Anni 80, quella nave andava davvero? di Giuseppe Berta
Anni 80, quella nave andava davvero? TUTTA IN NEGATIVO LA RILETTURA DEL DECENNIO Anni 80, quella nave andava davvero? Giuseppe Berta NELLA sensibilità e nella percezione degli italiani di oggi, gli anni Ottanta sono un periodo lontanissimo. La società, la politica, il costume, la cultura rappresentano tutti campi in cui è possibile misurare la distanza che separa l'Italia attuale da quella di venti, quindici anni fa. Quasi nessuno dei protagonisti di allora tiene più la scena pubblica, mentre i nostri criteri di valutazione e di giudizio appaiono per molti aspetti trasformati. Ciò non dipende solo dalle differenze che una lettura in chiave politica può facilmente mettere in rilievo: i grandi partiti che avevano modellato il dopoguerra e dato origine alla crescita del paese - la De e il Pei in primo luogo - non esistono più e la loro scomparsa ha modificato per intero il modo di funzionare delle istituzioni, L'Italia è oggi governata e amministrata in un modo completamente diverso da quello che predominò per quasi quarant'anni, al centro come nelle periferie. Quanto ai comportamenti collettivi e alle aspettative sociali, non si può non notare il divario che intercorre fra ieri e oggi: negli anni Ottanta, l'Italia pareva ancora cavalcare in pieno l'onda dello sviluppo. La nazione era pervasa da umori che per alcuni risultavano fin troppo vitali e da spinte alla crescita di cui si enfatizzava la carica spontanea, Bettino Craxi, il leader che compendia ancora nel suo nome quella stagione politica, aveva coniato un'immagine - «la nave va» - a significare il vivace ritmo di marcia a cui procedeva il paese, Giuseppe De Rita invitava a osservare i numerosi «cespugli» di un'economia locale fiorente, che si espandeva magari disordinatamente, ma portava alla ribalta province che si arricchivano in fretta e pulsavano di nuove attività industriali. Francesco Alberoni, addirittura, esortava a guardare all'Italia di allora come al teatro di un «nuovo rinascimento», attivato da un diffuso rilancio della creatività italiana, che si manifestava attraverso il successo del nostro stile, della nostra moda, del nostro gusto, esportati in tutto il mondo. Infine, le grandi imprese non erano ancora insidiate dai sintomi del declino industriale: Fiat, Olivetti, Montedison, Pirelli occupavano trionfalmente le cronache, lasciando presagire ulteriori, imminenti affermazioni intemazionali. Ciò che è successo nel decennio Novanta, con una brusca interruzione di continuità, ha cambiato drasticamente il modo di guardare a quell'epoca. Gli anni Ottanta tendono ormai ad apparire come l'epoca in cui si cumulano le condizioni che porteranno a una crisi profonda del modo di essere dell' Italia contemporanea, tale da non lasciare indenne nessuna forma della vita del Paese. Dopo di allora, le prospettive degli italiani mutano: alle aspettative di miglioramento individuale e familiare suberitra una visione più preoccupata, timorosa del futuro, che bada alla ricerca della salvaguardia di quel che si è conseguito piuttosto che a inseguire opportunità di accrescimento del benessere. Alla rappresentazione positiva degli anni Ottanta se ne è così sostituita un'altra di segno integralmente negativo, che propende a coglisre in quel decennio l'addensarsi di tutte le cause che proietteranno una diffusa cappa di malessere sull'Italia al cambio del secolo.
Persone citate: Bettino Craxi, Francesco Alberoni, Giuseppe De Rita, Olivetti
Luoghi citati: Italia
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