Noi scrittori a furor di popolo di Michela Tamburrino

Noi scrittori a furor di popolo SARAMAGO, MONTALBÀN E CAMILLERI: TRA BRUSCHETTÀ E VINO TRE STAR DELLA NARRATIVA SCHERZANO SUL LORO MITO Noi scrittori a furor di popolo «Condividiamo il piacere di un successo che nasce dai lettori e non dalla critica» Michela Tamburrino ROMA - BRUSCHETTÀ, cannelloni e vino tinto. Saramago, Montalbàn e Camilleri, un pranzo reale e il romanzo di un pranzo. Tre ragazzi terribili d'annata, alle prese con la ludica demistificazione del loro mito. Montalbàn: «Io dovrei praticare il regime dietetico come Camilleri. Saramago, tu sei l'unico che può mangiare di tutto. Se fossi libero dalie mie ossessioni e potessi immaginare ima sintesi di un pasto a tre, farei scegliere l'antipasto a Camilleri, a Saramago chiederei di ordinare un piatto di baccalà, io mi riserverei una portata più barocca, direi l'aragosta catalana. Come vino, un Riviera del Duero». Camilleri: «Un antipasto di mare piccante, quello ordinerei con un vino siciliano forte». Saramago annuisce e non controbatte. Spartite le portate immaginarie mentre si passa ai saltimbocca alla romana di autentica trattoria con vista Tevere, la conversazione si fa amena. «Mai parlare di cose serie, a tavola, solo frivolezze», dice Montalbàn: donne, càlcio. Camilleri obietta: «A tavola non si dovrebbe mai parlare, oscura il cibo. Mai di calcio comunque e sull'immaginifico erotico di ognuno di noi non mi soffermerei troppo. Sharon Stone? Manolo, va bene per te che sei più gióvane. Mi piace seguire la Formula 1 forse proprio perché non ho la patente». Il cinema però interessa tutti b tre perciò si incuriosiscono non'poco quando il proprietario del ristorante racconta che proprio lì è stato girato Bellissima, il film di Visconti con Anna Magnani che rotolava giù verso il greto del Tevere inseguita da Walter Chiari. Montalbàn: «Mastroianni, che grande attore e pure Gassman e Laura AntoneUi. Ma che fine ha fatto?». Glielo dicono e se ne dispiace. «Benigni è interessante ma non ho mai riso tanto come per Isoliti ignoti». Saramago pensa ad altro. Accanto ha la giovane moglie, una giornalista che porta una spinetta con la scritta in rosso sangue «No a la guerra». La moglie di Montalbàn, Anna Sallés è una fine letterata. Sfila davanti ai loro occhi una teoria di ragazze da diploma, libri in mano e penna tremante, pronte per l'autografo. Sono popolari, tutti e tre, di una popolarità tanto forte quanto tardiva. Camilleri: «Siamo scrittori democraticamente eletti e questo ci regala una sicurezza psicologica enorme. Sapere che qualcuno crede in quello che scriviamo senza essere parenti o amici è ima bella consolazione». Montalbàn: «Condividiamo il piacere di un successo che nasce dai lettori e non dalla critica. Siamo davanti a un fattore stravagante rispetto alla generalità degli scrittori d'oggi, rispetto alla società letteraria di oggi. Siamo tutti coinvolti in un match contro gli autori che hanno vent'anni». ■ Eppure si ha la sensazione netta che Saramago non faccia tema. Cultura diversa, tradizione filosofica, approccio allegorico e saggistico. Gli altri due si lasciano sedurre più dall'intreccio da intrattenimento, dalla logica dello sviluppo. Tutti e tre, però, pongono al centro l'uomo e il móndo nel quale l'individuo si muove. Un mondo che è un inferno, secondo Saramago e lo dice quando è l'ora dell'ananas a fettine: «Ognuno di noi ha un proprio universo letterario e umano che nello stesso tempo ci unisce e ci divide. Ci distingue il lavoro di scrittori, ci avvicina il lavoro letterario». E l'impegno politico, una vecchia affiliazione comunista. «Noi scompariremo e di noi resteranno solo le nostre parole - dice Saramago - e queste parole devono parlare alla coscienza della gente». Per Montalbàn, «Saramago è un costruttore di utopie ironiche impossibili, uno scrittore che sovrappone letteratura e ideologia, al tempo stesso possessore di quella verità letteraria che non dipende da quella ideologica». All'ora del caffè, si parla del poliziesco. Il giallo come un filo rosso, una costante mai scaduta nella letteratura di consumo per Camilleri e Montalbàn, una fehce novità per Saramago. Il poliziotto Montalbano che deve il suo nome alla stima che Camilleri ha per l'amico catalano, l'investigatore Carvalho che esplora la società morale spagnola. Tutti e tre, sentono la forza di un Sud geograficamente non bene identificato ma preciso: Barcellona, Lisbona e una Vigata tanto falsa da essere vera, terra di confine sognata in corriera e sistemata tra Agrigento e Porto Empedocle. «E perché non parlare dell'amore per la letteratura?» dicono tutti e tre che oramai hanno preso gusto al gioco di assonanze. Carvalho brucia i libri, Montalbano se ne ciba. Camilleri: «La scelta di un libro da bruciare equivale alla scelta di un libro da leggere». Ci provano Montalbàn e Saramago. Montalbàn: «Io non brucio mai i libri. In Tv me lo volevano far fare per forza. Allora ne ho preso uno di uno scrittore di estrema destra e l'ho distrutto. Ma ne avevo un altro. Ho bruciato un'antologia erotica portoghese perché non mi avevano incluso». Saramago: «Brucerei un mio romanzo, lo scrissi che ero giovanissimo, nel '47, si chiamava TetTa del peccato. In fondo bruciare un libro che ti appartiene è solo un suicidio, bruciare quello di un altro è un assassinio». L'ultimo affondo è per le donne. Camilleri non ama i thriller al femminile «Sembrano artefatti, enigmistici. Brutti come quelli di Agatha Christie». Montalbàài «Malei ha avuto il pregio di far conoscere il vino di Oporto». Camilleri: «A me il Porto non piace». Saramago: «Preferisco il vino rosso». «Ciascuno di noi ha un universo che. unisce e divide. Scompariremo, ma resteranno le nostre parole: dovranno parlare alla coscienza della gente» Da sinistra José Saramago, Manuel Vàzquez Montalbàn e Andrea Camilleri ieri e oggi ospiti dell'Università Roma Tre

Luoghi citati: Agrigento, Barcellona, Lisbona, Oporto, Porto Empedocle, Roma