Il fronte della guerra rinuncia alla nuova risoluzione di Paolo Mastrolilli

Il fronte della guerra rinuncia alla nuova risoluzione LITE APERTA CON LA FRANCIA. KOFI ANNAN: «LA LEGITTIMITÀ DELL'AZIONE MILITARE SARA CONTESTATA» 1 Il fronte della guerra rinuncia alla nuova risoluzione «Compiremo i nostri passi per disarmare l'Iraq». L'Onu richiama gli ispettori Paolo Mastrolilli NEW YORK Erano circa le dieci di ieri mattina quando Sir Jeremy Greenstock, ambasciatore del Regno Unito presso l'Onu, ha annunciato che le 24 nre concesse alla diplomazia dai protagonisti del vertice delle Azzorre erano già scadute: «I presentatori della seconda risoluzione hanno deciso di non portarla al voto, e si riservano il diritto di compiere i propri passi per disarmare l'Iraq». La guerra, cioè. Gli inglesi avevano lavorato tutta la sera di domenica e la mattina, approfittando del fuso orario favorevole e, quando si sono svegliati anche i colleghi americani, ci hanno messo poche ore a capire che il nuovo testo non sarebbe mai passato al Consiglio di Sicurezza. A quel punto è cominciata una litigata con la Francia, che al Palazzo di Vetro non si vedeva forse da quando Krusciov sbatteva la scarpa sul banco. Poco dopo si è aggiunto anche il segretario generale Kofi Annan, che ha preso atto della decisione di Washington, Londra e Madrid, e ha ordinato agli ispettori di abbandonare Baghdad. Però non ha mancato di sottolineare che una guerra senza l'autorizzazione del Consiglio, secondo lui, viola la Carta delle v "N azioni ■Uhite. La decisione di non portare al voto la nuova risoluzione è matu'rdta'nelle prlhié ore dé'Ila mattina, dopo una nottata di contatti. Il segretario di Stato Powell, confermando verso le dieci e mezza che «la finestra della diplomazia si è chiusa», ha scaricato la colpa su Parigi, e ha finito col citarla per nome, come non si fa mai nei salotti buoni della diplomazia. Secondo Stati Uniti e Gran Bretagna la decisione francese di minacciare il veto contro qualunque testo che creasse un meccanismo per l'intervento militare ha violato lo spirito della risoluzione precedente 1441, che già prevedeva «serie conseguenze» in caso di violazioni, e soprattutto ha paralizzato i Paesi indecisi che forse avrebbero sostenuto la nuova iniziativa anglo-americana. Quattro nazioni. Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna e Bulgaria sostenevano il documento; altre cinque, cioè Francia, Russia, Cina, Germania e Siria erano contrarie; e infine sei, ossia Angola, Camerun, Guinea, Pakistan, Messico e Cile, erano incerte. Per approvare una risoluzione servono nove voti favorevoli, che Washington aveva quasi annunciato la settimana scorsa, senza veti come quello minacciato dalla Francia. Ma il rappresentante di Parigi Jean-Marc de La Sablière, amico personale del presidente Chirac, non ha accettato eh caricarsi sulle spalle il peso del fallimento diplomatico, e ha risposto senza indossare i guanti bianchi: «La verità è che loro non avevano i voti necessari per far approvare la risoluzione, e all'Onu lo sapevano tutti. La maggioranza del Consiglio di Sicurezza, la maggioranza dei Paesi membri, e a questo punto anche la maggioranza dell'opinione pubblica mondiale, ritengono che il disarmo dell'Iraq possa ancora essere ottenuto senza la guerra». Secondo Parigi, inoltre, la scelta di Washington e Londra di appoggiarsi alla 1441 per difendere la .egalità dell'attacco non regge, perché sono state proprio Washington e Londra a presentare la nuova risoluzione, riconoscendo quindi di avere bisogno di una nuova autorizzazione esplicita da parte del Palazzo di Vetro. I Paesi contrari alla guerra, cioè Germania, Russia e Cina, oltre alla Francia, hanno ribadito che secondo loro esiste ancora lo spazio per trovare una soluzione pacifica alla crisi. Il leader di Mosca, Vladimir Putin, ha rotto il silenzio degli ultimi giorni, avvertendo che «una guerra metterebbe a rischio la stabilità intemazionale». Parigi, Mosca e Berlino hanno richiesto un vertice a livello ministeriale del Consiglio di Sicurezza per domani, allo scopo di discutere la crisi e il programma di lavoro, dopo la proposta di Chirac di dare agli ispettori altri 30 giorni di tempo. A quel punto, però, gli ispettori saranno già Dartiti e l'orologio dell'ultimatum anelato ieri sera dal presidente americano Bush avrà cominciato a ticchettare. Powell ha detto che «l'Onu è importante, soprawiverà, e gli Usa continueranno a essere un membro attivo. Ma questo è chiaramente un test che ha fallito». Kofi Annan, però, ha preso una posizione diversa: «Se l'azione militare inizierà senza il sostegno del Consiglio, la sua legittimità sarà contestata. La guerra è sempre una catastrofe». Dunque è colpa di tutti se il Palazzo di Vetro non ha trovato un'intesa, ma sarà colpa sólo di chi attaccherà se l'intervento comincerà senza l'imprimatur legale dell'Onu. A questo punto, però, l'unica possibilità di rimettere insieme i cocci sembra consistere nel trovare un accordo per coinvolgere le Nazioni Unite nella ricostruzione dell' Iraq e nella gestione del dopo-Saddam. '*** ' 111 ■■■m Un aereo e un elicottero dell'Onu a Larnaca, sull'isola di Cipro: pronti a sgomberare gli ispettori sul disarmo L'Iraq «è stato e rimane in violazione sostanziale dei suoiobblighi conseguenti; alla risoluzione 687 (1991)» Si ammonisce che «false dic/Vanazioni o omissiónfé fa rhariaK ta collaborazione ok stituiranno ulteriore violazione sostanziale dei suoi obblighi» I PUNTI PRINCIPALI DELLA RISOLUZIONE 1441 DELL'8 NOVEMBRE Si offre all'Iraq «una opportunità fi- nait di collaborare con i suoi obblighi di disarmo» ;«tlpye.fo',n;'C' ?^li ispettori deirunmovic e dell'Alea immediato accesso senza restrizioni otondizioni a tutti ì siti» Si richiede «una aggiornata, accurata, piena e completa dichiarazione di tutti gli aspetti dei suoi progranimi di sviluppo di Si ricorda che «il ConsiG^y^ia ri^etutamentelmmonito l'Iraq che andrà incontro a gravi conseguenze come risultato delle sue continue violazioni ai suoi obblighi»