Sugli schermi di «Al Iraq» un megasport per Saddam

Sugli schermi di «Al Iraq» un megasport per Saddam UNA GIORNATA DAVANTI ALLA TELEVISIONE Di BAGHDAD Sugli schermi di «Al Iraq» un megasport per Saddam Cantanti vestiti come funzionari di banca, telegiornali, programmi culturali, deserti favolosi, ma soprattutto immagini paterne del Raiss reportage Jacopo lacoboni DESERTI favolosi sotto cieli azzurri, cantanti vestiti come Toto Cotugno che inneggiano a Saddam mani sul cuore, talk show scenograficamente simili a una vendita di tappeti su Telelombardia... Benvenuti su «Al Iraq»: questa, non l'accidentale» Al Jazeera, è la tv per vedere Baghdad. E poi: palmizi che quasi quasi vorresti esser lì, automobili praticamente in ogni ripresa (cento litri di benzina costano un dollaro), industrie esibite come paradiso dell'efficienza, esibiti anche i martiri della guerra del Golfo, fucili e scimitarre associati a nenie minacciose, tg che si aprono con la faccia del Raiss, programmi sulla Palestina che cominciano con l'immagine di un proiettile in testa a Sharon, il leggendario cronista Bob Woodward tradotto in arabo perché sta criticando Bush, interviste ritrasmesse a loop, Aziz che marca stretto gli intervistati, riprese lentissime, niente diretta, Saddam a cavallo, Saddam che spara, Saddam che accarezza una bambina e poi ima vecchia. Su suggerimento della comunità intemettiana - andate per esempio su www.labranca.co. uk - ci trascorri due giornate ipnotizzato davanti. Se è la tv che fa un Paese, per intravedere in che modo a quel popolo viene presentata l'eventualità di una guerra basta oltrepassare (sul decoder) l'Arabia e fermarsi prima dell'Iran. Questo è ciò che vedi e capisci grazie a una traduttrice araba di nome Samia. TELERADIO SADDAM. Alle sette e venti della serata locale un cantante abbigliato come un funzionario di banca, accanto a un mausoleo su cui scintillano fuochi d'artificio verdognoli, intona un tnotivo accattivante. La mimica del melodista è incomprensibile a un occhio occidentale: dai gesti penseresti che sta parlando, non che canta. La canzone, romantica, dice cose come «tu che visiti tutti nelle loro case», «siamo una famiglia e tu ne sei il dio», «tu sei l'aria che respiriamo». Stacco, appare Saddam vestito con cappello di astrakan che accarezza un bambino. Subito dopo, Saddam abbracciato da donne festanti. Ancora il cantante, immoto e sorridente. Poi Saddam che spara, Saddam a cavallo da giovane. Saddam al computer. Musica: «E noi abbiamo Saddam, e voi fate quello che vi pare». SCIABOLE FICTION E VIDEOTAPE. I videoclip, al cui confronto Michael Jackson in «Thriller» (anno: 1982) sembra roba avveniristica, parrebbero rudimentali. In realtà è probabile che riflettano un'altra concezione del tempo. Si rischia l'effetto filmino prima comunione, in compenso questi video sono un piatto forte della tv, ottime sciabole di un'amena propaganda. C'è un intero programma dedicato a lingua, canti e cultura curda. Le donne fanno da sfondo, vestite per lo più in modo elegante (abbondano damaschi) e senza l'hijab: stando a questo canale il velo in Iraq quasi non esiste, le pashmine tipo inviata di guerra occidentale sì. In un programma pomeridiano il Fazzuoli locale mostra come costruire quelli che sono parsi modellini in argilla. In uno serale sul calcio intervistano il figlio di Saddam, Uday, non si capisce se Bacchiano o trapattoniano. In una fiction amorosa notturna l'attore principale ha turbante e scimitarra ma non è Kabir Bedi. La scena erotica consiste in uno sguardo indescri¬ vibile alla donna. Titoli di coda. Saddam che spara, Saddam a cavallo da giovane, Saddam che accarezza una bambina