Rimbaud# l'identità tra i pidocchi di Giuseppe Marcenaro
Rimbaud# l'identità tra i pidocchi MAUDIT SENZA FISSA DIMORA, EPPURE CON CARTES DE VISITES STAMPATE A STOCCARDA Rimbaud# l'identità tra i pidocchi L'INEDITO Giuseppe Marcenaro UN tipo col pelo sempre ritto, tipo gatto infuriato, senza fissa dimora, che trovava comodi soltanto gli angoli sordidi; proprio un tipo come Arthur Rimbaud, per quanto possa sembrare incredibile, comunque originale, possedeva un suo biglietto da visita. Gran raffinatezza per imo sempre in fuga da se stesso e che non voleva essere trovato. Mentre tra i capelli, come in una giostra folle, da una ciocca all'altra, transitavano pidocchi, por¬ geva un cartoncino, poco più grande di un bighetto del metrò, con impresso il suo nome. Impensabile. Eppure, secondo Ernest Delahaye, amico della fanciullezza a Charleville, suo primo biografo e gran credulone di tutte le palle gabellate da Arthur - che aveva solcato tutti i mari e addirittura sbarcato sull'isola di Sant'Elena, nel bel mezzo dell'Atlantico - le cartes de visite, Rimbaud, se le era fatte stampare a Stoccarda, assolutamente necessarie per presentarsi, sotto specie di precettore, in qualche famiglia facoltosa die avesse ragazzini cui impartire lezioni di francese e inglese. Attorno alla veritable leggenda del biglietto di visita di Rimbaud si sono accese delle dispute che hanno visto litigare, mutati in lavandaie ubriache, il fior fiore di studiosi della vita del prodigioso fanciullo nato nelle Ardenne, dove, sulle rive della Mosa, in una pozzanghera tra i canneti, aveva scoperto il "segreto" del battello ebbro. La querelle arrivò al calor bianco quando fu trovato uno di quei cartoncini. Erano notoriamente stampati con soltanto il nome a cui, di volta in volta, Rimbaud avrebbe aggiunto il proprio domicilio. Su quello affiorato dalle pieghe delle più intricate vicende, sta vergato l'unico "indirizzo" italiano di Rimbaud del quale sì abbia notizia: 39. Piazza del Duomo, terzo piano. Milano. La grafia, secondo gli specialisti, sarebbe proprio quella di Rimbaud, soprattutto se confrontata a una lettera spedita da Genova il 17 novembre 1878, con il formidabile incipit: J'arrive ce matin a Gènes... Si fermò una notte. Il giorno dopo partì per l'Oriente, lasciandosi die spalle la stramba Europa. L'indirizzo milanese accese le più scalmanate e contraddittorie ricerche, condotte con affannosa inquietudine, in mezzo a un guazzabuglio che ruota attorno a un posto che non esiste più; impheando la disponibile e misteriosa vedova che avrebbe ospitato Rimbaud, secondo le "conferme" del fido Delahaye; . ^ --" ^ ....- una cupa madre, quella di Rimbaud, in gramaglie; una intrigante sorella in preda ai vapeurs; le ingiurie sarcastiche e i sovrani "vai a quel paese" di un Verlaine accasciato e in lacrime. Una stupefacente sceneggiata. D'altra parte sulla carta da visita di Rimbaud è impossibile non divagare. Si potrebbe continuare con le digressioni e tirarne fuori una struggente e infinita storia, con tutte le soluzioni possibili. Piero Boragina, dopo una estenuante ricerca condptta in tutti gli archivi del mondo, nel 1998, con un magnifico testo, comunicò d'aver trovato finalmente il nome della vedova che a Milano aveva ospitato Rimbaud. La sua era una ricostruzione perfetta e veritiera. Attorno allo svelamento si riaccesero insane curiosità. Boragina poi si pentì d'aver Un biglietto di visita di Rimbaud, con l'unico indirizzo italiano di cui si abbia notizia messo le mani nel mistero. Compiuta l'indagine e coronato il sogno, si era accorto che dietro al suo lavoro, di una scientificità e logica ineguagliabili, con tutte le tessere del mosaico ricomposte, si era acquattato un inverosimile dubbio: la carte de visite, con l'indirizzo milanese poteva essere anche uno scherzo post Rimbaud. Opera di un burlone. E la perfezione della ricerca? Semplice. La realtà aveva superato la finzione: nonostante Rimbaud, campione di depistaggio, le sue tracce sussistevano anche dove non era stato. Un grande ballista gabbato da se stesso. Poi era uno stupendo poeta, ma questa è un'altra storia. gmarcenaro@libero.it
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