Non scherziamo: il vero liberale è un libertino del pensiero di Pierluigi Battista

Non scherziamo: il vero liberale è un libertino del pensiero UN LIBRO ALGIORNO Non scherziamo: il vero liberale è un libertino del pensiero Piero Ostellino ■dubbio Pierluigi Battista IL libro di Piero Ostellino, Il dubbio, raccoglie gli articoli più significativi scritti dall'autore per il Corriere della Sera, ma soprattutto coagula, illustra, argomenta la sana irritazione di un liberale da sempre che, «in un'epoca in cui tutti a destra e a manca si dicono liberali», è costretto a riesporre quelli che considera i «fondamentali» del liberalismo misconosciuti dalla variegata e vociante schiera dei neofiti incapaci di cancellare davvero dentro di sé i residui delle vecchie culture d'appartenenza. «L'uomo liberale», puntualizza con evidente e giustificata irritazione Ostellino, «è un libertino, sia dal punto di vista esistenziale, sia - e forse ancor di più - da quello intellettuale». Quanti neo-convertiti al liberalismo sarebbero pronti a sottoscrivere questa definizione di «uomo liberale» proposta da Ostellino? E ancora: «Per la cultura liberale non c'è nulla di sacrale nel potere, al quale essa, piuttosto, attribuisce una natura diabolica» e di conseguenza «il potere, comunque si configuri e da qualsiasi parte provenga (politica, economica, pubblica, privata) è, per la cultura liberale, un pericolo da combattere e al quale porre, appunto dei limiti». Oppure, si veda la definizione che Ostellino propone del rapporto tra il dubbio liberale e le certezze politiche, ideologiche e metafisiche; «per un liberale la verità resta sempre all'orizzonte come un miraggio. Egli si riserva di rivedere le proprie stesse asserzioni alla luce della loro falsificabilità, cioè della loro verificabilità empirica». E poi, il liberale non si accontenta delle vittorie apparentemente facili; «di fronte all'ondata socialistica e statalistica degli anni Settanta, la cultura liberale si è rifugiata in un'interpretazione strettamente economicistica del liberalismo, riduttiva ed elitistica, confondendo pericolosamente i mezzi - il mercato e il profitto - con i fini, gli uomini in carne ed ossa». Chi sarebbe disposto, tra i liberali tardivi, a far sua un'affermazione come questa? Del resto, un liberale come Ostellino rifugge dalla «cattiva abitudine dei miei compatrioti di etichettare il loro prossimo di volta in volta "di destra" o "di sinistra", e di considerarlo "uno dei nostri" o "uno di loro" invece di chiedersi semplicemente se quello che dice o scrive sia vero o falso». Ma questa «cattiva abitudine» deplorata da Piero Ostellino è esattamente il tic ossessivo, il refrain psicoticamente reiterato con compulsiva fissità di ima comunità politica, giornalistica e culturale che sotto lo sgargiante abito liberale cucito in fretta e furia per difendersi dai rigori del tramonto delle ideologie sente battere il cuore per le antiche certezze, le antiche scomuniche, le antiche intimazioni al silenzio e al conformismo. Un gioco al massacro cui Ostellino si sottrae, memore dei tempi in cui pochi, pochissimi, si definivano liberali. Tanto che un liberale come Ostellino può essere marchiato come uno «di destra» se critica il giustizialismo dei sacerdoti di Mani Pulite e «di sinistra» se si dispera per l'eccesso di concentrazione del potere politico-mediatico. Paradosso di un'Italia illiberale che, senza nessuna autoironia, ama definirsi, in coro, «liberale». Piero Ostellino Il dubbio Rizzoli 386 pagine, 17,50 euro Piero Ostellino ■dubbio Piero Ostellino Il dubbio Rizzoli 386 pagine, 17,50 euro

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