Scudi umani: dateci garanzie di Francesca Paci

Scudi umani: dateci garanzie LETTERA DEI PACIFISTI ALLE AUTORITÀ DI BAGHDAD Scudi umani: dateci garanzie «Vogliamo presidiare solo obiettivi civili» retroscena Francesca Paci TORINO GARANZIE che i volontari saranno usati solo in difesa d'obiettivi «strettamente civili» e potranno, se vogliono, abbandonare la città liberamente. Lo chiede alle autorità irachene la nuova delegazione di «scudi umani» italiani in partenza per Baghdad. L'agronomo di Anzio Rodolfo Tucci, designer dello stemma a quattro colori con la scritta Human Shield, sta preparando la lettera in queste ore: i suoi saranno nella capitale di Saddam martedì 18 marfe, un giorno prima dell'attacco, secondo la possibile tabella di marcia statunitense. Tra venerdì e sabato tre pacifisti sono stati «accompagnati» fuori dall'Iraq come «ospiti non graditi». Lo racconta il trentacinquenne turco Tolga in una email spedita ieri al pediatra triestino Marino Andolina, prossimo alla sua seconda missione. «Sono ad Amman, in Giordania annuncia lo scudo di Istanbul -. Io, Eva e Nicola siamo stati gentilmente invitati ad andarcene». Benservito anche per l'ex marine americano Ken O'Keefe che, pare, si oppone con militaresca fierezza all'espulsione. La fine dell'idillio tra gli attivisti e l'organizzazione non governativa «Organization friendship and solidariety», che si fa carico del soggiorno degli stranieri, data una settimana. Hisham Al-Baghdadi, mister Baghdadi per tutti quelli che l'hanno incontrato ogni mattina all'ora di colazione nella hall dell'hotel Al Safeer, programma alla mano delle visite a ospedali e ponti distrutti nel 1991, ha accelerato i tempi: chi vuol lavorare si metta sotto, per gli altri «la vacanza» è finita. Secondo le informazioni di Andolina, s'è posto, allora, un problema d'obiettivi: «Gli scudi umani sono dichiaratamente disponibili a difendere postazioni civili come le centra- li idriche o elettriche, bersagli vietati dalle convenzioni di guerra seppur già bombardati nel precedente conflitto del Golfo». Gli iracheni hanno offerto brandine e coperte per presidiare le raffinerie di petrolio, e qualcuno ha detto no grazie. Il turco Tolga, battagliero militante di Greenpeace in patria, riconoscendo «il rischio ambientale d'un attacco agli stabilimenti petroliferi», s'è schierato. Alla fine, è stato ugualmente allontanato. Il pediatra di Trieste non sa spiegare la natura del dissenso, «la posta elettronica è controllata e i messaggi sono a dir poco essenziali». Però, aggiungerà allo zaino pieno di antibiotici e aspirine, «per gli ospedali a secco di medicine», una lettera di chiarimenti per le autorità di Baghdad: «Li ringraziamo dell'ospitalità, ma a uso nostro e loro vogliamo specificare che la scelta di stare lì è completamente autonoma». La definizione del ruolo degli Human Shield non è mera questione lessicale. Il 28 febbraio, il Pentagono ha stilato una lista di ventiquattro reati che saranno giudicati dai tribunali militari dopo la guerra. L'elenco comprende attacchi ai civili, uso di armi illecite, terrorismo, stupro, schieramento di scudi umani sia locali che stranieri, volontari o giornalisti. Nella hall dell'hotel Al Safeer, i pacifisti hanno appeso la copia d'una lettera indirizzata alle Nazioni Unite in cui dichiarano di «accettare il giudizio della Corte intemazionale, come chiesto dal ministro della Difesa americano, a condizione che, se provati innocenti, potranno chiedere sanzioni contro gli Stati Uniti». Gli attivisti temono d'essere presi in una morsa. Arriva sì la solidarietà d'Oltreoceano, dove l'organizzazione non governativa Human Rights Watch ha fatto sapere alla Casa Bianca che «se pure Saddam farà uso di scudi umani, gli americani non sono per questo assolti dall'attaccarli». A Baghdad la preoccupazione cresce con l'imminenza del conflitto: il rischio è riuscire a sopravvivere ai bombardamenti e passare poi, presso l'opinione pubblica mondiale, come ultimi alleati del raiss. «Paventando le cattive intenzioni di Washington, vogliamo un pezzo di carta firmato dagli iracheni che ci eviti di finire a Guantanamo, la base cubana dove il Pentagono detiene i prigionieri talebani», spiegherà Marino Andolina a mister Baghdad! Il pediatra con tre figli a Trieste, è pronto, «controvoglia», a prendere posizione accanto alle raffinerie. Insieme alla richiesta di garanzie porterà con sé, via Damasco, un piano d'evacuazione per l'inevitabile ritirata dei volontari quando i carri armati alleati entreranno in città: «Non abbiamo l'illusione di feraiare la guerra, speriamo di renderla un po' meno barbara». Alcuni attivisti hanno dovuto lasciare il paese come «ospiti non graditi» Il Pentagono: se gli uomini del regime useranno gli ostaggi, finiranno davanti alla Corte Penale Gli iracheni offrono brandine e coperte per presidiare le raffinerie I volontari: «Vogliamo un salvacondotto che riconosca il nostro ruolo indipendente»

Persone citate: Andolina, Baghdadi, Marino Andolina, Rodolfo Tucci, Shield