«Non so quanto durerà, so come finirà» di Maurizio Molinari

«Non so quanto durerà, so come finirà» IN BILANCIO ANCHE OTTO MILIARDI DI DOLLARI PER AIUTI UMANITARI «Non so quanto durerà, so come finirà» Bus chiede al Congresso 75 miliardi per il conflitto: «Vinceremo» Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK «Non possiamo dire quanto durerà la guerra in Iraq ma sappiamo come finirà, saremo noi a prevalere». Il presidente americano, George Bush, si è detto sicuro sull'esito dell'operazione «Iraqi Freedom» presentando ieri, durante un incontro al Pentagono, la richiesta di 74,7 miliardi dollari di fondi al Congresso per sostenere le operazioni militari. «L'avanzata continua e stiamo facendo buoni progressi, il regime iracheno sarà disarmato, il regime iracheno avrà fine ha detto il Presidente nelle vesti di comandante in capo degli oltre 200 mila soldati americani impegnati in guerra - il popolo iracheno sarà liberato e il nostro mondo sarà più sicuro e pacifico». Ma sulla durata della campagna il capo della Casa Bianca, alla luce degli sviluppi sul terreno delle ultime 72 ore, sceglie la prudenza: «Non posso dire quando la guerra terminerà». La prospettiva di una campagna «veloce e di successo» ventilata più volte alla vigilia dell'attacco - sembra svanita: le forze della coalizione incontrano resistenza e subiscono perdite. Di fronte ai dati delle vittime - almeno 20 morti e 14 catturati o dispersi - Bush ha rivolto il jensiero «ai nostri militari e alle oro famiglie che stanno mostrando grande coraggio e a quelli fra loro che hanno sofferto gravi perdite», affermando che «l'America è grata a tutti coloro che si sacrificano per la nostra causa». Con alle spalle le bandiere dei reparti militari e a fianco il Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, il Presidente ha disegnato lo scenario delle operazioni: «In ogni guerra la situazione è molto fluida, noi adesso ci troviamo a combattere un nemico che non rispetta alcuna regola, che veste abiti civili e il cui scopo è continuare a uccidere per far sopravvivere il regno del terrore creato da Saddam Hussein, ma stiamo combattendo con coraggio». Il riferimento al nemico in «abiti civili» è mirato a spiegare al pubblico americano che la guerra è entrata in una nuova fase: la guerriglia, con il rischio che i militari americani debbano fare fuoco contro nemici senza uniforme. L'evoluzione della campagna militare sarà al centro da oggi di due giorni di summit con il premier britannico, Tony Blair. I leader della coalizione si incontreranno a Camp David per affrontare l'agenda militare e politica: la caccia a Saddam Hussein, la battaglia di Baghdad, la guerriglia in atto nelle città del Sud. Blair ieri si è detto sicuro sul fatto che alla fine «la resistenza che incontriamo sarà spezzata, avanziamo verso Baghdad». Blair e Bush discuteranno anche del dopo-Saddam e del ruolo che potranno avere le Nazioni Unite nella ricostruzione del Paese: il premier britannico prima di tornare in patria vedrà il Segretario dell'Onu Kofi Annan. Il pacchetto economico preparato dalla Casa Bianca è una cartina di tornasole della guerra al terrorismo. La fetta più grossa - 62,6 miliardi - è destinata a sostenere la campagna militare in Iraq: trasporto delle truppe; rifornimenti; manutenzione di ogni tipo di veicoli, aerei e navi; equipaggiamenti; nuovi ordini di missili Cruise, bombe intelli- genti e altre munizioni high-tech per sostituire quelle che vengono adoperate svuotando i depositi del Pentagono; salari «da combattimento» per i soldati al fronte; paghe per i riservisti che hanno dovuto lasciare i loro impieghi. Lo stanziamento per gli aiuti umanitari è di 7,85 miliardi di dollari destinati a portare «soccorso al popolo iracheno» con spedizioni di cibo, acqua, medicine e vestiario e anche a «ristrutturare importan¬ ti edifici del governo danneggiati» ed a mantenere le scuole aperte, pagando gli insegnanti. La proporzione fra fondi per la campagna militare e per gli aiuti umanitari è destinata a mutare - fino a rovesciarsi tanto più si avvicinerà la fine delle ostilità. Ma non c'è solo il fronte dell'Iraq. Altri 5 miliardi di dollari sono destinati infatti a Paesi in prima fila nella lotta al terrorismo anche su altri scacchieri: a fianco di Egitto, Giordania, Turchia e Israele - tutti nella zona del Medio Oriente - a ricevere gli aiuti saranno anche Pakistan, Afghanistan, Filippine e Colombia. Bush vuole mandare un segnale chiaro a questa capitali: se l'America combatte in Iraq non dimentica gli altri fronti aperti con il terrorismo. Quattro miliardi e mezzo andranno infine a consolidare la Sicurezza intema, il massiccio apparato anti-terrorismo creato sul territorio nazionale per prevenire attacchi terroristici. Bush è stato esplicito nel chiedere al Congresso di accorciare i tempi dell'approvazione: «Bisogna agire rapidamente e in modo responsabile per approvare la richiesta di stanziamenti», perché «in tempi di guerra il Congresso non può agire come se nulla fosse, ogni dollaro che spenderemo dovrà servire per le nostre truppe e la difesa del nostro Paese». Il presidente Bush al Pentagono durante il briefing di ieri in cui ha fatto il punto sulla guerra e ha annunciato la richiesta di fondi per quasi 75 miliardi di dollari