Fioroni, dalla dolcevita a Jack lo squartatore di Mirella Serri

Fioroni, dalla dolcevita a Jack lo squartatore LUNEDÌ PROSSIMO Al MERCATI DI TRAIANO SI APRE UNA GRANDE RETROSPETTIVA DELL'ARTISTA ROMANA Fioroni, dalla dolcevita a Jack lo squartatore Mirella Serri ROMA IN principio erano gli Argenti. Sono grandi e suggestivi, imponenti, con le figurine luminescenti contornate di luce intensa, i quadri che apriranno il percorso della liella esposizione con cui la capitale si accìnge a festeggiare i quarantanni d'attività di Giosetta Fioroni. La grande mostra antologica, che si inaugura il 17 marzo ai mercati di Traiano, accoglie circa 140 opere. Prime, nel tempo, erano appunto quelle chiamate gli Argenti, tele rese brillanti da vernici industriali, metallizzate, splendide e desolate. Esordiva così nel '63 per il grande pubblico una delle più note pittrici italiane, gran signora dal tratto assai speciale che passa dal pennello alla ceramica all'inchiostro di china, che spesso muta tecniche in un poutpourri di invenzioni, di collages, di libri dipinti a mano con poesie e scritti (di Cesare Garboli, Raffaele La Capria, Goffredo Parise, Guido Ceronetti, Andrea Zanzotto). È un anno magico, quel '63, per la Fioroni. Dopo le prime apparizioni nel mondo dell'arte (inizia ad esporre nel '57), entra, unica donna, nel piccolo pantheon degli apripista della ricerca italiana come Mario Schifano («Bellissimo, generoso gran dissipatore della sua vita»), Tano Festa, Franco Angeli. «Credo che sia stato Arbasino a coniare per noi la definizione di scuola di Piazza del Popolo dal momento che l'appuntamento fisso era al bar Rosati», racconta la Fioroni occupata a dare gli ultimi tocchi all'allestimento della sua esposizione. Da Rosati, al cui piano superiore si affacciava la galleria la Tartaruga di Plinio de Martiis, era tutto un via vai. Facevano le loro regolari apparizioni amici che Giosetta aveva conosciuto nel suo precedente soggiorno parigino, come Tristan Tzara, Kounellis, Twombly, Jean Paul Sartre con Simone de Beauvoir, Rauschenberg e Duchamp. Tutti i giorni sfrecciava il poeta Sandro Penna sulla sua bicicletta, salutando da lontano, mentre Ennio Flaiano, Moravia, la Morante, Pasolini sono di casa. Pure Gadda si fa trascinare controvoglia e invece Federico Fellini è una presenza abituale («"Giosettinaaa", esclamava con quella sua voce sottile quando mi vedeva. Poi qualsiasi cosa dicesse la diceva come qualcosa di singolare, di assoluto. Era un vero incantatore»). Vi approdano tutti gli scrittori del neonato Gruppo 63, come Umberto Eco, Furio Colombo, Nanni Balestrini, con cui si fanno le ore piccole sulla spiaggia di Fregene. E poi, proprio a Piazza del Popolo, Giosetta incontra e frequenta il compagno dei successivi vent'anni, Goffredo Parise, scomparso neir86. «Nella mia vita ci sono stati periodi centrifughi, ossia estroversi, vitali, aperti al mondo esterno», spiega la Fioroni. «La serie degli Argenti con la rappresentazioflé "metallica" della città, della vita tumultuosa di quegli anni, in cui il ritrovarsi era una continua scoperta, appartiene a questa fase. E poi sono ne sono seguite altre più raccolte, intime». Segnate da questo tratto più riflessivo e sognante sono le composizioni che maturano tra i boschi di Salgareda, quando la Fioroni va a abitare per lunghi periodi dell'anno a pochi chilometri da Pieve di Soligo dove c'è l'amico carissimo, il poeta Andrea Zanzotto. Non è un caso che questa rassegna porti il titolo di Beltà proprio come Zanzotto aveva titolato una sua raccolta di versi. È il periodo in cui nella comoda e accogliente casa di campagna nasce la raccolta de Gii spiriti silvani. «Goffredo scriveva i Sillabari e io lavoravo con frammenti lignei, piume, penne e disegni a china nera». Boschi, torrenti, prati ispirano piccole teche che racchiudòhtì éfbàrii' inanellati ' d sottili come capelli di neonato.^ Da Salgareda, luogo di magico straniamento dal mondo, abitato dalle Fate, lai Fioroni rientra tra gli umani e tra i Mostri: «Da un catalogo trassi fotografie di morti per autoerotismo, transessuali, gente che in pratiche estreme aveva perso la vita. Nessun compiacimento in quelle mie opere: solo la voglia di dimostrare la sofferenza». E poi addio anche ai Mostri perché c'è un altro incontro per lei fondamentale. «Un giorno Goffredo mi disse: "Oggi ti faccio vedere uno spettacolo che non dimenticherai". In una piccolissima casa ad Albano, Ceronetti aveva allestito un suo teatrino per 12 persone. Il titolo dello spettacolo era Jacfc lo Squartatore e poi un altro spazio era dedicato a una revisione critica della Rivoluzione francese. Un insieme di suoni, di luci, una rappresentazione che mi creò un'emozione fortissima». Ha così origine un fecondo rapporto con lo scrittore, saggista e stravagante creatore del Teatro dei sensibili. Sono 300 le lettere che i due amici si sono scambiati negli anni e altrettanto numerosi i lavori fatti in collaborazione, con la Fioroni che prepara fondali colorati per i teatrini e sognanti locandine. Nasce infine l'ultima parte della produzione, Se':'rt«if,;aHucinata ironia con fotografie sulla vecchiaia e sulla morte, e poi Oltre le terre lontane, con cieli stellati e scenari da Mille e una notte. «Credo fu Arbasino a coniare per noi la definizione di scuola di Piazza del Popolo dal momento che l'appuntamento fisso era al bar Rosati» «Da un catalogo trassi fotografie di morti per autoerotismo, transessuali, gente che in pratiche estreme aveva perso la vita. Nessun compiacimento ' solo la voglia di dimostrare la sofferenza» Sopra Dream, una ceramica del '96, a destra Giosetta Fioroni con Fellini nella galleria Tartaruga nel 1970 alla personale dell'artista mm

Luoghi citati: Pieve Di Soligo, Roma, Salgareda