I soldati sono pronti «Ogni giorno il cuore batte più forte»

I soldati sono pronti «Ogni giorno il cuore batte più forte» FRA I MILITARI DELLA 101a DIVISIONE AVIOTRASPORTATA I soldati sono pronti «Ogni giorno il cuore batte più forte» L'incubo è di uno scenario simile a quello del film «Black Hawk Down». «Potrebbero attaccarci di sorpresa: non c'è notte in cui non ci pensi». All'addestramento affidata la fiducia dei para Usa Gregg Zoroya CAMP NEW JERSEY, Kuwait I pensieri si affollano esplosivi, violenti, nella mente di un giovane soldato che attende il momento della verità, qui nel deserto. La maggior parte delle truppe della 101" divisione aero-trasportata non hanno mai combattuto. Si interrogano su come reagiranno, su come affronteranno la paura, quando la guerra inizierà. Ognuno si chiede che tipo di soldato sarà, quando si troverà su un vero campo di battagha. Il soldato Gene Marr ha 21 anni e viene da Omaha, Nebraska, e dà libero sfogo ai suoi pensieri: «Potrebbero attaccarci di sorpresa... Potrebbero essere molti più di noi, oppure molti meno... Potrebbero essere molto ostili, oppure arrendersi...» Marr, specializzato neh' uso delle granate, aggiunge: «Non c'è una sola notte in cui non ci pensi». I soldati della 1010 accompagnano gli assalti degh eUcotteri. E' un reparto di fanteria leggera, la cui missione sarà quella di penetrare a fondo nel territorio iracheno. Le truppe qui lottano con le stesse paure che hanno già assalito milioni di soldati prima di loro. Ma i soldati ed i loro ufficiah, che si apprestano alla battagha, si trovano davanti problemi ben più complessi dello sconfiggere un normale esercito. Dovranno affrontare un nemico agguerrito o saranno accolti come liberatori? Saranno coinvolti in sanguinosi scontri strada per strada, con il nemico che si mimetizzerà tra la popolazione civile? Come dovranno reaghe alle lotte intestine tra le varie etnie locali? Ma la preoccupazione maggiore è un'altra: le armi chimiche e biologiche. «Ogni giorno il mio cuore batte sempre più forte», dice Jaime Betancur, 23 anni, del Queens, New York. «Ma quando salirò su quell'elicottero dovrà per forza rallentare». L'esercito americano è universalmente riconosciuto come il meglio preparato e megho equipaggiato al mondo. E' un dato di fatto orgoghosamente percepito da ogni membro della 101a, divisione altrimenti conosciuta come «Screaming Eagles», le «aquile urlanti». Marr è un membro della Brigata Rakkasan, un leggendario reggimento che ebbe un ruolo decisivo durante la Seconda Guerra Mondia•le. Rakkasan in giapponese significa «ombrello cadente», che era l'incisivo modo usato dai nipponici per definire i paracadute che piovevano sul loro Paese durante l'occupazione americana successiva alla fine della guerra. Il film di Hollywood più frequentemente citato per rappresentare la peggiore delle possibili ipotesi sul modo in cui si svolgerà la battagha è «Black Hawk Down». Il film descrive un'occasione nella quale l'ottima preparazione e la modernissima tecnologia non bastarono alle truppe americane nelle strade di Mogadiscio, in Somalia. Ma la preparazione servirà a sconfiggere l'ansia. La maggior parte dei soldati dice di essere convinto che le interminabili esercitazioni precedenti alla guerra li aiuteranno quando la battaglia infurierà. Reagiranno prima ancora di avere tempo per pensare. Tuttavia, per quanto le esercitazioni possano essere esasperate, al punto da avvicinarsi molto alla realtà (due Rakkasan morirono schiacciati da un carro armato in una prova di battaglia urbana a Fort Polk, in Louisiana, nello scorso novembre), tutti sanno che non hanno nulla a che vedere con la realtà della guerra. Anche i soldati più preparati e sprezzanti del pericolo sono preoccupati da quale sarà la loro reazione. I Rakkasan lo scorso anno erano in Afghanistan. La maggior parte, però, non ha mai affrontato il fuoco nemico, e oltre un terzo della brigata è stato sostituito, da allora. In mezzo a loro c'è soltanto un ristretto numero di veterani che partecipò a^esert Storm nel 1991 o all'invasione di Panama nel 1989. «L'unica cosa da fare è prepararsi in condizioni quanto più possibile simili alla dura realtà», dice il sergente Jimmy Clouse, veterano di Panama. «Ma in ogni caso quando ti trovi davvero in battagha, non puoi avere idea di come reagirai». «La paura non è un sentimento negativo, perchè aumenta la tua reattività», osserva il sergente James Coroy, altro veterano di Panama e membro del terzo battaglione dei Rakkasan. In quel battaghone tutti coprono i loro elmetti con brandelli di vestiti e di iuta, così da dar vita ai celebri «capelli d'argento». Durante la Seconda Guerra Mondiale i soldati dell'aviazione americana erano soliti mimetizzarsi in questo modo. «E' il panico che ti frega», dice Coroy, 36 anni, originario di Gonzales, Lousiana: «Dico sempre ai miei ragazzi: se siamo uniti, obbediamo agli ordini, ci esercitiamo e ci alleniamo come dobbiamo, tutto andrà bene». I cappellani diventano un'ottima valvola di sfogo mentre la preparazione continua, qui nel deserto. Le truppe, che appaiono spettrali nel soffio delle tempeste di sabbia, caricano le loro carabine M-4 o le loro mitraghatrici sugli sporchi terrapieni e si tuffano nei fittizi bunker nemici alle grida dei loro ufficiah. Le tempeste si sono infittite al punto che il comandante della brigata dei Rakkasan, il colonnello Mike Linnington, ha raccomandato ai soldati