Nolte, pace con la memoria ferita di Mario Baudino

Nolte, pace con la memoria ferita LO STUDIOSO TEDESCO FESTEGGIATO A MILANO DALL'UNIVERSITÀ CATTOLICA E DALLA FONDAZIONE LIBERAL Nolte, pace con la memoria ferita Mario Baudino ERNST Nolte racconta che, quando nell'Se, parlò su un quotidiano tedesco di un «nesso causale» tra bolscevismo . e nazismo, ovvero tra «le realtà' di sterminio del movimento ideologico precedente, quello comunista, e quelle del successivo "anti-movimento" del nazionalsocialismo radicalfascista... quasi tutti gli intellettuali di sinistra, con in testa Jùrgen Habermas, vi videro non solo un pericoloso attacco alla loro egemonia intellettuale stabilitasi con il 1968, che aveva sempre fetto di Auschwitz un assoluto, ma anche un'espressione della filosofia della Nato, che voleva mettere in discussione la coesistenza pacifica con l'Unione Sovietica». E' una ricostruzione maliziosa, fatta dal punto di vista di chi sente d'aver avuto ragione, o una ferita ancora aperta nella autobiografia intellettuale dello storico tedesco? Nolte ha da poco compiuto gli 80 anni, e ieri è stato festeggiato all'Università Cattolica di Milano dalla Fondazione Liberal con un convegno che aveva per titolo «La pacificazione delle memorie», introdotto dal rettore Lorenzo Omaghi e coordinato da Massimo De Angelis. Intorno allo studioso, per rendergli un omaggio non rituale, Ferdinando Adomato, Sergio Belardinelli, Biagio de Giovanni, Emanuele Severino e Sergio Romano. E' stata un'ottima occasione per lo storico, ora molto meno discusso e osteggiato che nell'86, per proporre ima riflessione su stesso e sulla propria opera anche in rapporto all'Italia. Il nostro paese gli ha riservato indubbiamente negli anni una vasta accoglienza, fatta non solo di polemiche ma anche di sincera attenzione alle sue tesi (basti pensare ai rapporti con Augusto Del Noce, Renzo De Felice e Leo Valiani), a differenza in fondo della Germania dove le sue opere sono suonate più «scandalose», e dove indubbiamente ha pagato un prezzo alto. Nolte ha rivelato ad esempio che meno di dieci anni fa una sua intervista televisiva gli costò la fine della collaborazione con le pagine culturali della Frankfurter Allgemeine Zeitung, e poi anche con quelle politiche. Ma già prima di questa esclusione dai media qualche mascalzone aveva provveduto a incendiargli l'automobile o, come accade a Berlino, ad assalire lui e un gruppo di studenti cattolici che l'avevano invitato a tenere una conferenza, impedendogli l'ingresso in Università e cercando di sfigurarlo con un lancio di liquido corrosivo sul volto. L'assalto fu una «punizione» per aver calunniato la «lotta del popolo russo per la libertà» o più in generale perché i suoi persecutori lo ritenevano pari pari un «nazista». Ma se le tesi di Nolte sulla «guerra civile europea» come scontro fra i due totalitarismi, comunista e nazista, non gli potevano essere perdonate nemmeno dopo la caduta del muro di Berlino, ciò non significa forse che quella «guerra civile» non è ancora finita, che quel passato non vuol passare e in alcuni casi non passa? Sono domande che non solo coinvolgono il senso della storia europea più recente, il cammino verso la «pacificazione», ma anche e soprattutto il senso che uno studioso può dare alla propria opera. Nolte risponde nel modo più lineare, rivendicando un'impo¬ stazione che non è mutata negli anni. Per il suo primo libro del '63, tradotto in Italia col titolo Tre volti del fascismo, racconta, «studiai con un'accuratezza allora ancora inusuale i primi discorsi, scritti e articoli di Hitler, come pure il suo ambiente. Sono giunto al risultato che l'impulso che maggiormente muoveva Hitler era effettivamente l'antimarxismo, e che il suo antisemitismo doveva essere soprattutto una chiave per spiegare il fenomeno, per lui autenticamente enigmatico, cioè l'avvicinamento di una grande minoranza del popolo tedesco a quei partiti "antinazionali" che agli occhi di Hitler erano marxisti o semimarxisti». Di qui arrivò alla comprensione dello sterminio degli ebrei come caratteristica centrale e specifica del nazismo: e fu il primo storico non ebreo a formulare questa analisi, che è difficilmente iscrivibile a un contesto ideologico di «destra», anche se ricorda molto da vici¬ no l'operazione parallela che Renzo De Felice fece lavorando Mussolini, e che gli costò analoghe critiche, riassumibili in un termine diventato molto popolare: «revisionismo». Nolte nel suo lungo discorso di ieri non ha mai rivendicato la parola sottolineata invece con forza per esempio da Adomato, per ricordare che «dopo un secolo come il Ventesimo, il revisionismo è un obbligo, se vogliamo uscire dalla politica ideologica». Perché anche in Italia questo processo è così difficile, si è chiesto il presidente della Fondazione Liberal e della commissione parlamentare per la cultura? Le risposte finiscono fatalmente nel dibattito politico culturale, che di questi tempi sembra più avvelenato che mai. Ma lo scenario di Nolte, della guerra civile europea come scontro tra bolscevismo e nazismo, toglie di mezzo qualsiasi divisione manichea tra «bene» e «male», e questo è probabilmente ciò che davvero fatica ad essere accettato, in Italia come in Germania, come in Francia, se non con infinite resistenze. Lo storico però rivendica con forza, anche su un aspetto così essenziale del suo pensiero, una posizione fortemente razionale ed etica: «Non è vero - dice - che la mia rappresentazione della "guerra civile europea" e della "guerra civile mondiale" del Ventesimo secolo possa dare l'impressione che in questi conflitti le potenze coinvolte avessero in eguale misura sia ragione sia torto». «Non accetto il concetto di "egual misura"», ribadisce. Perché come commenta Romano, il concetto di "male" assoluto nega la possibilità di fare storia. «Presi sul serio le interpretazioni hitleriane e non le liquidai, come è consueto fare oggi, come mere ossessioni o finzioni»: alla fine è questo il messaggio che Nolte consegna ai suoi lettori e alla comunità degli studiosi. E' un'immagine molto diversa dalla caricatura che spesso ne è stata fatta. Ora che le polemiche sul revisionismo sono attenuate, lo storico rivendica con forza la sua visione etica del passato Lo storico tedesco Ernst Nolte: ha appena compiuto ottant'anni