Cappuccetto Rosso nella selva romana di Fulvia Caprara

Cappuccetto Rosso nella selva romana «CATERINA VA IN CITTA» PROTAGONISTA UNA BIMBA D113 ANNI Cappuccetto Rosso nella selva romana Virzì racconta il suo nuovo film con Castellitto e la Buy il caso Fulvia Caprara ROMA La capitale come una «foresta misteriosa» attraversata da una ragazzina tredicenne che viene dalla provincia e somiglia a Cappuccetto Rosso: con entusiasmo rinnovato, dopo i dolori e le delusioni legati a «My name is Tanino», il film precedente mai arrivato nelle sale causa il crollo della «Cecchi Gori Group», Paolo Virzì gira in questi giorni a Roma «Caterina va in città». Diario agro-dolce dell'avvio di una nuova vita «in una metropoli fiabesca osservata con occhi candidi e sgranati», il film è frutto di un desiderio covato da tempo: «M'interessava il tema della scoperta della capitale come luogo dove tutto è possibile, dove si può provare il fascino dell'avventura, ma anche il senso dell'isolamento più totale». E l'idea di porre al centro della storia una ragazzina viene da una precisa convinzione: «Ho una figlia - dice Virzì - e so che a 13 anni si è già persone complete, con desideri, sogni, scelte da compiere». E infatti Caterina, arrivata a Roma da Montalto di Castro dopo un viaggio durato «un'ora e quarantacinque minuti, compresa una sosta pipì all'autogrill di Airone Ovest», deve fare i conti prima di tutto con i genitori; il «babbo scomodo» interpretato da Sergio Castellitto nei panni di un «livoroso insegnante di ragioneria» e la madre «spaesata come fossimo su Saturno», cioè Margherita Buy in versione «casalinga di provincia con forte accento viterbese e grembiule per le faccende di casa». Eoi c'è la scuola, il terreno dove si consuma il primo impatto con il nuovo ambiente sociale: «Caterina fa la terza media, in una classe frequentata da figli di politici di destra e di sinistra; diventerà amica delle due leader rivali che cercano di contendersela». Infine l'entrata vera e propria nella vita della capitale, prima «nella Roma alternativa dei centri sociali, delle veglie di protesta, delle mamme girotondiste», poi in quella dei salotti del potere: «Caterina inizia ad essere invitata alle feste dei calciatori, a fare spese nei negozi giusti, e a un certo punto scopre che c'è già pronto per lei un progetto di fidanzamento». La «capitale malata», ossessionata dall'ansia di protagonismo, scorre sotto gli occhi ingenui di Alice Teghil, nata a Tivoli, iscritta con profitto alla terza media, per la prima volta davanti a una macchina da presa: «E' riuscita racconta Virzì - a battere la concorrenza di coetanee molto più belle; ci hanno colpito la sua grazia provinciale, la timida dolcezza, l'aria vera, commovente, buffa». Con lei il regista dice di aver stabilito un rapporto paritario, di piena complicità: «Le viene chiesto, come agli altri attori, di imparare a memoria la parte, di studiare il suo personaggio». Nell'affresco di «Caterina va in città» c'è posto anche per un Claudio Amendola trasformato in «vice-ministro di Alleanza Nazionale, tifoso della Lazio e mosso da sentimenti contrastanti; da una parte l'orgoglio, dall'altra l'imbarazzo per le origini semplici». E poi per una Galatea Ranzi «in crisi abbandonica per colpa dell'ex-marito Flavio Bucci»; p'er un Michele Placido intellettuale di sinistra; per un salotto televisivo in piena regola con Maurizio Costanzo e Giovanna Melandri che fanno se stessi. Spiega Virzì: «Il film racconta un sentimento misterioso, una malattia nuova di cui soffrono gli italiani, un livore che non ha un nome preciso, un senso di invidia che affligge gli esclusi, quelli che non hanno successo e non appaiono in televisione». Sparito l'odio di classe, suggerisce Virzì, in un Paese «dove Berlusconi vince perchè gli elettori votano nello stesso modo con cui giocherebbfo la schedina», cresce «il senso di frustrazione e il conflitto riguarda chi ha i privilegi e chi invece non li ha, ma, proprio per questo, sta meglio». Insomma, sintetizza l'autore con un sorriso, «la capitale è corrotta, ma per fortuna c'è Montalto di Castro, la provincia vi salverà». Le riprese di «Caterina va in città», prodotto da Rai Cinema e Cattleya, per il costo di circa 8 mliardi di vecchie lire, finiranno entro aprile. L'uscita è prevista per il prossimo autunno. Nel frattempo potrebbe anche accadere che Virzì provi la gioia di veder arrivare finalmente nelle sale «My name is Tanino»; «La decisione spetta alla Cecchi Gori Group e alla Medusa che sta trattando l'acquisto della pellicola». U I m" ilBPllir -i Sergio Castellitto

Luoghi citati: Lazio, Montalto Di Castro, Roma, Tivoli