualche modo in quella partita. Ma poi il Raìss s'irrigidì-; il negoziato segreto non ebbe più interlocutori, e mahconicamente la bolla della speranza s'afflosciò. Fu per questo che la Casa Bianca, nei suoi comunicati successivi, precisò come «soltanto l'esilio del Raìss e della sua famiglia» avrebbe potuto evitare l'attacco. Il Raìss «e ia sua famiglia» : non più lui soltanto, dunque, ma anche i famigliari. Era un modo indiretto per dire che, comunque, i due figli di Saddam, Uday e Ousay, dovevano anch'essi toghersi di mezzo. E ora il fallimento della speranza stava tutto in quei due nomi, perchè in quei due nomi - ma poi a contare era solo Ousay - s'era concentrato il progetto della «abdicazione». Saddam è un don Vito Corleone in terra d'Oriente, uno che ha imparato a conoscere quanto sia forte la tentazione del potere, e per questo si fida poco di quelli che gh stanno d'attorno. Sa comunque che l'unica risorsa sulla quale contare sono i vincoli di sangue; e tra generi, cugini, fratellastri, e suoceri, ha costruito una cerchia fidata di parenti, ai quali ha delegato una buona parte della gestione degh affari di governo (i cugini Al Majid hanno il controllo delle forze armate, i fratehastri Ibrahim quello dei servizi di sicurezza). In questa fitta rete d'interessi e di parentela, dove le nozze tra consanguinei rinsaldano sicurezza e complicità, Uday e Ousay stanno, naturalmente, in testa a tutti gh altri perchè sono i figh del Boss e, dunque, i suoi «legittimi» eredi. Il titolo spetterebbe, com'è ovvio, al primogenito, Uday; 39 anni, un lungagnone con la barba rada da coatto, la parlata un po' blesa, e da qualche anno con una leggera zoppìa (sono i retaggi di un attentato, gh spararono e lo fecero mezzo morto). Ma Uday è uno cui il sangue dà spesso alla testa, uno psicopatico che se s'infuria è capace d'ammazzare il suo avversario lì su due piedi; ne ha combinate tante, in questi anni, da riuscire nel non facile compito di rendersi insopportabile perfino in una famiglia dove il fairplay e la gentilezza del tratto non pare proprio che siano le doti più comuni, e il papà 10 ha di fatto «diseredato». Lui non pare soffrirne troppo: con i traffici che ha messo su grazie alla sua, diciamo, rendita di posizione è diventato l'uomo più ricco dell'Iraq. Il mercato nera passa interamente sotto il suo controllo, e in un paese dove le frontiere sono praticamente chiuse da 12 anni, per l'embargo dettato dall'Onu, ogni attività economica finisce dentro il gira dei traffici clandestini, lasciando al passaggio un cospicuo contributo nelle casse di Uday. 11 giovanotto non se la prende molto, perchè le sue passioni sono altre. Il papà lo ha fatto nominare Rettore della Facoltà di Scienze (sono i vantaggi delle dittature, dove può investirsi di scienza anche chi pratica attività assai più materiali), e lui dirige poi anche il giornale del regime «Babel» e una delle tv di Stato; parrebbe una magnifica figura d'intellettuale organico, ma quello che in realtà lo interessa sono solo le donne e le auto da corsa. Sembra che ne abbia 200 (di auto), e quanto alle donne non si pone limiti: se una che gh passa davanti agh occhi gh piace, il destino della poveraccia è segnato. Una camera d'albergo, o la residenza privata del «principe», segneranno lo jus impositivo del vinlone di casa Hussein. A metterlo nei guai col papà sono state proprio le donne. Poiché ha questa incapacità a frenare le proprie pulsioni amorose, e va molto per le spicce se qualcuno gh si frappone, ha ammazzato senza grandi tormenti d'animo due uomini, due ufficiali, che gli rifiutavano le loro donne - il primo non aveva acconsentito a farlo ballare con sua moghe, il secondo gh aveva fatto negare un «appuntamento» con la figlia. In entrambi i casi Saddam lo aveva perdonato, perchè anche un dittatore è un uomo e i primogeniti stanno sempre nel cuore del papà; solo che poi Uday l'ha fatta davvero grossa, ammazzando a randellate il maggiordomo del Raìss e suo assaggiatore ufficiale. E lì la pazienza di Saddam si è definitivamente consumata. La storia aveva riguardato, an¬ che quella volta, un giro di donne; ma le voci di Palazzo assicurano che, se di gonne si trattava, allora era stato per via della mamma, Sajida. Uday sapeva che quel cameriere, Kasmel Hanna Jojo, era stato il «galeotto» che aveva portato nel letto di Saddam la seconda moghe, la bella Samira Fadel Shahbandar, e aveva giurato di vendicare l'offesa patita dalla delusa Sajida. Fu un gesto - forse un po' eccessivo d'amore filiale, ma il Raìss non sopportò l'affronto patito (dovette anche cercarsi un nuovo assaggiatore di fiducia, e la cosa lo lasciò a digiuno per qualche pasto): prima ordinò la condanna a morte del fighe, poi decise per il suo esilio in Svizzera. Solo che anche gh svizzeri si scocciarono di quel lungagnone che non sapeva tenere le mani a posto e insultava gendarmi e camerieri, e dopo 40 giorni lo espulsero. Quando Uday tornò a casa, il delfino era ormai suo fratello minore, Qusay. Qusay somiglia a Saddam come solo la sua foto può farlo: stessa altezza, stessi baffi, capelli identici, perfino il timbro della voce è uguale. E come il papà, lui ama i fatti e poco le sceneggiate. E' il comandante della Guardia Repubblicana e del Servizio Speciale, cioè del nerbo militare del regime e della sicurezza personale di Saddam; lavora sodo, in silenzio, e in pubblico lo si vede poco. E il suo nome non è stato mai invischiato neUe storie di bordello e di alcol che tanto appassionano il fratello Rettore di Scienze. C'erano dunque tutte le condizioni - così, almeno, pareva - perchè il progetto «abdicazione» potesse realizzarsi, facendo uscire di scena Saddam ma lasciando il potere nel suo giro: ch'era un modo per accontentare Bush e fargli vincere la guerra senza combatterla. Ma poi le cose andarono storte, Saddam fece sapere che non se ne faceva niente. E nella notte di san Giuseppe il gen. Franks decise che a curare l'abdicazione del Raìss onnai dovevano pensarci i Tomahawk. La Terza Guerra del Golfo era cominciata. Il primogenito si è giocato la successione con la sua passione per le donne. Controlla traffici e mercato nero Il fratello silenzioso e discreto comanda la Guardia e i pretoriani I ritratto di Saddam e dei due figli Uday e Qusay esposto durante una parata dei reparti della Guardia

Luoghi citati: Arabia Saudita, Baghdad, Iraq, Svizzera