Petrolio in fiamme la capitale irachena

Petrolio in fiamme la capitale irachena ■.. . Ji n™ i,11. mi , i i. .;. ■;:,v\:.,y.\r^:.::\ LA CITTA' BAGHDAD BOMBARDATA A PIÙ' RIPRESE DURANTE LA GIORNATA Petrolio in fiamme la capitale irachena Gli uomini del Raiss hanno creato una cortina di fumo cercando di disturbare i sistemi di navigazione di bombe e missili americani Dietro le spesse mura della reggia di Saddam tutto è devastato reportage Giuseppe Zaccaria inviato a BAGHDAD UNA sterminata nube di fumo nero ricopre il cielo di Baghdad, una cintura di fiamme la circonda: «Questa città sarà l'inceneritore degli americani», aveva detto appena l'altro ieri uno dei ministri di Saddam Hussein e adesso la minaccia sembra prendere sostanza. Gli iracheni hanno dato fuoco alle vasche piene di petrolio scavate tutte intorno alla capitale. Trovarsi qui oggi è quasi come assistere a un'anticipazione di Apocalisse, poco fa un collega scappando verso l'albergo ha detto, in forma più concisa, che gh ultimi abitanti di Pompei dovevano aver visto qualcosa di simile. In realtà le cose non stanno così, e tra poco cercheremo di spiegare perché, anche se questa notte le tivù di tutto il mondo mostreranno nuovamente Baghdad come l'anticamera dell'inferno. Questa notte, dopo che l'elettricità è per la prima volta mancata in seguito a un bombardamento, la città non è rischiarata soltanto dai lampi delle esplosioni ma anche da una fiammeggiante linea d'orizzonte che l'avvolge a 360 gradi, per un collezionista di incubi questa è la notte in cui rimanere svegli e vivere le peggiori angosce ad occhi aperti. La nube continua a espandersi sulla città, alle ultime luci del tramonto appariva ancora spessa e grassa e cominciava a depositare a terra residui urticanti. Hanno incendiato le trincee tutt'intorno alla capitale perché i venti, da qualsiasi parte spirino, ne spingessero una parte sul centro. I «baghdadi», gli abitanti di questa straordinaria città, hanno trascorso le ultime ore a grattarsi braccia e testa ascoltando i boati di un bombardamento più persistente che mai. C'è chi comincia a temere che questo spettacolare incendio sia il preludio all'uso di gas letali contro Baghdad e i suoi prossimi invasori, chi interpreta questa impressionante visione come annuncio del grande sacrificio collettivo cui un Leader deciso a tutto sarebbe pronto. A simili previsioni si può solo rispondere: calma, ragioniamo. Saddam Hussein ha letto, riletto e usato per tutta la vita le biografie di Stalin, non quelle di Hitler. Le truppe americane distano da Baghdad ancora più di quattrocento chilometri e la metropoh è sempre difesa da sei divisioni meccanizzate d'elite: la Guardia RepubbUcana dovrebbe opporre alle truppe d'invasione una resistenza più forte di quella - praticamente inesistente - delle armate del Sud, almeno fino al momento in cui le trattative che gli invasori stanno conducendo coi generali del Paese occupato non dovessero sfociare in altre defezioni. Questi fuochi dunque non puntano - o non puntano ancora - a bloccare le invasioni dei reparti di terra, ma sono rivolti al cielo, il regime risponde in forma primitiva (l'unica di cui possa disporre) a una guerra che sposa tecnologie ipermodeme a tattiche medioevah. Ormai è sempre più chiaro che una straordinaria superiorità tecnologica consente agli americani di evitare finché possibile uno scontro sul terreno. Quando s'approssimano a una città (è accaduto a Bassora, accade a Nassiriya, dove l'autostrada per Baghdad varca l'Eufrate) le armate che avanzano circondano gli abitati, evitano di avventurarsi per le strade dove la superiorità tecnologica si ridurrebbe e aumenterebbero i rischi di perdite. In sostanza le assediano, mentre altri reparti continuano l'avanzata, e aspettano che dai bastioni qualcuno sventoli bandiera bianca. Sarà così anche per Baghdad? Da ieri mattina, insistendo nel «colpisci e terrorizza», gli attacchi americani si sono estesi dalla notte all'intero arco della giornata. La sirena d'allarme è suonata intorno alle 9 del mattino, da quel momento non c'è più stata tregua. Di giomo le esplosioni sono più cadenzate, i missili piovono a distanza di una, due ore, e si abbattono su questo o quel bunker, questo o quell'impianto militare, anche in periferia. E' come se un bambino sadico si divertisse a lanciare sassi sulla sua vecchia collezione di insetti, dei quali s'è stufato e che ha imprigionato in una scatola. Lì dentro gli essermi ci possono difendere solo muovendosi con fare impazzito o cercando riparo in un angolo: l'angolo in cui Saddam Hussein ha trovato rifugio non è ancora stato individuato, ma intanto i suoi uomini cercano almeno di acceccare il bambino