Isabella, una femminista ai tempi dì Rossini
Isabella, una femminista ai tempi dì Rossini PER LA FESTA DELLA DONNA LA SCALA HA RIPROPOSTO LO STORICO ALLESTIMENTO DI PONNELLE Isabella, una femminista ai tempi dì Rossini «L'Italiana in Algeri» scintilla con la voce della Kasarova Glangiorglo Satragni MILANO Per la festa della donna non vi era per la Scala di megho che riprendere, al Teatro degh Arcimboldi, «L'Italiana in Algeri» di Rossini, il celeberrimo dramma giocoso che nel 1813 portò sulle scene veneziane una donna fiera ed emancipata, Isabella: prigioniera dei corsari dopo un naufragio, si fa beffe del grullo bey Mustafà di lei invaghito, ordisce h nano per la fuga degli italiani tenuti ì come schiavi, compreso il suo amato Lindoro, al quale Isabella impartisce una lezione di coraggio, estesa all'altro pauroso spasimante, Taddeo. Insomma, quando la donna decide di farla a qualcuno, non vi è scampo, dice Rossini col sorriso dell'opera buffa. E' il sorriso deh'allestimento storico di Jean-Pierre PonneUe, ancora ripreso a MUano per le cure di Sonja FriseU a trent'anni dalla produzione originaria, dopo i passati ripescaggi della «Cenerentola» e del «Barbiere di Siviglia». E' sempre un piacere tomare a quegli archi moreschi e aUe grate da serraglio, aU'ironia leggera che sa non rendere volgari pure gh ancheggiamehti di Mustafà e delcoro. E' la classica messinscena che consente al profano d'imparare e di ridere, spede di fronte ad alcune trovate di PonneUe, come la piccola naviceUa che si spezza e affonda alla cannonata dei musulmani, fino al conclusivo pasto di Mustafà, buffamente nominato Pappataci, di fronte a un colossale piatto di spaghetti con accanto U fiasco di vino rosso. E' anche una produzione che annovera di nuovo pezzi da novanta del belcanto rossinano d'agilità, a partire daUa Isabella di Vesselina Kasarova, energica dove ci vuole, ricca di sottighezze psicologiche, dotata di una voce scura quasi da contralto: in qualche passo ricorda la compianta Lucia Valentini Terrani, aha cui attività scaligera è dedicato un volumetto aUegato al programma di sala. Lindoro è Juan Diego Florez, tenore povero di sfumature timbriche, ma con acuti cristallini che mandano in visibiho ammiratrid e ammiratori, e poi abbiamo la morbidezza del basso Michele Pertusi (Mustafà), la misura di Alfonso Antoniozzi (Taddeo), la proprietà di Carla Di Censo (Elvira), Larissa Schmidt (Zulma) e Gioigio Caoduro (Haly) Sono tutti bravi cantanti, soprattutto veri musicisti, ed è per questo che la direzione di Corrado Rovaris può giungere a magnifici esiti di concertazione. Mentre altri si limitano ad accompagnare U canto, pur con brioso piglio orchestrale, egh apphca con naturalezza un principio di logica unità che pare derivato daUo stUe sinfonico classico. Cogliendo l'impronta strumentale del canto rossiniano, le vod sono perfettamente inglobate neU'orchestra, mettendo Rovaris in luce l'ordito fatto di scambi continui, d'intrecci fra idee principali e secondarie, fra personaggi, strumenti solisti e figurazioni sì di contomo, ma essenziah nel quadro globale, Questa impostazione classica, arricchita daUa bellezza dei timbri vocali e strumentah, emeigeva ancor più laddove Rossini smette U passo svelto (svelto è stato Rovaris, quando necessario) e lascia emergere i sentimenti dei personaggi: l'intimo stupore d'Isa3eUa e Lindoro che si ritrovano possedeva una grazia mozartiana, amabUmente effusa in più punti. Basti pensare a un nonnuUa trasformato in cammeo, come U terzettino. di congedo da Mustafà di Lindoro, Elvira e Zulma, fraseggiato con eleganza squisita. g.satragni@tin.it Il pubblico in visibilio per gli acuti cristallini di Florez e le buffonerie di Michele Pertusi Sul podio Corrado Rovaris
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