Radice al Toro: salva almeno la dignità di Bruno Bernardi

Radice al Toro: salva almeno la dignità L'ALLENATORE DELLO SCUDETTO 1976 PARAGONA LA STAGIONE ATTUALE A QUELLA '88-89, IL SUO ULTIMO ANNO SOTTO LA MOLE Radice al Toro: salva almeno la dignità «Deve lottare finché resta una speranza, poi pensare al futuro» intervista Bruno Bernardi TORINO OGGI non sarà a Reggio Emilia per vedere il «suo» Toro malato contro la Reggina dei miracoli: da anni non frequenta gli stadi. Gigi Radice, l'uomo che pilotò i granata alla conquista del primo e, sinora, unico scudetto post-Superga vive a Monza e, a 68 anni, segue il calcio con un certo distacco, da «pensionato completo», come ama definirsi. Ma dieci stagioni con il Toro sono una vita e la società granata gli è rimasta dentro. Radice soffre «da matti» nel vedere la squadra all'ultimo posto, con un piede e mezzo già in serie B a sole 11 giornate dalla fine. E parlando del 4 maggio, la giornata dell'orgoglio granata che i club stanno preparando per salvare un sogno, dice che sarà idealmente presente a Superga. Radice, l'ultimo suo anno a Torino, nell'88-89, finì con la retrocessione dopo l'awicendamento di tre allenatori: lei, Claudio Sala e Sergio Vatta. Quasi come la stagione attuale, con l'esonero di Camolese e Ulivieri, ora sostituiti da Zaccarelli e Ferri. Ci sono delle somiglianze tra i due campionati? «Difficile fare paragoni. Anche allora i risultati non arrivavano, la squadra faticava, i giocatori non si sentivano più tranquilli e c'era la contestazione. Il tifo torinista è molto sentito. Ma ogni annata calcistica ha la sua storia, i suoi perché. Questo Toro, grazie al lavoro intelligente di Camolese, sembrava finalmente tornato su livelli di "normalità", invece tutto è andato storto. Mi ha stupito l'esonero di Camola. E' dura trovare un gioco. Magari ci riesci in una gara, poi manca la continuità e, anziché avere la pazienza di aspettare che i problemi si risolvano, si cerca subito un colpevole, cominciando con l'allenatore per poi arrivare ai vertici societari». Chi secondo lei ha sbagliato di più tra società, staff tecnico e giocatori? «Dal di fuori non è semplice rispondere. Noto che, a differenza di quanto capitava ai miei tempi, si punta meno sui giovani fatti in casa. Manca un po' questo tipo di filosofia. E bisogna disporre di grosse cifre se si vogliono dei buoni giocatori». Qualche volta però i buoni giocatori ci sono e si lasciano andare via, come Antoni- no Asta che proprio lei lanciò nel Monza, in serie C. E' stato un errore non confermare il capitano-bandiera? «Lo consideravo un piccolo Di Livio ed è arrivato in Nazionale, ma il Toro avrà avuto le sue ragioni per non rinnovargli il contratto. Il calcio ha sempre troppa fretta. Vengono discussi Trapattoni, Capello e Cuper che invece, per i successi ottenuti. meriterebbero più rispetto». Il patron Cimminelli è nel mirino della tifoseria, come del resto era capitato - quando lei guidava il Toro - a Orfeo Pianelli, Sergio Rossi e poi Mario Gerbi fr Michel De Finis. Qual è la morale della favola? «Non conosco di persona Cimminelli e non posso giudicarlo. La contestazione, comunque, è una tirata d'orecchi per tutti». Gli incidenti durante la partita con il Milan, la gara sospesa, la lunga squalifica del campo. Quale messaggio indirizza alla Maratona? «Anche la tifoseria deve capire che non si può esagerare nel manifestare la propria delusione. Deve prendersi le proprie colpe e aiutare la squadra, nonostante tutto». Che cosa resta da salvare? «La dignità. E bisogna credere nella salvezza, lottando sino a quando è la matematica a condannarti. Come? Cercando di vincere qualche partita. Poi, a seconda della classifica, si potranno gettare le basi per il futuro. Quando poi dovesse essere sicura la retrocessione, si dovrà preparare una squadra per l'immediata risalita, scegliendo i giovani da lanciare, senza bruciarli». Ora tocca a Renato Zaccarelli e Giacomo Ferri, ai quali in avvenire potrebbero aggiungersi Roberto Graverò e, magari, Ezio Rossi in panchina, un altro suo ex allievo. Intanto Zac e Ferri, due rappresentanti del Toro «tremendista», riusciranno a restituire ai granata l'identità perduta? «Conoscono bene l'ambiente, lo spogliatoio, la città e hanno sicuramente idee valide da mettere in pratica. Zaccarelli ha grandi capacità e tanta esperienza. Quando giocava, in campo sapeva assumersi le proprie responsabilità. E Ferri ha lo spirito del vecchio Toro. Con loro due, la squadra è in buone mani». «Troppa fretta nell'esonero di Camolese. Asta? Il club avrà avuto i suoi motivi per non tenerlo. Punterei di più sui giovani. Zac e Ferri sono le persone giuste per risalire» Gigi Radice, 68 anni, in una foto di quando guidava il Toro, società nella quale trascorse dieci stagioni Oggi l'ex tecnico vive a Monza e segue il grande calcio con distacco, da «pensionato completo»

Luoghi citati: Monza, Reggio Emilia, Torino