All'Onu l'ultima «riunione del no» di M. Me

All'Onu l'ultima «riunione del no» All'Onu l'ultima «riunione del no» Annan: è un giorno triste. Blix: le ispezioni davano risultati dal corrispondente da NEW YORK L'Onu ha lasciato il posto alla guerra con una seduta del Consiglio di Sicurezza in cui la condanna dell'attacco si è unita all'impegno per l'assistenza umanitaria. In un'atmosfera surreale, a poche ore dalla scadenza dell'ultimatum, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu è tornato a riunirsi al Palazzo di Vetro per ascoltare il capo degli ispettori Hans Blix e dare per un'ultima volta voce alla ferma opposizione alla guerra da parte di Francia, Germania e Russia, tutte rappresentate a livello di ministri degli Esteri. La seduta è durata meno di un'ora ed è stata segnata dal giudizio dato dal Segretario generale, Kofi Annan, che ha parlato di «giorno triste per la comunità intemazionale e per milioni di persone nel mondo che condividono delusione ed allarme per la guerra che sta per iniziare». Hans Blix si è unito, lamentando la fine delle ispezioni «mentre stavano dan do risultati». Sebbene nessuno abbia fatto il nome di Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna, erano loro chiaramente ad essere sul banco degli imputati. «Siamo qui riuniti a poche ore dai primi spari di cannone - ha detto il francese Dominique de Villepin - per affermare una visione del mondo diversa dalla guerra, favorevole a un approccio alla complessità del mondo di lungo periodo, diverso da quello dell'attacco preventivo». Il tedesco Joschka Fischer ha chiamato in causa la tesi dell'attacco legittimo sostenuta da Washington sulla base delle risoluzioni 678, 687 e 1441: «Una cosa deve essere chiara: la Carta dell'Onu non tollera in alcuna maniera il cambiamento di governi con il ricorso alla forza, la guerra è sempre una cosa terribile, noi europei lo sappiamo e oggi ci chiediamo il perché di questa guerra». «Nessuna delle risoluzioni approvate dal 1990 autorizza la guerra. nessuna autorizza il rovesciamento della leadership di uno Stato sovrano - gli ha fatto eco il russo Igor Ivanov - al mondo serve solidarietà, non guerra». Anche la Siria era rappresentata a livello di ministro degli Esteri. Famk al-Sharaa ha rivolto il pensiero alle «future vittime della imminente guerra» contestando il fatto che «mentre si attacca l'Iraq nulla è stato fatto contro Israele che minaccia i suoi vicini con armi di distruzione di massa realizzate con il contributo di altre potenze e sulle quali rifiuta di ammettere qualsiasi tipo di controllo intemazionale». Gli interventi anti-guerra non si sono spinti fino a ipotizzare la presentazione di una risoluzione per fermare il conflitto - anche perché andrebbe incontro ai veti di Washington e Londra - mentre è stata espressa grande disponibilità a condividere un impegno umanitario dell'Onu dopo la guerra. «Bisogna fare qualsiasi cosa per evitare il disastro umanitario», ha chiesto Fischer. «Restiamo mobilitati sull'Iraq ed è un dovere assicurare assistenza umanitaria a una popolazione vittima della guerra», ha sottolineato de Villepin, assicurando che Parigi è pronta a fare «la propria parte fino in fondo per dare dare assistenza ai civili iracheni». Identica la posizione della Russia, che ha dato luce verde ai piani di emergenza già preparati dalla task force di Kofi Annan. L'ambasciatore americano, John Negroponte, ha smorzato i toni della polemica e ha annunciato che sarà Washington a presentare il testo di una risoluzione per dare il via all'assistenza ai civili. Da questo voto il Consiglio di Sicurezza dell'Onu inizierà a tentare di rimarginare la profonda spaccatura causata dall'intervento militare in Iraq. «Dobbiamo fare di tutto per mitigare l'imminente disastro», ha concluso Kofi Annan. [m. me]