Bronzi, disegni e tele con la fantasia di Mirò di Fiorella Minervino

Bronzi, disegni e tele con la fantasia di Mirò Bronzi, disegni e tele con la fantasia di Mirò Fiorella Minervino NEGLI Anni 70 raggiungere Saint-Paul-de-Vence in primavera o estate era un piacere speciale, si visitava il grande mercante d'arte Aimè Maeght con la sua strepitosa collezione e si trascorreve del tempo con i suoi ospiti. Fra questi mancava di rado Mirò, aveva una villetta per sé e trascorreva gran parte della giornata piegato sopra enormi fogli di carta o cartone che riempiva di segni, macchie, lunghe linee nere, schizzi, colori vivacissimi, rossi, gialli, blu, verdi. Usava di tutto un po', matite, carboncino, acquarelli, china, guazzo, talora interveniva fin con le mani, mai esausto di regalare forme nuove dalle propria fantasia, che via via mutavano, si trasformavano in altro e infine divenivano disegni bellissimi. Non era mai contento delle visite improvvise, anzi pregava di lasciarlo lavorare e seguitava imperterrito a riempire i fogli di punti, linee, macchie, forme mutanti. È curioso rivedere talune di quelle sue creature alla Fondazione Mazzotta, a Milano, che ospita per l'appunto 70 opere dell'artista catalano, (scomparso nel 1983) provenienti dalla Fondation Maeght (curatore della mostra è il suo direttore Jean-Louis Prat), oltre un gruppo di grafiche e disegni della stessa Fondazione Mazzotta. Alcuni di quei fogli, che si trasformavano sotto i gesti di Mirò, si tramutavano poi in sculture, in talune di quelle vitalissime presenze che decorano sovente giardini e fontane della Fondation Maeght. Del Surrealismo Mirò conservava il gusto della libertà di scelta fra realtà e immagmazione, con speciale predilezione per l'aspetto più «realista» all'interno del movimento. Cosi la sua fantasia ci appare oggi ancor più sfrenata e rara nel comporre opere come Ragazza che fugge del '68, il bronzo dipinto che presenta due gambe rosse, un minuscolo quadrato azzurro con seno, un tor.dn giallo con occhi, naso, bocca neri e un rubinetto rosso in cima alla testa. Il tema della donna e dell'uccello sono ricorrenti in Mirò, come inizio della vita, esistenza che si riproduce e offre sensazioni speciali. Ecco un 'opera deliziosa, in bronzo, priva di colori: L'uccello si annida sulla dita in fiore, del 69, dove un uccellino, simile a un luna, si posa sopra una mano vera che fuoriesce da un tronco d'albero, in perfetta fusione tra natura e essere.La donna talora è uno sgabello nero con un uovo simbolico giallo, al pari di Piero della Francesca, o una forma ridotta all'essenza con tanti fili che la rendono «scarmigliata», ora prende la sembianza d' una tartaruga, o di assemblaggi singolari che ne rendono le forme tonde e golose. La fantasia sbrigliata di Mirò si misura pure nell'arazzo all'entrata, tutto colori, forme, energia. Così come nel modellino dell'arco che introduce alla Fondation Maeght, lo progettò nel '62, con un uccello sopra, per renderlo degno della Fondazione e delle festosa creatività che doveva dominarla. MILANO tUZ. L- «Femme oiseau I», 1964 di Jean Mirò Joan Mirò, metamorfosi delle forme Milano, Fondazione Mazzetta Orari: 10-19, mar.egio. 10-22,30. Chiusura: lunedì Fino al 29 giugno. Alla Mazzotta 70 opere dell'artista catalano dalla Fondazione Maeght di Saint-Paul-de-Vence

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