Rai, al posto di Saccà favorito Mengozzi di Paolo Mieli

Rai, al posto di Saccà favorito Mengozzi IL" ■ ■wiwiww! m., i i i il ^iii. , il j n, n, imi , . i ii ^ .h .njmin j Lniiininiiniiai iifiW,WlliiiilHl|lliiillilliljl ìiih imìmmuui! imnmhn mmmmmmVmtmMm,)v«mi.[ n i.iiiiiiiijiiimi niiiiiipiiimn-i»»»! ,M«tmm,mmmnmmi,, DECRETO Di NOMINA DEL NUOVO VERTICE PUBBLICATO OGGI SULLA GAZZETTA UFFICIALE. POI LA SCELTA DEL DIRETTORE GENERALE Rai, al posto di Saccà favorito Mengozzi E' l'attuale amministratore delegato di Alitalia. Nella rosa dei candidati anche Cappon. Previsti cinque vicedirettori interni Giovedì il cda elegge il presidente, nuove polemiche su Mieli Maria Grazia Bruzzone . ROMA Il decreto di nomina del nuovo consiglio di amministrazione della Rai viene pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale. Dopo di che cominceranno le formalità di rito, dall'accettazione dei cinque designati alla prima riunione, convocata dal consigliere anziano Francesco Alberoni - probabilmente giovedì - che eleggerà ufficialmente il presidente. Dopo di che si passerà alla nomina del direttore generale, per il quale - malgrado le insistenze di Berlusconi su Sacca - si fa sempre più strada il nome dell amministratore delegato dell'Alitalia Francesco Mengozzi, che sarebbe gradito a Mieli ma anche al Tesoro, azionista della Rai col quale i contatti sarebbero già in corso. Mieli si presenterebbe comunque con una rosa di nomi, fra i quali ci sarebbe anche quello di Claudio Cappon, già direttore generale della Rai di Zaccaria. Ma Mengozzi, si sussurra nei palazzi, avrebbe il vantaggio di liberare la poltrona di Alitalia che farebbe gola ad Alleanza nazionale. Visto che in ogni caso si tratterebbe di un direttore generale finanziario, un «uomo di conti», il personaggio verrebbe affiancato da ben quattro vice interni, con incarichi ad hoc: uno per il Nord - raccontano altre voci -uno per il Sud, un terzo responsabile del prodotto e il quarto dell'informazione e comunicazione. Comunque una struttura articolata e manageriale. E però il clima intorno al nuovo consiglio di amministrazione «di garanzia» continua ad essere tutt'altro che tranquillo. Segno che la novità introdotta da Pera e Casini non è da poco. Dopo le scritte antisemite contro il presidente in pectore Paolo Mieli e le polemiche seguite alle condizioni da lui poste per accettare l'incarico, che comprendevano anche il rientro in Rai di Biagi e Santoro - polemiche che continuano con vari esponenti della Casa delle Libertà che criticano il fatto stesso di aver posto delle «condizioni» ieri è circolato un altro argomento scabroso relativo al compenso che Mieli avrebbe chiesto: «Il triplo di quel che il presidente della Rai guadagna oggi», ha osservato Alessio Butti di Alleanza nazionale. Veline e veleni contro i quali non ha esitato a scagliarsi il centrosinistra, interpretando i nuovi attacchi come «una ennesima polemica costruita ad arts per sviare l'attenzione da altre più importanti questioni». Leggi Santoro e Biagi. Così la pensa Giuseppe Giulietti che chiede a Butti «dov'era quando un vicedirettore generale ha guadagnato un miliardo e mezzo in due mesi». Un riferimento a Stefano lasi, il vicedirettore meteora pagato per lasciare l'azienda dopo che aveva messo il naso nei dissestati conti Rai. Conti che sono poi le «diseconomie» che Renzo Lusetti della Margherita rinfaccia ai «soloni di oggi». Mentre Emanuele Macaluso sul Riformista attacca non solo le reazioni negative a Mieli provenienti da destra (il razzismo di marca leghista) ma anche quelle che arrivano da parte della sinistra (i dubbi espressi da Cofferati sulla nuova «lottizzazione della Rai»), che a suo dire «rivelano tutte le miserie e le ignominie della politica italiana». E già che c'è se la prende con Santoro che in una intervista si è paragonato a Matteotti. Resta il fatto che, al di là della solidarietà ecumenica manifestata a Mieli dopo l'episodio delle scritte razziste («Tace solo il ministro Castelli», ha notato Rino Piscitello della Margherita), le aperture verso il cda che dovrebbe garantire il pluralismo arrivano soprattutto dall'Ulivo. A cominciare da Francesco Rutelli, che anche ieri ha osservato come «in Rai è possibile un cambiamento», pur sottolineando come la situazióne sia «ancora apertissima e interamente nelle mani di Paolo Mieli, una persona di assoluta garanzia che non risponde e non deve rispondere ad alcun comando politico». Per finire con Bertinotti, che ritorna sulla possibilità che «alla Rai si volti davvero pagina». Dalla Casa delle libertà invece ancora critiche sulle famose «condizioni» poste dal futuro presidente. Un gesto «improprio e irrituale», lo giudica l'azzurro Paolo Romani. «Una cosa campata per aria», per il portavoce di An Mario Landolfi. Se il primo auspica un disegno editoriale («la mancanza del quale ha causato la caduta del cda precedente»), il secondo tiene a distinguere fra Biagi e Santoro, due personaggi «fra i quali c'è un abisso». E proprio Santoro, dopo le prime esternazioni un po' sopra le righe, ieri è sembrato tornare a più miti consigli. Non solo negando di essersi mai paragonato a Matteotti, ma esprimendo un'apertura di credito al nuovo presidente: «Se a chiedermi di cambiare è Paolo Mieli, io non gli dico di no: non è Berlusconi che vuole controllarmi». Paolo Mieli, candidato alla presidenza della Rai

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