PER LIPPI E' UNA SFIDA NELLA SFIDA
PER LIPPI E' UNA SFIDA NELLA SFIDA PER LIPPI E' UNA SFIDA NELLA SFIDA Roberto Beccantini LA doppia vita della Juventus, che in Europa non riesce a esprimersi come in campionato, spaventa Lippi. Il rocambolesco gol di Tudor, un Achille con troppi talloni, ha spianato la strada verso i quarti senza però dissipare i dubbi che tormentano l'allenatore. Insomma: i conti non tornano nemmeno quando sembrerebbero tomare. I motivi sono tanti. La Champions League è una sfiancante kermesse di diciassette tappe: la qualità media si è impennata dal giorno in cui le stalle sono state aperte alle squadre vice campioni, e poi ai vice dei vice dei vice. La qual cosa, se da un lato ha contribuito a «imbastardire» la formula, dall'altro ha reso più complicato il quadro e più selettive le modalità per emergere. La Juve non è un caso isolato. Si pensi, per esempio, all'Arsenal: irresistibile nelle faccende domestiche, e meno, molto meno, nelle relazioni internazionali. Tenere il piede in due staffe - scudetto, Champions - è sempre stata un'impresa: figuriamoci adesso, con la svolta impressa ai calendari e con i picchi toccati dalla concorrenza. Né va trascurato il fatto che la serie A, pur restando il laboratorio tatticamente più eclettico, è stata affiancata - se non, addirittura, scavalcata: per contenuti e importanza - dalla Liga spagnola e dalla Premier inglese. La Juve, inoltre, ha scelto un marchio tutto suo: il marchio della forza. Scelta che la diserzione di Del Piero accentua, soprattutto a livello continentale, là dove Real, Barcellona, lo stesso Milan, per tacere di Arsenal e Manchester United, hanno deciso di privilegiare la tecnica, l'estetica. I simboli del dopo Zidane sono Davids e Nedved. La squadra di Lippi si nutre di accelerazioni pazzesche: non appena rallenta, scade. In campionato, gli avversari la temono. All'estero, no. E poi gli arbitri: le scorte alla Palanca non sono contemplate, bisogna arrangiarsi. Per ora, l'unico punto in comune fra le due Juve rimane il carattere. Non la difesa, blindatissima in patria e facilmente svaligiabile in coppa: anche perché Giggs e Van Nistelrooy, Tristan e Makaay sono clienti che, sul filo del fuorigioco, hanno costruito regni, non semplici nidi. Il Milan dei piedi buoni ma lenti. L'Inter dei solisti. La Roma di Tetti e Cassano. A ognuno il suo stile di gioco. La Juve ad assetto variabile si dibatte fra il Dna italcentrico e le pulsioni europee. Una sfida nella sfida. Sarà la primavera di Del Piero a orientarne l'epilogo.
Luoghi citati: Barcellona, Europa, Manchester
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