e poi una vecchia. Senza musica, stavolta. TG SPEAKER SOSIA E AZIZ. Canzoni, video, fuochi d'artificio su Baghdad di notte: tutto converge su di lui, il Raiss. Fuma continuamente un sigarone; in un documentario sul «museo della donna» appare ritratto con signora; compare puntualmente in apertura dei tg. Non solo perché quasi sempre è su di lui il primo servizio: è su di lui anche la sigla dogo: l'immancabile mondo che gira), una specie di tarantella e sul video, in alto a destra, la faccia del dittatore. Il tg delle sette è letto da un uomo che indossa un completo shantung con cravatta nera e anello al dito. Quelli successivi (otto, otto e trenta e così via) da una coppia di speaker identici, e identici anche a Saddam. L'impaginazione non è anglofila come quella di Al Jazeera: lunghe letture da studio, collegamenti dall'estero soprattutto con città arabe (Doha, Il Cairo). Nel mondo extramusulmano la città che sembra apparire più spesso è Mosca, ma anche Parigi tira molto. Scaletta dei tg di ieri: Saddam che dice «bombardando l'Iraq non troveranno solo la nostra armata, troveranno tutto il nostro popolo». I cinesi che con Russia e Francia sono con¬ tro la guerra. De Villepin a tutto spiano. Dopo: marce pacifiste parigine, «abbiamo amici in tutto il mondo». Notizia sui poeti americani che hanno inventato il sito «stop the war». BUSH E COCA COLA: NO GRAZIE. In due giorni il presidente americano compare due volte, una davanti alla scritta «Bush at war». Vengono intervistati di continuo i militari e un po' meno, è sembrato, i religiosi. I gruppi di uomini che brandiscono fucili cantando nenie sono più frequenti delle litanìe del muezzin. In un'intervista un generale risponde a domande geopolitiche (dialogo tipo: «Che farete se i nemici americani ci attaccheranno?» «Resisteremo fino alla morte e sarà peggio per loro»). Tareq Aziz lo marca come Gentile a Spagna '82, nel caso il generale si mettesse strane idee. Comunque, niente è in diretta (a parte, forse, tg e previsioni del tempo). Di personaggi occidentali neanche l'ombra. In compenso il numero due del regime compare spesso, diciamo una volta ogni quattro interviste. Più di lui: solo Saddam, che tra l'altro usa il network Al Iraq per diramare i suoi discorsi alla nazione. L'America non si critica: si cancella. Coca cola no grazie, solo una volta s'intravede il Raiss, caritatevole, che dà una pepsi da bere a un bimbo. OSAMA. Bin Laden, semphcemente, non c'è. In quasi due giornate la faccia dell'emiro non è mai apparsa, né in un tg né, tanto meno, in immagini edificanti come quelle dei pellegrinaggi alla Ka'bah araba, spettacoli oltretutto bellissimi a vedersi, che Al Iraq non lesina. Significherà qualcosa? TUTTOSPOT. Significa che lo spot-Al Qaeda sul canale Baghdad non passa. Anche gli spot veri e propri - punto di contatto, nel mondo global, tra tv diversissime come Rai, Cnn, Bbc, Al Jazeera oppure Orbit - qui sono praticamente assenti causa embargo. E poi interromperebbero il flusso continuo e ripetitivo che sembra la base del canale, perché è tutta questa tv che deve essere un ininterrotto e fluorescente spot: «E noi abbiamo Saddam e voi fate quello che vi pare». La sua figura appare dovunque: a cavallo, mentre spara o accarezza una bambina Ripetuta, quasi con potere ipnotico «Siamo una famiglia e tu ne sei il dio», intona la canzone: «Tu sei l'aria che respiriamo» E rieccolo, questa volta festeggiato dalle donne Anche i «mezzibusti» gli assomigliano. E nei programmi l'America non si critica, si cancella Un cantante Intona un Inno al Raiss di Baghdad Un mezzobusto del telegiornale Saddam con un gruppo di ufficiali discute della guerra imminente