cattivo. Il fumo che ricopre la città non servirà a fermare i missili Tomahawk e le bombe aeree teleguidate, ma forse può confondere i satelhti, rendere miupi gli obiettivi che dall'alto consentano agli americani di martellare la città con fare chirurgico. E forse determinare quell'«incidente» che l'amministra¬ zione Bush teme più di tutte le armate di Saddam messe assieme. Ieri gli iracheni hanno denunciato cinque morti e 250 feriti fra i civili, hanno portato le televisioni all'ospedale Al Jaraiiik per riprendere le vittime, e le immagini di un bambino travolto dal crollo di un muro stanno facendo il giro del mondo. Se il fumo nero che ricopre la città potesse aiutare gli americani a compiere un errore, a provocare uno di quei «danni collaterali» che i militari considerano in termi¬ ni percentuah ma la sensibilità collettiva assolutizza, forse allora il Raiss avrebbe ancora qualche possibilità di sopravvivere. Chi scrive è riuscito a fare visita a un secondo ospedale, più piccolo, quello delle suore domenicane del «Saint Raphael». Il reparto più grande è dedicato alla maternità e da quattro giorni le suore devono far fronte a un'impressionante ondata di aborti provocati da tensione e paura. Però non è ancora detto che la paura basterà a fiaccare anche la resistenza del Raiss. Fino a questo momento si può dire con un certo grado di certezza che il regime non è ancora al collasso. Potrebbe farlo fra breve, però al momento Saddam, anche se ferito, riesce ancora a tenere in pugno i suoi pretoriani e organizza quella di Baghdad non come madre di tutte le battaglie, ma ultima figlia perversa di una condizione disperata. I suoi generali potrebbero continuare a tradirlo, anzi - come sembra già accaduto a Bassora - ad accettare di essere «incorporati» nell'armata americana come garanti di una futura stabilità, però fino a questo momento il sistema regge ancora e riesce ad incutere terrore ai baghdadi. Ancora ieri la città non pareva terrorizzata dai bombardamenti americani quanto preoccupata per i colpi di testa del presidente. Qualcuno ci ha raccontato di aver assistito ai bombardamenti dell'altra notte dal giardino di casa, un po' per tranquillizzare i bambini e un po' per far vedere loro che bombe e missili non colpivano le case ma soltanto la cittadella del Capo. Ieri mattina osservare da fuori le rovine di «Al Jumuri», la reggia di Saddam, dava un'idea di devastazione totale. Il portone che annuncia il complesso presidenziale è sbarrato con un grande cancello scuro e sormontato da una cupola colorata che rimanda all'edilizia di un'altra Baghdad e di altri califfi. Pochi mesi fa, per decisione di Saddam Hussein, il nome del complesso era stato cambiato in «Palazzo della Pace» e oggi tutto questo sembra uno scherzo. Dietro le spesse mura della reggia tutto è devastato: dei 1500 fra missih e bombe che si dice siano stati lanciati l'altra notte su Baghdad, la stragrande maggioranza si è abbattuta su questi tre chilometri quadrali. Sul viale che costeggia l'ingresso la statua di Saddam vestito all'occidentale, con tanto di cappello e fucile brandito verso il cielo, appare più bizzarra che mai. Agli americani resta un'ultima mossa, pressoché obbligata: far tacere la tivù irachena, come s'è imparato a fare nei tempi tragici di Belgrado. Un missile ha già rag giunto la sede dell'emittente nazionale, ma le trasmissioni continuano anche se in forma provvisoria da altre postazioni. Se la voce di Saddam sarà fatta tacere, se le sue immagini scompariranno del tutto, aumenteranno le possibihtà che questa guerra di tipo nuovo combattuta non fra la superpotenza e un Paese che non si difende, ma fra Stati Uniti e opmione pubblica mondiale - si concluda presto. Questa notte la fetida nube nera che ricopre Baghdad si è aperta proprio al centro, e lascia intravedere un cielo stellato. Una notte d'angoscia sotto la nube spessa e grassa che lascia a terra depositi urticanti Qualcuno teme che questo spettacolare incendio sia il preludio all'uso di gas letali contro i prossimi invasori Le televisioni portate all'ospedale Al Jarmuk per riprendere le vittime Nei reparti di maternità un'impressionante ondata di aborti provocati da tensione e paura. Ma il regime non è ancora al collasso Agli americani resta un'ultima mossa: far tacere la tv di Stato Un missile ha già raggiunto la sede dell'emittente, ma le trasmissioni continuano da altre postazioni Una drammatica immagine del centro di Baghdad: una cortina di fumo si alza dalla zona meridionale della città: dopo I bombardamenti angloamericani, la decisione irachena di dare fuoco alle trincee di petrolio

Persone citate: Bush, Giuseppe Zaccaria, Hitler, Saddam Hussein, Stalin