Gli Usa: all'Onu manca solo un voto alla maggioranza

Gli Usa: all'Onu manca solo un voto alla maggioranza WASHINGTON AVREBBE CONVINTO I TRE PAESI AFRICANI E IL PAKISTAN Gli Usa: all'Onu manca solo un voto alla maggioranza Bush chiama Putin per chiedergli di non usare il veto e isolare la Francia Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK Agli Stati Uniti manca un solo voto per raggiungere la maggioranza qualificata dal Consiglio di Sicurezza nella seconda risoluzione sull'Iraq e George Bush chiama Vladimir Putin chiedendogli di non opporre il veto al fine di isolare Parigi. Diplomatici americani e britannici al Palazzo di Vetro hanno fatto circolare la notizia che Angola, Guinea, Camerun e Pakistan avrebbero accettalo di sostenere la seconda risoluzione. Sommandosi ai voti di Usa, Gran Bretagna, Spagna e Bulgaria si arriva a così ad un unico passo da quota nove, la maggioranza qualificata necessaria per approvare, in assenza di veti, ogni risoluzione. I tre Paesi africani non hanno smentito le indiscrezioni anglosassoni, mentre da Washington è rimbalzata la notizia di una lunga telefonata con la quale Bush avrebbe convinto il pakistano Pervez Mu- sharraf - alleato di ferro nella guerra al terrorismo - a rompere gli indugi. Per tentare di ottenere il voto mancante Bush è ricorso durante la giornata di ieri ancora una volta alla «diplomazia telefonica», chiamando personalmente i presidenti degli altri due Paesi incerti, Messico e Cile. I progressi diplomatici sono legati alla mediazione britannica, che verte attorno alla modifica della seconda risoluzione, co-presentata assieme a Usa e Spagna, con l'inclusione di un emendamento che «tenga assieme pressione e ispezioni». In concreto si prevede l'imposizione di sei condizioni che Saddam Hussein dovrà rispettare entro una data limite pena l'attacco: rinuncia in diretta tv alle anni di distruzione di massa, interrogatorio a Cipro di 30 scienziati da parte degli ispettori dell'Onu, distruzione di almeno diecimila litri di antrace ed altri agenti chimici e batteriologici, ammissione della produzione di bio-armi, impegno a distruggere tutti i missili proibiti, ammissione dell'esistenza di aerei senza pilota. Al fine di convincere i Paesi incerti Londra è disposta a negoziare anche la data dell'ultimatum, ora fissata al 17 marzo, che potrebbe slittare di «una settimana o dieci giorni», secondo una bozza circolata in serata al ConsigUo di Sicurezza. «Siamo aperti a questa ipotesi» fa sapere la Casa Bianca. I progressi del bliz diplomatico dell'ambasciatore di Sua Maestà, Jeremy Greenstock, hanno contribuito ad allentare le forti tensioni del gior- no precedente con Washington, culminate nella frase - poi ritrattata - con cui il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld alludeva alla possibilità di un attacco «senza gli inglesi». A conferma degli sviluppi in atto il Segretario generale dell' Onu, Kofi Annan, ha chiesto di incontrare uno dopo l'altro Greenstock e il capo degli ispettori Hans Blix. Il presidente americano Bush vede il tranguardo vicino ed ha chiamato il collega russo Putin per chiedergli di non mettere il veto quando si tratterà di esprimere i voti contrari. «C'è dialogo ma le differenze restano» è stato il commento del Cremlino. L'intenzione della Casa Bianca è di isolare la Francia, mettendola in condizione di assumersi la responsabilità di bloccare con il veto una risoluzione già approvata. Parigi nega tuttavia che si sia a questo punto e contesta la vittoria americana nel braccio di ferro per accattivarsi i Paesi indecisi; «Gli americani non hanno ancora i nove voti - dice Ginette De Matha, portavoce della missione all'Onu - e noi restiamo contrari sia all'ultimatum che all'automatismo per l'uso della forza». La minaccia di imo scontro aperto con Jacques Chirac preoccupa la Spagna di José Aznar, il cui ministro degli Esteri Ana De Palacio ha detto che la risoluzione «potrebbe essere ritirata» alla luce della determinata opposizione francese. Il voto al Consiglio di Sicurezza avrà luogo oggi o domani. «Andiamo al voto» incalza il portavoce della Casa Bianca, Ari Fleischer, ostentando ottimismo pur ammettendo che «la situazione è ancora fluida». Se la risoluzione dovesse essere sconfitta l'attacco potrebbe partire subito. «I tempi della diplomazia sono stati già consumati, siamo all'ultimo miglio» sottolinea Fleischer. Il Dipartimento di Slato incalza Parigi e Berlino accusandole di irresponsabilità a causa di una «opposizione a priori» che «fa arrivare a Baghdad il messaggio sbagliato». Continua intanto il pressing del Pentagono sui militari iracheni affinché disertino: alcuni portavoce hanno fatto sapere che sarebbero in corso «contatti» e «tentativi» al fine di assicurarsi la resa di alti gradi dell'esercito alla vigilia dell' arrivo a Baghdad della missione della Lega Araba attesa da un incontro con Saddam sull'ipotesi dell'esilio. Un radioamatore israeliano assicura di aver intercettato una comunicazione del Pentagono conia data dell'attacco: 18 marzo. La svolta determinata dalle proposte inglesi Nuove condizioni all'Iraq e dilazione dell'ultimatum Parigi non è convinta che i giochi siano chiusi «Gli americani non hanno ancora quei nove sì»