Parigi e Berlino: l'Iraq agli iracheni di Cesare Martinetti
Parigi e Berlino: l'Iraq agli iracheni Parigi e Berlino: l'Iraq agli iracheni Chirac e Blair prima non si salutano, poi si stringono la mano Cesare Martinetti inviato a BRUXELLES Gli americani hanno cominciato quasi da soli questa guerra che vinceranno - si spera - nel più breve tempo possibile, ma sia chiaro fin d'ora che devono mettere giù le mani dall'Iraq. Riparte di qui l'asse franco-tedesco, annunciato da Jacques Chirac che appare in tivù al mattino con la faccia grave di uno che deve pronunciare un proclama alla nazione: «Chers compatriotes», cari compatrioti, la Francia si dispiace che sia iniziata un'azione di guerra senza l'avallo dell'Onu. «Ci auguriamo che le operazioni siano le più rapide e le meno sanguinose possibili... dobbiamo ritrovare l'unità della comunità internazionale». Almeno per i soccorsi e la ricostruzione dell'Iraq. E per il «restauro» dell'Onu. Gerhard Schroeder invece va sui teleschermi il pomeriggio: «La guerra è una decisione sbagliata e migliaia di persone soffriranno terribilmente per questo... ma non è il momento di addossarsi colpe e manchevolezze... e ora che è cominciata, dobbiamo guardare al futuro e fare in modo che finisce il più presto». Alle 7 di sera, il presidente francese e il cancelliere tedesco, i due leader del «campo della pace» tra i Quindici, sono entrati nel palazzo del Consiglio europeo di Bruxelles avendo concordato questa posizione: dopo le polemiche e dopo le divisioni, bisogna provare già da adesso a costruire la pace. E dunque: aiuti umanitari, ricostruzione di un terreno comune di dialogo attraverso regole condivise, centralità del ruolo dell'Onu nel gestire il futuro dell'Iraq. In altre parole: no a un protettorato americano di quello che tra poche ore sarà l'ex regno di Saddam Hussein. In attesa di trovare il nuovo «terreno comune», Jacques Chirac e Tony Blair hanno continuato a camminare per strade separate dando vita all'unico (iniziale) pseudo incidente della serata. Da tre giorni tra Francia e Gran Bretagna è in corso una guerra diplomatica sorda e senza esclusione di colpi. E ieri, all'inizio del Consigho europeo, Blair e Chirac non si sono nemmeno salutati. La cosa è stata così plateale che, ima volta seduti al tavolo, il ministro degli Esteri britannico Jack Straw si è alzato e ha fatto il giro della sala per andare a salutare teatralmente Chirac. Evidentemente da parte di Londra si voleva ridurre l'effetto del mancato saluto tra il presidente e il premier. Ma poi, alla fine della cena, i due si sono dati una rapida stretta di mano. La vigilia del Consiglio s'era giocata anche sulla vana attesa di un incontro annunciato tra Blair e Chirac. Sembra che mercoledì sera fosse stata la Gran Bretagna a proporre un breve (ma simbolico) scambio bilaterale tra i due. Ieri mattina l'incontro è stato smentito. La Francia ha dichiarato che nessuno l'aveva mai chiesto. La Gran Bretagna non ha detto niente. Intanto però Straw ha rincarato la dose rispetto a quel che aveva detto lo stesso Blair nel dibattito ai Comuni il giorno del voto. Il ministro degli Esteri britannico ha accusato la Francia di avere preso la «decisione strategica» di sabotare la risoluzione 1441, quella del disarmo dell'Iraq. Non solo. Ha ha anche provato a infilare ima leva tra le incrinature dell'asse franco-tedesco: «Ci sono molte ragioni di disaccordo tra Parigi e Berlino: i francesi sono certo più gelosi della loro sovranità di quanto non lo sia la Germania...». Allusione abbastanza velenosa alla difficoltà di un accordo in sede di Convenzione europea (che sta elaborando la «Costituzione» della Uè), dove i francesi sostengono gli statinazione mentre i tedeschi sono per una soluzione più «federale». In questo clima, Jacques Chirac e Gerhard Schroeder non potevano.che esibire una posi- , zione comune, senza però esagerare sulla retorica dell'asse franco-tedesco che all'inizio dell'anno è stato (anche) all'origine delle divisioni dell'Europa di fronte alla crisi irachena, culminata con la lettera degh otto (tra cui Gran Bretagna, Spagna e Itaha) che chiedeva un maggior calore filoatlantico a una Uè dominata dalla freddezza franco-tedesca.. Così Jacques Chirac, parlando in tv ai cari «compatriotes», ha detto che «la Francia non si rassegna all'idea che l'Europa resti incompiuta». Dalla crisi della guerra si deve uscire con un'Europa che «prenda coscienza della necessità di esprimere la propria visione del mondo e sostenerla con una difesa comune credibile». Mentre a Parigi il primo mini- stro Jean-Pierre Raffarin riuniva il governo per preparare l'organizzazione degh aiuti umanitari, Schroeder ha annunciato che il governo tedesco è disponibile a fornire un aiuto umanitario «nell'ambito delle Nazioni Unite. Noi siamo pronti ad aiutare i profughi con generi alimentari, medicinali, vestiario. Siamo pronti a prenderci cura dei soldati feriti. E, naturalmente, noi restiamo disposti, sotto la guida dell'Onu, a fornire tutto quanto nelle nostre possibilità per contribuire all'instaurazione di un nuovo ordine politico dopo la guerra», che possa essere un ordinamento di pace per l'Iraq e l'intera regione. Il nuovo slogan della coppia ChiracSchroeder è dunque: «L'Iraq agli iracheni». Unirà o dividerà l'Europa? Una stretta di mano e un largo sorriso tra Jacques Chirac e Gerhard Schroeder
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