Perché Torino

Perché Torino Perché Torino CARL Gustav Jung nacque nel 1875 a Kesswil, sul lago di Costanza, in Svizzera. Se mai vi fu uno svizzero atipico - con tutto il rispetto per la patria di Durrenmatt e dei depositi bancari fu proprio lui. Uomo passionale e rigoroso, guidato e talora dominato da un demone che lo spingeva sempre oltre, di sé, nello straordinario «Ricordi, sogni, riflessioni», disse: «C'era in me un demone...non ho mai potuto posarmi ima volta raggiunta la meta. Ero costretto a proseguire per raggiungere la mia visione». E' questa singolarità a rendere Jung un eretico, un «altro» per definizione, uno che sta sempre dove non ci si aspetta che sia. Ecco: ma allora cosa c'entra uno come lui con ima città compassata come Torino? Eppure un regista sottile come Roberto Faenza, «torinese pentito» come lui stesso si considera, gira a Torino gli esterni del suo «Prendimi l'anima», con la motivazione che «Torino somiglia a Zurigo più di Zurigo stessa». Eppure, sabato 15 marzo, alla Gam, vi sarà il convegno con cui una nuova associazione junghiana, l'Associazione per la Ricerca in Psicologia Analitica (Arpa) si presenta al mondo. Si tratta della terza società italiana riconosciuta dalla associazione junghiana internazionale. Ebbene: che ci fa a Torino piuttosto che a Milano o a Roma, sedi delle altre società junghiane? In realtà Torino è una città naturaliter junghiana. E' legata alla cultura europea dal suo essere crocicchio tra l'occidente francese (i torinesi fondamentalmente si dividono in due grandi categorie: coloro che odiano la Francia e coloro che francesi si sentono) e quell'italiana mitteleuropa rappresentata dal Lombardo-Veneto. Lontana dai fasti romani e dal modello milanese, Torino continua, sia pure con difficoltà, a ritagliarsi un'immagine di città atipica, in cui i pensieri e gli stessi sogni degli abitanti sono diversi rispetto a quelli del resto dell'Italia. Credo che ogni grande città, come ogni essere umano, abbia un deposito onirico - un inconscio - differente rispetto a quello delle altre. L'inconscio torinese è ricco di cunicoli e sotterranei, come la città stessa, come le sue chiese, come le sue grandi fabbriche abbandonate. E' un inconscio senz'altro legato ad un aspetto apparentemente depressivo: spesso Torino è stata vista come una città triste o grigia, mentre è solo un luogo ripiegato su se stesso, introverso, come avrebbe detto Jung. La città attraversa la sua introversione e la sua depressione con una coerenza ed un senso del dovere tipicamente subalpini e talora confinanti con una sorta di masochismo. E' un'esperienza che essa rinnova ciclicamente e simbolicamente, attraverso le sue crisi, i suoi cambiamenti, le sue invenzioni. Sarà un caso che anche nel calcio, la squadra italiana con il destino più segnato, più tragico anche nel piccolo commercio quotidiano, sia il Torino? Torino città junghiana ed introvertita, dunque; ed è tramite questa introversione che Torino e i torinesi trovano strade nuove, nuove soluzioni, camminano lungo un percorso che molte volte ha indicato al resto d'Italia possibilità ignote, scenari futuri, speranze. Alessandro Defilippi

Persone citate: Alessandro Defilippi, Arpa, Carl Gustav Jung, Durrenmatt, Jung, Roberto Faenza