Mai lo Sforzato cileno o l'Amarone australiano

Mai lo Sforzato cileno o l'Amarone australiano OSTERIE D'ITALIA LA RICETTA Fracchìata con fave La ricetta di Bruna Spadone Ristorante La Bandiera Civitella Casanova (Pescara) Fracchìata con fave Per 6 persone INGREDIENTI 4 etti di farina macinata composta da 7007o di cicerchia e 3007o di farro 4 etti di fave fresche 70 g di guanciale di maiale mezz'etto di pecorino da grattugia non troppo stagionato una cipolla, ui i ciuffetto di prezzemolo una foglia d'alloro un peperone piccante fresco 3 etti di olio extravergine di oliva sale PREPARAZIONE Piatto di antica tradizione, basato su ingredienti per lo più vegetali, insaporiti da guanciale, pecorino, peperone piccante, la fracchìata è forse uno dei più indicativi del versante "povero" della gastronomia abruzzese, ma anche dell'arte dì fare di necessità virtù, con risultati più che apprezzabili. In una casseruola soffriggete metà dell'olio con l'aglio e il peperoncino piccante. Imbiondito l'aglio, aggiungete due litri dì acqua calda e, prima dell'ebollizione, versate lentamente la farina, cercando di evitare i grumi. Fate bollire per 40 minuti e aggiungete il pecorino grattugiato. A parte frìggete nel rimanente olio le cipolle e il guanciale tritati. Versate le fave e cuocete per un quarto d'ora. Servite la fracchìata con il sugo di fave. DIFFICOLTA: MEDIA TEMPO DI PREPARAZIONE E COTTURA: UN'ORA E UN QUARTO Mai lo Sforzato cileno o l'Amarone australiano Basta fare come Alexandre de Lur Saluces che non fece uscire il vino (scarso) nel 1974 amplificando così il mito dello Chàteau d'Yquem # Carlo Petrini | «IMPORTANZA di elementi "come tipicità e tradizione all'interno del nostro com- Lbh parto agroalimentare è ormai universalmente riconosciuta. Il successo di questi prodotti ha creato ottime possibilità di business, ma di conseguenza ha anche dato la stura a una serie consistente di operazioni deprecabili. Si moltiplicano i tentativi, a volte ridicoli, a volte fuori luogo, di clonazione di tecniche e savoir faire tradizionali; fuori dal loro contesto territoriale, applicando innovazioni tecnologiche che ne snaturano valenza e significato. Da questo punto di vista, il settore enologico è tra quelli che corrono più rischi: l'ascesa di nuovi terroir, una sempre più frenetica circolazione d'idee e di nuove tecnologie e, non ultima, la fortuna commerciale di antichi metodi produttivi, rischiano di far perdere importanza, valore, a pratiche consolidate in ambienti ben definiti e per ciò non esportabili. È il caso dei vini Amarone della Valpolicella e Sforzato della Valtelli¬ na, al centro di un convegno internazionale svoltosi a Verona il 21 febbraio. Fortemente voluto dai due rispettivi Consorzi di Tutela, l'incontro, con la partecipazione anche del ministro per le Politiche Agricole e Forestali Giovanni Alemanno, è servito per mettere in luce alcuni punti chiave: se da un lato paiono inevitabili le imitazioni riguardanti un metodo produttivo (frutto di un naturale e delicato appassimento delle uve) che si è rivelato utilissimo per ottenere i vini che piacciono al mercato, corposi e strutturati, ma anche per mascherare alcuni difetti delle uve, d'altro canto non si può assolutamente accettare l'appropriazione, da parte d'attori estemi ai due comprensori tradizionali, del nome, che deve rimanere sinonimo della storia e della cultura di queste due specifiche zone del nostro Paese. I produttori di Amarone e di Sforzato devono andare giustamente fieri dei successi ottenuti dai loro vini e non devono permettere che si producano in Australia vini con metodo Amarone; esattamente come i francesi hanno fatto vietandoci, a ragione, di utilizzare la denomi¬ nazione metodo champenois per gli spumanti. Non è neanche il caso che gli stessi produttori dei due territori in questione si affannino ad abusare delle stesse innovazioni tecnologiche che hanno poi permesso di esportare le loro tecniche tradizionali: non è la via corretta per poi rivendicare primogeniture. Anche qui, come per tutte le tecniche di cantina che a volte sembrano risolvere ogni problema, una giusta via di mezzo, un equilibrio consapevole, permette di mantenere vivo nel tempo un patrimonio così prezioso che si difende anche con sacrifici e scelte dolorose, come quella di non produrre un vino importante in annate scarse: il mio amico Alexandre de Lur Saluces di Chàteau d'Yquem, anche lui presente a Verona, non fece uscire il vino nel 1974, riuscendo così ad amplificare ulteriormente il mito d'Yquem. Con questa serietà verso il proprio lavoro e questa passione per il proprio territorio, non ci sarà mai un Amarone australiano o uno Sforzato cileno in grado di scalfire un mito tutto nostro. c.petrìni@slowfood.it VINI QUOTIDIANI TREBBIANO D'ABRUZZO Gigi Piumatti VINI QUOTIDIANI TREBBIANO D'ABRUZZO Gigi Piumatti L'Abruzzo presenta una situazione in netta crescita qualitativa in questi ultimi anni. Il merito principale è naturalmente dei produttori, che hanno mostrato di credere nelle enormi potenzialità di un bacino produttivo storicamente interessante e molto vocato. Il quadro delle denominazioni è molto semplice, il che facilita ad orientarsi: in pratica l'Abruzzo vanta solamente tre Doc, di cui la più recente (Controguerra) investe una piccola fetta di territorio, mentre le altre due (Montepulciano e Trebbiano d'Abruzzo) interessano l'intera regione. Il Trebbiano è uno dei bianchì più diffusi e conosciuti del nostro Paese: è fresco, profumato e denota anche, nelle sue migliori versioni, una buona struttura, non disgiunta da una piacevole eleganza. L'istituzione della denominazione risale al 1972, con successiva modifica dieci anni fa. I vitigni impiegati sono trebbiano d'Abruzzo, trebbiano toscano e bombino bianco. Passando alle aziende, segnaliamo le valide selezioni di Agriverde (Ortona, 085 9032101), Cataldi Madonna (Ofena 085 4911680), Faraone (Colleranesco di Giulianova, 085 8071804), Camillo Mentori (Controguerra, 0861 809900) e Franco Pasetti (Francavilla al Mare, 085 61875).

Persone citate: Bruna Spadone, Camillo Mentori, Carlo Petrini, Cataldi Madonna, Faraone, Franco Pasetti, Gigi Piumatti, Giovanni Alemanno, Ortona