Turchia: sì al sorvolo, no alle basi di Paolo Mastrolilli
Turchia: sì al sorvolo, no alle basi NIENTE PASSAGGIO DELLE TRUPPE DI TERRA, FERMI GLI AEREI AINCIRLIK Turchia: sì al sorvolo, no alle basi Paolo Mastrolilli NEW YORK Sì al sorvolo dello spazio aereo turco, no all'uso delle basi, o allo schieramento sul terreno delle truppe americane per aprire il fronte settentrionale. Questo è il compromesso che il nuovo premier di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, sembra disposto a offrire al suo Parlamento e agh Stati Uniti. Secondo il portavoce del governo. Cernii Cicek, la proposta dovrebbe andare al voto in Parlamento oggi. La mozione consente agli aerei americani di volare sopra la Turchia per andare a colpire i loro obiettivi in Iraq, oppure per trasportare truppe nel Nord del Paese. Però vieta di usare le basi locali per il rifornimento, o per lanciare dirattemente gli attacchi. Inoltre non consente di far scendere a terra i 62 mila uomini, che secondo i piani del Pentagono avrebbero dovuto marciare su Baghdad dalla zona settentrionale del Paese, controllata dalla minoranza curda. Il testo vieta anche agli Stati Uniti di usare la base di Incirlik, dove da anni si trovano 50 caccia impegnati nei pattugliamenti sulla no-fly zone a Nord della capitale irachena. Di conseguenza questi 50 aerei non dovrebbero avere il permesso di partecipare alle operazioni di guerra. In sostanza Washington, se il Parlamento approverà il compromesso, guadagnerà il permesso di far passare sopra la Turchia gli aerei decollati dalle due portaerei nel Mediterraneo o dalle basi in Europa e in America, ma perderà l'uso dei caccia che si trovano già a Incirlik. Inoltre il fronte settentrionale non verrà aperto nella sua totalità, ma alcuni reparti potranno raggiungere la zona controllata dai curdi, per aumentare la pressione sul regime e tagliare la via di fuga verso Nord. Cicek ha detto che il proprio governo si è riservato il diritto di spostare truppe oltre il confine, per creare una zona cuscinetto tra la sua frontiera e l'area dove si trovano i curdi iracheni, nel timore che dopo la caduta di Saddam cerchino di creare un loro Stato, fomentando poi la ribellione anche dei curdi che vivono in Turchia. I piani del Pentagono, in origine, erano diversi. Ankara doveva ospitare 62 mila soldati e lasciarli marciare verso l'Iraq, in cambio di un pacchetto di aiuti economici da circa 30 miliardi di dollari. Il governo precedente a quello di Erdogan aveva accettato l'offerta, ma il Parlamento l'aveva bocciata per soli quattro voti. La maggioranza della popolazione turca è contraria alla guerra, e i deputati avevano risposto alle pressioni popolari. Erdogan, diventato premier nel frattempo, è il leader di un jartito islamico e quindi non la potuto cambiare completamente rotta. Il problema irrisolto, ora, resta quello della crisi economica turca, che molto probabilmente peggiorerà a causa della guerra, soprattutto per le perdite nel settore turistico. La notizia del compromesso, infatti, ha provocato subito un crollo della borsa e della moneta locale. Washington ha detto che il pacchet' to di aiuti offerto in passato ormai è scaduto, anche perché il diritto di sorvolo non vale tanti miliardi di dollari. Il governo turco, però, ha lasciato intendere che le discussioni sono ancora aperte per altre forme di assistenza, magari tramite il Fondo Monetario Internazionale, anche perché durante la guerra gli americani potrebbero presentare altre richieste e ottenere nuove concessioni. Funzionari del dipartimento di Stato, pur confermando che il pacchetto iniziale non esiste più, hanno ammesso che «il collasso dell'economia turca non è nei nostri interessi».
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