«Un carabiniere ci picchiava con una mazza»

«Un carabiniere ci picchiava con una mazza» LE ACCUSE DEI RAGAZZI CONTRO LE FORZE DELL'ORDINE «Un carabiniere ci picchiava con una mazza» «Come a Genova aggrediti gli indifesi». Il questore: fatto il nostro dovere testimonianze Fabio Polettl MILANO DICONO che sembrava Genova. «Guarda qui, se non è come alla scuola Diaz», fa una ragazza con in mano le foto digitali da mettere in rete, una di Davide che è morto, l'altra con il sangue sul muro a un metro di altezza dentro al pronto soccorso dell'ospedale San Paolo. «Un carabiniere aveva anche una mazza da baseball, mi picchiavano in quattro, erano delle bestie...», racconta Jessica, 29 anni, gli occhi pesti per la notte in bianco e le lacrime, un cerotto tra i capelli, uno sul naso, un altro sul mento. E allora i ragazzi del centro sociale Orso di via Gola scrivono sul muro: «Pagherete caro, pagherete tutto». E poi accanto alle rose e alle margherite sul portone, con lo spray nero: «No nazi, no cops». «No poliziotti». E piangono. Piangono perché Davide non c'è più. E per quella assurda notte al pronto soccorso, cento contro trecento a tirarsi manganellate ed estintori, di qui la polizia e i carabinieri di là i ragazzi del movimento. «Abbiamo solo fatto il nostro dovere», prova a giustificarsi il Questore di Milano Vincenzo Boncoraglio. Esclude che qualcuno degli agenti abbia usato mazze da baseball. Fa l'elenco dei 17 agenti feriti, 13 poliziotti, 4 carabinieri, imo ha perso cinque denti, un altro ha la mascella fratturata. «Le forze dell'ordine non si possono rimproverare nulla. Hanno cercato solo di arginare una massa di giovani che non voleva calmarsi». E poi si capisce che la situazione deve essere scappata di mano un po' a tutti: «Come dicono i ragazzi dei centri sociali, le botte si danno e si pigliano. Mi appello al buon senso e al rispetto reciproco». Ecco, è il buon senso che deve essere mancato l'altra notte al San Paolo. Da una parte ci sono i ragazzi dei centri sociali, il tamtam corre via telefonino, via rete. «Hanno accoltellato un compagno. Hanno ferito Davide». A Milano non succedeva da venticinque anni, quando molti di loro non erano ancora nati. In ospedale arrivano in dieci, poi venti, poi cinquanta, all'una sono più di cento. Quando i medici dicono che Davide è morto c'è chi urla, chi piange, qualcuno si abbraccia come fa adesso davanti al centro sociale in zona Ticinese, appena un ponte sul Naviglio per arrivare al bar di via Zamenhof dove Davide è stato ammazzato. Davanti al bar nella notte ci vanno in pochi. Il tam-tam dice di correre tutti in ospedale. «E figuriamoci se volevamo portare via il cadavere di Davide, come dice la polizia. Quella è solo una scusa». Orlando è un amico di Davide. Era in ospedale, le ha prese: «Se sono qui lo devo agli abitanti del palazzo di fronte, sono stati loro a togliermi dalle mani degli agenti». Poi accusa: «La polizia doveva fare un passo indietro, lasciarci con il nostro dolore». Al posto di guardia chiedono invece rinforzi. Hanno forse paura di questi ragazzini con le treccine, i piercing e gli slogan duri. Arrivano altre gazzelle e le volanti, poi i cellulari. Basta un niente, a quel punto. Basta una frase, anche uno sguardo di troppo. «Che Davide fosse morto non gliene fregava nulla», dice Jessica. Racconta degli agenti «come impazziti» che corrono fin nel reparto di ginecologia, i pazienti terrorizzati sotto i letti. «Una caccia all'uomo come a Genova, il luglio di due anni fa» Anche i medici dell'ospedale parlano di «una guerra». La dottoressa Grazia Causio è stata la prima a soccorrere Davide ancora per strada: «Gli ho fatto una tracheotomia sul marciapiede. C'era ima situazione molto tesa. I ragazzi erano agitati, spaventati. Hanno preso l'automedica a cal- ci, pensavano che ostacolasse l'ambulanza...». Quando arriva al San Paolo la situazione è ancora calma: «La scintilla che ha fatto degenerare tutto è stata la notizia della morte del ragazzo». Dice che c'era la «guerra»: «C'erano i poliziotti del reparto antisommossa con i caschi... Non ho visto mazze da basebaU, ma anche a me sono venute in mente le immagini del G8 di Genova viste alla televisione». Lei fa il medico, però un giudizio su quello che è successo in ospedale le scappa: «L'errore è stata quello di chiudere i cancelli del pronto soccorso con i ragazzi ancora dentro». A sentire quelli che stavano fuori, davanti all'ospedale deve essere stato anche peggio. Walter del centro sociale CoxlS è stato tra i primi ad arrivare: «Ho visto compagni picchiati mentre erano a terra ammanettati. Ho visto ragazze finire sui cellulare, pestate a sangue, anche in faccia. Ho visto le volanti e le gazzelle sgommare tra la gente e per fortuna non ci è scappato il morto». Alle tre di notte davanti all'ospedale ci sono ancora trecento persone. E le volanti e le gazzelle con i lampeggianti accesi. E i funzionari della polizia e dei carabinieri che si chiedono come si sveglierà Milano domani, preoccupati di quello che è successo, che possa essere come una miccia accesa.In rete, nei siti di movimento, ci sono slogan duri per tutti, per chi ha ucciso Davide, per la polizia e i carabinieri che hanno perso la testa al San Paolo. «In ospedale hanno fatto una pulizia etnica». «Non c'è solo la guerra all'Iraq. C'è la guerra anche da noi». Nel volantino del centro sociale Orso, non si fanno distinzioni: «Coltelli e manganelli». La polizia: «I nostri uomini cercavano di calmare una massa di giovani esagitati» La manifestazione, ieri a Roma, conclusasi con gli scontri Una ragazza piange dopo le violenze

Persone citate: Diaz, Fabio Polettl, Grazia Causio, Vincenzo Boncoraglio