FRAGILE RELIGIONE di Leonardo Zega

FRAGILE RELIGIONE E LA RIVINCITA DELLA CHIESA? FRAGILE RELIGIONE Leonardo Zega CONTRARIAMENTE a quel che afferma Gian Enrico Rusconi, commentando sulla Stampa di ieri il mini-rapporto sulla religiosità degli italiani, stilato da Luigi La Spina, credo che siano numerosi i cattolici che percepiscono la gravità del momento presente, senza cullarsi nell'illusione che - tutto considerato - il crollo delle ideologie e la crisi della politica siano una sorta di provvidenziale opportunità per la Chiesa, che può prendersi così la sua «rivincita» contro la secolarizzazione, che pareva averne minato la vitalità al suo interno, e la marginalizzazione alla quale l'aveva condannata la fine del partito unico dei cattolici. Altri segni incontrovertibili di questa rimonta della Chiesa italiana sarebbero l'attivismo di gruppi e movimenti ecclesiali, la riscoperta della centralità dei vescovi neUe rispettive diocesi, le continue manifestazioni di devozione di uomini di Stato e di Governo in occasione di celebrazioni o di lutti nazionali, l'intervento deciso delle gerarchie ecclesiastiche su temi a sfondo etico (e bioetico soprattutto) col pretesto che essi toccano da vicino la coscienza dei credenti e la loro visione della vita umana. Ma mentre La Spina elenca questi fenomeni, non senza opportune riserve sulla loro reale portata religiosa, Rusconi sembra collocarli tra le cause dello sbandamento del Paese. Scrive infatti: «Il risultato è la paralisi della politica». Questo suo ragionare richiama il pensiero di un altro politologo di grido. Angelo Panebianco, che qualche giorno fa accusava i cattolici di confondere, con il loro pacifismo, morale e politica. Ma attizzare in questo modo il fuoco delle polemiche mi sembra uno spreco di energie. Lo stato democratico non ha nulla da temere dalla fede dei credenti. La lealtà civica dei cattolici è fuori discussione. Il soffermarsi pensoso dei legislatori sulla soglia della coscienza (si tratti di bioetica o del coinvolgimento in una guerra di cui nessuno può prevedere gli esiti) è un atto di saggezza politica e un doveroso omaggio alla volontà dei cittadini, non tutti riconducibili sotto le bandiere di un pensiero unico. Volere la pace non significa tradire la patria. Rivincita della Chiesa, dunque? Al contrario, la fragilità di certi ritorni di fiamma, più devoti che religiosi, carichi di contraddizioni e spesso viziati da aperte controtestimonianze, è ben nota ed è vista con preoccupazione dalle stesse gerarchie ecclesiastiche. E' fede la fame di meraviglioso e la rincorsa di fenomeni straordinari (guarigioni miracolose, apparizioni a comando, conversioni illustri e quant'altro), e lo sfruttamento spregiudicato che ne fa la società dello spettacolo? E' religione la marmellata del New Age, contro cui lo scorso febbraio la Santa Sede ha messo in guardia i fedeli con un severo documento, che nulla concede al sentimentalismo e alle suggestioni misticoidi tipiche di questo fenomeno? Chi sprona i laici a far valere con più forza le loro «buone ragioni», difendibili tutte e solo con argomenti razionali, «umani», non dovrebbe dimenticare che anche la fede è per definizione un rationabile obsequium, un atto di obbedienza ragionevole. Ieonardo.zega@stpauls.lt

Persone citate: Angelo Panebianco, Gian Enrico Rusconi, La Spina, Luigi La Spina