Mieli rinuncia alla presidenza, la Rai torna nel caos di Maria Grazia Bruzzone

Mieli rinuncia alla presidenza, la Rai torna nel caos UNA LETTERA Al PRESIDENTI DELLE CAMERE. GLI ALTRI QUATTRO CONSIGLIERI: CI RIPENSI Mieli rinuncia alla presidenza, la Rai torna nel caos «Per ragioni tecniche e politiche». Polemiche all'interno della maggioranza Maria Grazia Bruzzone ROMA Paolo Mieli ha rinunciato alla nomina di presidente della Rai e ieri lo ha comunicato con una breve lettera formalmente a Pera e Casini: «Vi scrivo innanzitutto per ringraziarvi di avermi indicato per il prestigioso incarico alla Rai al quale mi vedo costretto a rinunciare», esordisce il direttore editoriale dell'Rcs. Poi, aggiunge un ulteriore ringraziamento «per l'impegno col quale in questi sei giomi mi avete accompagnato, con la discreziùne che si addice al vostro ruolo nello sforzo teso a superare le difficoltà di ordine tecnico e politico che mi hanno impedito di accogliere la vostra offerta». Nei palazzi della politica è subito il caos. L'opposizione de¬ nuncia il «gravissimo strappo istituzionale», accusa la maggioranza di «aver sfiduciato Pera e Casini» e di «aver voluto riconsegnare 0 cda Rai al monopolista privato Berlusconi». Ma la stessa maggioranza è divisa, con Fini e Gasparri che si dicono «rammaricati» per la conclusione della vicenda, la Lega - al contrario soddisfatta e il segretario dell'Udo Follini che accusa «una parte» dalla Casa delle Libertà di «desolante miopia politica». Dal quartier generale di Forza Italia si tengono bassi i toni, e il capogruppo Bondi, pur rammaricandosi, confida in una «soluzione rapida e adeguata» della nuova crisi da parte dei presidenti delle Camere. Ai quali l'opposizione hanno annunciato Rutelli e Fassino - non farà più altri nomi. «Ora si fa tutto più difficile e si vede che ci vogliono altre condizioni rispetto a quelle che possono dare Pera e Casini per avere un buon cda», commenta il presidente della Vigilanza Petruccioli. Ma tra le tante conseguenze di questa nuova crisi c'è anche il riaprirsi di un dissidio tra i presidenti delle Camere. Prova ne è il garbato ma fermo rifiuto di Casini di firmare la dichiarazione di Pera con la quale l'inquilino di palazzo Madama, definisce la situazione «non ulteriormente procrastinabile» e a fa sapere che si adopererà col collega «affinchè al più presto sia finalmente trovata una soluzione definitiva». Non è questa, al contrario, l'opinione del presidente della Camera. Per Pierferdinando Casini resta ferma l'esigenza annunciata fin dalla mattina; quella cioè di «approfondimenti nelle sedi istituzionali» che porti- no a riflettere e a individuare le ragioni per le quali la designazione dei presidenti delle Camera è stata poi vanificata da polemiche politiche e, a quanto pare, da scelte del Tesoro. Sei giorni. Tanto è durato il nuovo cda «di garanzia» al cui vertice, con una scelta inedita, avrebbe dovuto sedere un presidente indicato dall'opposizione. Un presidente che si voleva autonomo dalla pohtica. E Mieli (al quale era stata già assegnata una scorta) aveva infatti subito messo una serie di paletti: il ritomo in video di Biagi e Santoro, un direttore generale di discontinuità e col quale vi fosse piena sintonia e - infine - uno stipendio non inferiore a quello attualmente percepito. Non una di queste «condizioni», in realtà, gli veniva concessa, come era emerso infine dall'in¬ contro dell'altro ieri col ministro Tremonti, azionista indiretto della Rai attraverso Rai Holding. L'ostacolo maggiore sarebbe stata appunto la scelta del direttore generale. Umberto Bossi, già in mattinata, era stato chiarissimo: ((Anche se diventasse presidente. Mieli non potrebbe nommare da solo il direttore generale, visto che la nomina dipende dal ministro del Tesoro». Più tardi, anche l'azzurro Paolo Romani indicava tra gli «inciampi» che hanno sbarrato la strada a Mieli la sua dichiarazione sul ritomo di Biagi e Santoro» e soprattutto la scelta del futuro dg; «Per statuto la nomina del direttore generale avviene con il consenso dell'azionista». E' forse per queste ragioni che il capogruppo dell'Udo, Luca Volontà - dopo analoghe accuse da parte di Follini - denunciava «il diktat di ima parte della nostra coalizione concentrata più su interessi elettorali che sul rilancio del sistema televisivo». E adesso? Adesso la partita sembra riaprirsi e una soluzione appare lontana all'orizzonte. Ieri sera, i quattro altri membri del Cda, Veneziani, Alberoni, Rumi e Petroni, hanno diramato un comunicato congiunto col quale «invitano caldamente il dottor Mieli a non far mancare il suo qualificatissimo apporto al consiglio». Se Mieli non dovesse ripensarci, resta comunque il giudizio positivo sull'operato dei presidenti; «La logica seguita - scrivono i consiglieri - è un fatto profondamente innovativo e positivo, e rappresenta una garanzia dei valori comuni a tutti gli italiani dei quali la Rai deve essere l'espressione». Fini «rammaricato» per la conclusione della vicenda La Lega soddisfatta mentre il segretario Udc Follini accusa una parte della maggioranza di «desolante miopia politica» Pera: scegliamo subito Ma Casini insiste per un approfondimento

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