«Ingrassato per la classe operaia» di Simonetta Robiony

«Ingrassato per la classe operaia» «Ingrassato per la classe operaia» Lattore a Roma: «Faccio soltanto film di cui posso essere orgoglioso» Simonetta Robiony ROMA Parla in piedi Javier Bardem, appoggiato a una parete perchè la sala dove è stato proiettato «I lunedì al sole», nonostante sia il famoso Sacher di Moretti, non ha acceso il riscaldamento e lui non può permettersi un colpo di freddo alla schiena. Giaccone di pelle nera e capello lungo, Bardem, il nuovo idolo della cinematografia spagnola, è 0 protagonista di questa storia costruita su un gruppo di disoccupati spagnoli e diventato subito un caso cinematografico perchè spedita agli Oscar al posto dell'assai più famoso «Parla con lei» di Almodovar. Sarà perchè non ha più il barbone da sindacalista pohticizzato che lo caratterizza nella pellicola, oppure perchè il regista ha voluto farlo giganteggiare nel film per dar rilievo alla statura morale del suo personaggio, certo è che Javier Bardem, visto così, appare un ragazzo qualunque, anche se le sue parole non sono per niente qualunque. «No, non ci sono state polemiche in Spagna al festival di San Sebastian, anzi critica e pubblico hanno subito apprezzato il film». «Sì, i problemi sono venuti dopo, quando ha vinto cinque premi Goya e tutti noi volevamo che quella diventasse l'occasione per lanciare un appello a favore della pace e contro la guerra in Iraq». «Certo, anch'io sono stato coperto di critiche dalla stampa di destra del mio paese per aver partecipato tanto alla grande marcia per la pace di un mese fa in tutto il mondo come a quella che sabato ha attraversato le strade di Madrid e a cui la tv ha dato però pochissimo rilievo». «Aznar non mi piace affatto. Manipola i media. E' bugiardo. Se parla con Bush gli si accoda mentre se parla a noi, gente del suo paese, ne prende le distanze. Cosa gli direi adesso che toma dalle Azzorre? Di farlo a nuoto con un grosso peso al collo». La sceneggiatura de «I lunedì al sole», in uscita da noi venerdì prossimo per la «Lucky Red», gli è arrivata nel momento in cui 0 suo nome era popolarissimo negli Usa per aver concorso all'Oscar con «Prima che sia notte» di Schnabel nel ruolo di un artista omosessuale cubano perseguitato da Castro, che gli aveva già fatto vincere la Coppa Volpi a Venezia. «Ma il copione di Leon De Aranoa era cento volte più bello dei copioni americani, perciò mi è stato facihssimo sceglierlo. Del resto a me interessano solo film di cui posso esser orgoglioso». Nessuna preparazione speciale? «Quando una storia è ben scritta e un personaggio disegnato con accuratezza pernoi attori il lavoro è semplice: basta offrire il nostro corpo. E poi Fernando aveva girato molto materiale sul cantiere navale occupato. L'ho studiato per copiare i gesti degli operai. Ho smesso di fumare. E sono ingreassato come un maiale». Le arrivano spesso offerte come questa? «Putroppo no. I ruoli così sono pochi. I produttori sono convinti che la gente si annoi a sentir parlare di disoc- cupati». Molti film europei stanno smentendo questo lungo comune, però. Dall'inglese Ken Loach ai fratelli Dardenne del Belgio, al francese Guédiguain, tutti parlano della classe operaia. «Deve essere perchè la rappresentanza politica dei bisogni dei lavoratori è in crisi e allora si sostituisce ad essa quella degli intellettuali: libri, film, canzoni. Ma trovare una sceneggiatura che mescoli ideologia e sentimenti senza che l'uno prevalga sull'altro è raro». Il film è stato presentato in anteprima a Roma, l'altra sera, alla presenza del segretario della Cgil Epifani così come, anni fa, «Full Monty» fu fatto vedere all'allora segretario Sergio Coffferati. Ma su «Full Monty» si poteva ridere, «I lunedi al sole», invece, è un pugno nello stomaco che fa male.

Luoghi citati: Azzorre, Belgio, Iraq, Madrid, Roma, Spagna, Usa, Venezia