Pan torna alla sbarra Comincia in Perù il processo per droga di Claudio Giacchino

Pan torna alla sbarra Comincia in Perù il processo per droga LA VECCHIA MALAVITA TORINÉSE Pan torna alla sbarra Comincia in Perù il processo per droga L'ex ergastolano condannato per l'omicidio di Fulvio Magliacani oggi salirà sul banco degli imputati con l'amico Luciano De Rossi Sarà un'udienza-lampo: a Lima hanno già deciso il rinvio ad aprile la storia Claudio Giacchino OGGI a Lima, in Perù, Paolo Pan e Luciano De Rossi compariranno in tribunale per rispondere di spaccio di droga. Alle 16 (ora italiana, a Lima saranno le 10) l'ex ergastolano e il suo vecchio amico siederanno sul banco degli imputati. Vi resteranno giusto il tempo di ascoltare la frase «La causa è rinviata ad aprile». Perché i giudici sono andati in vacanza. Così, i due italiani torneranno in carcere dove dicono di vivere in condizioni animalesche. Soprattutto, a lamentarsene è De Rossi che in un memoriale racconta la prigionia come un incubo di sporcizia, sovraffollamento, violenza. Pan e De Rossi sono dietro le sbarre da quasi sedici mesi; furono arrestati all'aeroporto della capitale peruviana mentre stavano per imbarcarsi su un volo diretto a Madrid. Pan aveva addosso tre chili di cocaina. Sembra fosse alla prima trasferta di «affari» in Sudamerica. De Rossi, sempre nel memoriale, giura innocenza, sostiene «Non mi hanno trovato nemmeno un milligrammo di droga». Ce ne era, parecchia, in una busta arancione che, secondo gli agenti delle squadre speciali dell'«anti-narcotrafficantes», era ai piedi «dell'italiano complice di Pan». De Rossi esibì un passaporto intestato a Vincenzo Umbrella, 63 anni, solo dopo alcuni giomi venne identificato e si scoprì che le generalità sul passaporto corrispondevano a un famigliare di Luciano ignaro che qualcuno girasse per il mondo spacciandosi per lui. In Perù il traffico di droga è punito con durezza, i due torinesi sono ultrasessantenni (62 anni Pan-, 63 De Rossi), in caso di condanna usciranno ottantennti o giù di lì. «Moriremo in cella, il carcere quaggiù è tremendo» ha scritto De Rossi agli amici che l'aiutano spedendogli denaro. Indispensabile per garantirsi, stando sempre al memoriale di cui sopra, una condizione detentiva al limite della sopportabilità. E, soprattutto, per accelerare i tempi tartarugheschi della giustizia del Perù dove, come ha telefonato Pan al suo avvocato Poti, «puoi aspettare anni per il processo, non c'è mai nulla di definito. Inoltre, sei in mano a penalisti truffatori, si fanno pagare in dollari promettendo di sveltire le pratiche, di farti avere l'interrogatorio e poi, una volta intascati i soldi, non si fanno vivi per mesi e quando tornano a parlarti è solo per spillarti altri dollari. Risultato, ho già cambiato quattro difensori e niente s'è mosso, attendo sempre l'udienza». Se De Rossi è terrorizzato dalla prospettiva di una condan¬ na, Pan sembra più tranquillo. Non perchè sia rassegnato ma perché ha lunga esperienza di galera. Ha già fatto 22 anni; dal 1973, quando venne arrestato e 30i condannato all'ergastolo per 'assassinio di Fulvio Magliacani, marito della sua amante Fran¬ ca Ballerini, al 1995 quando, a sorpresa, venne graziato. Un altro ergastolo gli era stato inflitto per l'omicidio in Costa Azzurra di Giovanni La Chioma, complice nel traffico di auto rubate. De Rossi, figlio di ottima famiglia, finito in galera alla fine dei Sessanta per furto, conobbe in cella Pan, diventarono amici per la pelle. E a De Rossi, una volta tornato libero, Pan fece un grosso prestito. Poi accettò il suo invito in Perù dove Luciano era di casa (con il nome di Umbrella). Informatori della mala e radiocarcere sostengono che De Rossi era fuggito in Sudamerica dopo «aver tirato un bidone ai calabresi e la 'ndmagheta l'aveva condannato a morte. Pan s'è fidato di lui, gli aveva prestato 80 milioni e l'unica maniera per riaverli indietro era portare in Spagna, e poi vendere, la cocaina che gli è stata fatale. Che sciocco Paolo a mettersi in affari con un pasticcione come Luciano, non poteva che finire così». Però, Pan, vecchia volpe, non dispera di uscire prima della vecchiaia avanzata. Perché in Perù accade che narcotrafficanti condannati a 20-30 anni escano dopo 4 o 5. Succede e però anche questo: imputati che da 9 anni attendono il processo. Un memoriale del complice racconta i sedici mesi d'inferno trascorsi nelle carceri sudamericane, tra sovraffollamento, sporcizia e violenza Afar paura non è tanto l'inevitabile condanna, mai tempi della giustizia: ci sono imputati che aspettano da 9 anni di discutere la causa