Una carezza che rida il sorriso
Una carezza che rida il sorriso Il Cottolengo di Torino nell'anno europeo dedicato alla disabilità Una carezza che rida il sorriso Il silenzioso lavoro di tanti volontari alle prese con iproblemi quotidiani di tanti ricoverati IN via del Cottolengo c'è un cancello, dentro un'altra città e un altro mondo, il Cottolengo di Torino, dove vivono più di mille persone invalide, alcune da pochi anni, altri da tutta la vita, convinti che il mondo sia rinchiuso in quelle quattro mura. Paradossalmente, questo ospedale-città è un bel posto, c'è tutto quello di cui gli ospiti abitanti hanno bisogno per cercare di vivere una vita quasi normale, parchi, prati, un teatro, una chiesa, attrezzature sportive, la gente è tranquilla, serena, convinta, forse, che quella sia la normalità. «Nessuno li guarda male o li giudica, qui», ha detto Claudia, una giovane volontaria, «Siamo qui per aiutarli e per rendere la loro vita più facile e più serena»: questo è lo scopo delle numerosissime suore e delle decine di volontari che li consolano, li curano, li fanno divertire e a volte, quando ci vuole li sgridano anche. Non è un compito facile, il loro, ma le loro fatiche sono completamente ripagate dalla dolcezza di queste persone e dalla consapevolezza di star facendo qualcosa di bello e di importante. Il 20 dicembre il Cottolengo ha organizzato uno spettacolo natalizio ed è stato commovente vedere l'impegno e l'entusiasmo che queste persone hanno messo nel ballare e nel cantare. Dietro le quinte c'era agitazione, gli attori, i cantanti e i ballerini si abbracciavano e si incitavano a vicenda. Perché qui a nessuno importa se sei alto un metro o se non hai le gambe e le braccia, sono tutti amici, o meglio, come dice Claudia è «una grande famiglia». Forse tutti dovrebbero un giorno o l'altro abbandonare la vita quotidiana per andare a vedere quali sono i veri problemi e per osservare come una carezza o una caramella può rendere una giornata speciale ad alcune persone, per capire che invalidità non è sinonimo di infelicità. Chiara Bergamasco Classavo Liceo scientifico «G.Ferraris», Torino
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