I venti dì guerra scuotono la maggioranza

I venti dì guerra scuotono la maggioranza — .', .!.:....Mn , — f-rr; ; : : -r- ; — E IN GIOCO ANCHE LMNCLUSIONE DELL'ITALIA NELLA «USTA DEI PAESI AMICI» DEGLI STATI UNITI I venti dì guerra scuotono la maggioranza L'ultima mediazione del premier tra i «falchi» e i pacifisti cattolici retroscena Augusto Minzòlini ROMA CI E' chi nella maggioranza di govemo è insofferente perchè l'Italia da alleata degh Usa poteva, doveva fare di più. «Io dico chiaramente che il nostro Paese sbaglia a non mandare soldati in Iraq - si sfoga alla buvette di Montecitorio, Giorgio La Malfa -. Se nella mozione parlamentare della maggioranza non sarà chiaro il nostro appoggio agli Usa, io voterò contro. Comprendo, comunque, lei prudenza di Berlusconi: qui da noi con il Papa, i cattohei, gh ex-comunisti c'è poco da essere allegri. In più ha dovuto fare i conti con Ciampi. Da quanto ne so il capo dello Stato ha minacciato addirittura un messaggio al Paese se il govemo non avesse valutato con maggiore attenzione l'opportunità di dare le basi agh Usa e con quah regole, tirando in ballo un'interpretazione deh'art.l 1 della Costituzione che è discutibile...... E c'è chi, invece, tra Bush e il Papa, per motivi etici ma anche elettorali, sceglie il Papa, come il ministro Bocce Buttighone. «Sì, - spiega - io la penso come Wojtyla. Non condivido questa guerra, anche se la posso comprendere e comunque possiamo anche dare le basi agh americani ma da h non debbono partire aerei che vanno a bombardare». 0 chi per motivi di coscienza, come Baffaele Costa, non se la sente di dire di «sì» alla guerra. «Ieri - racconta - ho telefonato anche ah'ambasciatore americano a Boma per spiegare le mie riserve. Se nella mozione giudicheranno legittimo l'intervento voterò a favore solo per disciplina di partito». Già, la guerra terremota anche la maggioranza. Certo le scosse non raggiungono l'intensità di quelle che determinarono in passato vere e proprie fratture nel centrosinistra, ma di certo non aiutano un premier che nelle ultime settimane preoccupato dai sondaggi, dalla posizione della Chiesa, dall'evolvere della situazione intemazionale, ha assunto posizioni meno nitide rispetto a un recente passato, pagando dei prezzi come l'esclusione dal vertice delle Azzorre. E un costo rischia di pagarlo lo stesso centrodestra che tra tante contraddizioni aveva sempre dimostrato di avere un'atout in più rispetto al centrosinistra: la maggiore coesione in pohtica estera. Nell'occasione, invece, per protagonismi ed esigenze elettorali, si sta dimostrando meno unito. Soprattutto, non osa. In questa situazione ieri sera il premier ha riunito a palazzo Chigi la maggioranza per trovare una posizione che da una parte non facesse perdere all'Italia altre posizioni nella speciale classifica degh «amici degh Usa» stilata a Washington e, dall'altra, non creasse grossi )roblemi con i pacifisti istituzionai, della maggioranza, dell'opposizione, religiosi. Berlusconi doveva trovare un «mix» adatto anche a garantirgli un buon vicinato con Ciampi e ieri sera nei palazzi istituzionah la possibile mediazione veniva tradotta quasi in una sorta di «scambio» : il Quirinale sarebbe disposto a coprire il govemo sull'argomento delle basi non fosse altro perchè un rifiuto potrebbe essere interpretato dall'alleato come un atto di ostihtà, ma desiderebbe che nel giudizio favorevole all'iniziativa Usa il presidente del consigho non usasse un lessico troppo enfatico. Ecco perchè il Capo del govemo oggi avrà un compito delicato: nel suo discorso dovrà soppesare attentamente le parole per non scontentare né gli americani, né il capo dello Stato, ma, contemporaneamente, la mediazione e il compromesso non dovranno pesare più di tanto sulla chiarezza della posizione per non dare vita alla solita commedia degh equivoci itahana. Cosa ne uscirà fuori? A Berlusconi e al suo govemo in questo momento preme soprattutto rimarcare lo stretto rapporto con gh Usa per far dimenticare l'assenza di un contingente italiano in una guerra che vede schierati assieme ad americani e inglesi, soldati di altre nazionalità, dai polacchi agh albanesi. Non per nulla ieri le uscite del ministro degli esteri, Frattini, e del vicepremier. Fini hanno privilegiato soprattutto questo aspetto: entrambi hanno di fatto giudicato la guerra a Saddam «legittima» sulla base della risoluzione 1441 delle Nazioni Unite. Probabilmente anche Berlusconi oggi seguirà nella sua relazione questo schema, una relazione che, salvo ripensamenti, potrebbe trasformarsi in una vera e propria mozione di maggioranza. Ma probabilmente il discorso risentirà anche dei dubbi, delle convinzioni, dei problemi che hanno assillato in questi giorni il premier sulla crisi irachena. «Vedete io per natura non sopporto la violenza - spiegava ieri il Cavaliere ai collaboratori più stretti -, io non sono capace di schiacciare una mosca e starei attento a dove metto i piedi pur di non far male a una formica. Ho sempre sperato nella pace, nella possibilità che Saddam sceghesse volontaria¬ mente la strada dell'esilio. Ma a questo punto sono convinto che un dittatore sanguinario come lui debba essere abbattuto in ogni caso e che dobbiamo dimostrare la nostra riconoscenza verso gh americani. Del resto l'Onu nelle precedenti risoluzioni aveva avvertito Saddam che ci sarebbero state "gravi conseguenze" se non avesse distrutto le sue armi. La 1141 è solo l'ultima di una lunga serie». Insomma, dato che la guerra sta per cominciare per il premier è importante salvaguardare il rapporto con l'amministrazione Bush, non fosse altro per avere un ruolo nehe trattative che si svolgeranno sul «dopo Saddam». E, aldilà della lettera dell'altro giorno del «caro amico George» e delle parole di Colin Powell, il premier ha il timore che il «feeling» con l'amimnistrazione di Washington sia meno intenso rispetto a qualche mese fa, che nel pragmatico cuore degh americani abbiano fatto breccia altri personaggi con meno dubbi e con meno problemi in casa come lo spagnolo Aznar. «Il vertice delle Azzorre è un segnale - ha confidato a un amico -. Magari, anche l'intervista di mia moghe sulla pace può averli lasciati perplessi». Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con il presidente degli Stati Uniti George W. Bush