ORECCHIO DA MEDICO di Eugenia Tognotti

ORECCHIO DA MEDICO L'INVITO AD AUSCULTARE DI PIÙ I PAZIENTI ORECCHIO DA MEDICO Eugenia Tognotti DI troppa tecnologia si può anche morire. Sembra questo, pressappoco, il senso del messaggio - etico, prima ancora che tecnico-scientifico - che arriva da una fonte autorevole come il Centro per la lotta contro l'infarto. L'eccessiva fiducia dei cardiologi nell'analisi strumentale rischia di far passare come anomalie dati che rientrano nella normalità, mentre restano nascoste patologie reali, che potrebbero essere avvertite con l'auscultazione, il gesto principe dell'ars curandi nella medicina antica. Col risultato che la mortalità per malattie cardiovascolari continua nonostante i continui progressi nelle cure - a guidare sinistramente la graduatoria delle cause di morte nel nostro Occidente ricco, sovrappeso, sedentario. E, occorre aggiungere, sventato, se è vero - com'è vero - che la scure dell'infarto potrebbe essere assai meno minacciosa, in presenza di strategie preventive adeguate. Il richiamo ai medici a non sostituire con l'elettrocardiogramma l'ascolto del paziente; e, ancora, l'invito a ricorrere all'udito, il secondo, dopo la vista, dei cinque sensi su cui si basava la medicina ippocratica nella formulazione della diagnosi e della prognosi, assumono un valore e una forza più generali. Vi s'intravede la matura consapevolezza del pericolo che l'efficientissimo apparato tecnologico separi sempre di più il medico dal malato, riaffermando, anche, la perdurante importanza dell'udito del medico, proteso a cogliere tutta la gamma di rumori e suoni polmonari e cardiaci. Un'arte dimenticata o quasi, quella della diagnosi fondata sulla semeiotica fisica al letto del malato, già in crisi all'alba del XX secolo, quando la combinazione di metodiche di laboratorio e radiografie sembrava annunciare una nuova era in cui sarebbe stato possibile prescindere dall'ispezione dei malati. Qualche giovane medico, ai primi passi della professione arrivava addirittura a meravigliarsi se i pazienti si aspettavano l'auscultazione, «gente davvero strana» che avanzava la singolare pretesa che gli si guardasse la lingua e che gli si prendesse il polso. Da allora la frammentazione delle conoscenze e la loro deriva nello specialismo e nel tecnicismo esasperato hanno creato una sorta di diaframma tra medico e paziente, la cui relazione è l'elemento fondante di ogni atto medico. Ben venga dunque quest'esortazione all'ascolto e persino al contatto fisico col malato - attraverso l'antico atto dell'auscultazione e l'orecchio teso all'ascolto del battito cardiaco: tornare ad Ippocrate, con la sicurezza dell'enorme patrimonio tecnico-scientifico della medicina, non potrà che giovare all'antica arte della cura.

Luoghi citati: Ippocrate