eh portare con loro una bussola anche per raggiungere la mensa. E' dura confessare la propria paura ad un commilitone, non fare caso a ciò che dice il comandante. Un rifugio sicuro per le vittime della paura, dell'ansia o del dubbio è costituito dai cappellani. Il cappellano Mike Rightmyer, 36 anni, di Austin in Texas, presbiteriano, si apparta per un attimo con un soldato. Pochi gli confessano apertamente la loro paura di combattere. Chi lo ha fatto ha ammesso di essersene vergognato terribilmente. Altri adducono differenti preoccupazioni, concementi la moralità di questa guerra o il significato di togliere la vita a qualcuno. «Dico loro che è un importante aspetto dell'obbedienza a Dio mantenere le proprie promesse, rispettare gli impegni presi, tener fede ai propri giuramenti (ossia quello di difendere la propria patria)», dice Rightmyer. Per coloro che dubitano della legittimità di una possibile guerra contro l'Iraq, offre una risposta religiosa: «Se devi decidere dietro a quale regime sta Dio, guarda a che cosa porta il regime di Saddam». I soldati di prima linea sostengono di contare sulla loro preparazione, sul loro infinito e ripetitivo addestramento, per superare il terrore della battagha. «Mi sono preparato per tutto ciò che potrebbe succedere», dice il soldato Jeffrey Hren, 22 anni, di Milwaukee, sposatosi pochi giorni prima della chiamata al fronte: «E' stato tutto il più realistico possibile, di modo che so alla perfezione che cosa mi aspetterà tra il rumore assordante e l'immensa confusione che ci saranno'attomo a me. Non c'è niente di meglio che agire soltanto in base al proprio istinto». Rannicchiato in uno dei rifugi prefabbricati antibomba per ripararsi dal vento del deserto, Hren aggiunge: «So che avrò paura, ma devo andare avanti. Farò quello che dovrò fare, senza deludere la mia squadra, il mio gruppo, i miei compagni». Il sangue freddo degh officiali è un aspetto fondamentale. Durante la Seconda Guerra Mondiale i soldati giocavano a carte, lèggevano lettere e fumavano per trascorrere il tempo. Adesso gli svaghi sono senza dubbio differenti. A non cambiare sono le sensazioni, la paura. Qui le truppe continuano con le carte, ma passano le ore giocando ai videogame o guardando film con lettori Dvd portatili. E' assai raro sentir parlare qualcuno di paura. Ma i capi squadra la captano. «Puoi accorgerti che sono preoccupati», dice il Sergente Arthur Mann, 23 anni, di BardJstown nel Kentucky, che comanda una squadra di tre tiratori: «Te ne accorgi. Quando parli di cose che sono pericolose, guardano in basso, muovono gli occhi nervosamente, o agitano il collo». La moglie di Mann aspetta una bambina. Sarà la prima figlia della coppia, e nascerà a maggio. Lui ha un medaglione di San Michele, patrono dei soldati, attaccato alla piastrina. «Tutti abbiamo paura», dice: «Se non hai paura, sei troppo sicuro, la tua impudenza ti uccide». I giovani ufficiah, a poche ore dalla loro prima guerra, sono preparati al fatto che le loro truppe, specialmente quelle che potrebbero patire un'eccessiva violenza degh scontri, studieranno le loro espressioni per capire come staranno reagendo. Il Capitano Christian Teutsch, ventottenne di Richmond nel Massachusetts laureato a West Point, sorride quando pensa alla calma ostentata. «Non sono un grande giocatore di poker. Mia moghe Lydia dice sempre che non sarei mai in grado di dire una bugia», dice Teutsch, che comanda la Compagnia Charhe, terzo battaghone, della terza Brigata dei Rakkasan: «Non riesco proprio a dissimulare le mie emozioni. Così spero che quando i miei ragazzi vedranno quello che starò provando si tratti solo di fiducia e di concentrazione, non paura». II comandante del suo battaghone, il colonnello Lee Fettermann, sta lavorando per piantare i semi della fiducia nei suoi uomini. Dice ai comandanti ai suoi ordini che il ruolo che loro e le loro truppe avranno in ogni guerra futura sarà un momento di «semina» per le loro vite. Ogni giorno gira tra le tende scherzando, chiacchierando e condividendo le sue scelte con le sue truppe. Il colonnello è fermamente convinto che le paure possono essere scacciate se i soldati sentono di essere parte integrante di un progetto grande ed importante. Il risultato, dice, è che il soldato «inizia a identificarsi con l'intera organizzazione che gh sta sopra». «Tutti i componenti dell'organizzazione diventano importanti per lui. E non deluderli è la sua ragione di vita. Prima dei momenti decisivi è fondamentale essere tranquilli con se stessi. E' una sorta di approccio fatalistico, dici a te stesso: ciò che capiterà a me personalmente capiterò soltanto a me. Ma sono preparato come megho non potrei, equipaggiato come megho non potrei e pronto come più non potrei. A questo punto non mi resta altro che concentrarmi sul mio lavoro». Copyright Usa Today JeffreyHren, 22anni «Mi sono preparato pertuttociòche potrebbe succedere E' stato ii più realistico possibile» Il sergente Jimmy Clouse «Quando ti trovi davvero in battaglia non puoi avere idea di come reagirai. L'apprensione aumenta la reattività» LE AQUILE URLANTI Lo stemme delle «Screaming Eagles», gli uomini della 101a divisione aviotrasportata, celebre per le sue imprese in Normandia, Vietnam, Golfo e, più recentemente, in Afghanistan Soldati della 101a divisione aviotrasportata scendono da un elicottero d'assalto Chinook durante le ultime esercitazioni in corso ai confini dell'Iraq