Il momento magico di Sofia e il fascino sottile di Luanda

Il momento magico di Sofia e il fascino sottile di Luanda AL CONSIGLIO DI SICUREZZA LA BATTAGLIA PER I VOTI DEI MEMBRI NON PERMANENTI TRA WASHINGTON E PARIGI Il momento magico di Sofia e il fascino sottile di Luanda I Paesi incerti (sei su dieci) vengono contesi dalle due parti a colpi di pressioni politiche e commerciali, promesse e minacce di ritorsioni retroscena Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK IL nuovo braccio di ferro all' Onu ha per protagonisti George Bush e Jacques Chirac, che si contendono a colpi di pressioni politiche e commerciali i voti dei membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza indispensabili per far approvare o respingere la seconda risoluzione sull'attacco all'Iraq. Nella gara sui dieci Paesi «in palio» Parigi e Washington partono da un 2 a 2: Chirac ha al suo fianco la Germania di Schroeder e la Siria di Bashar Assad, Bush la Spagna di Aznar e la Bulgaria. Proprio il piccolo Paese balcanico è la novità che fa più discutere nei corridoi del Palazzo di Vetro. Quando lo scorso 25 febbraio Simeone di SassoniaCoburgo Gotha varcò la soglia della Casa Bianca ricevette un' accoglienza senza precedenti per un premier di Bulgaria. Guardia d'onore, marines schierati sul prato verde, durata dell'incontro nell'Ufficio Ovale e temi in agenda non erano molto diversi da quelli solitamente riservati al primo degli alleati, il britannico Tony Blair. L'ex sovrano divenuto capo del governo di Sofia grazie a un voto plebiscitario sta trasformando quello che era l'alleato più fedele dell'Urss nel Patto di Varsavia nel partner privilegiato degli Stati Uniti nei Balcani. Gli americani finora conoscevano la Bulgaria per aver tentato di aderire all'Urss, aver dato i datali a Cari Djerassi, inventore della pillola, e il passaporto a Christo, l'artista che fra due anni ricoprirà d'arancione Central Park, ma adesso si stanno abituando a considerarla un perno della nuova alleanza contro il terrorismo. La scelta decisiva di Simeone è stata di offrire al Pentagono le basi necessarie per il ponte aereo verso la zona d'operazioni nel Golfo Persico. E' stato il ministro della Difesa, Nikolai Svinarov, a comunicarlo di persona al collega americano Donald Rumsfeld, che di rimando ha avanzato l'ipotesi di spostare in Bulgaria (e Romania) gran parte dei contingenti militari americani di base, dal 1945 nella Germania divenuta ormai assai poco ospitale. I diciotto aerei e quasi mille soldati Usa già accolti nella base di Burgas, sul Mar Nero, sono solo l'inizio di una partnership militare che sta già dando frutti concreti al govemo di Simeone, come l'imminente decisione da parte del Congresso di definire la Bulgaria una «economia di mercato» facihtando così l'accelerazione dell' export verso gli Stati Uniti. Ma oltre il consolidato 2-2 la partita fra Bush e Chirac appare apertissima sui sei rimanenti Paesi: Cile, Messico, Pakistan, Camerun, Guinea ed Angola. Nessuno dei due leader risparmia cartucce. Le pressioni maggiori di Washington sono sui due membri latinoamericani. Per convincere il Cile a rompere gli indugi è in attesa d'approvazione da parte del Congresso un accordo sul libero commercio che non ha nulla da invidiare a quelli del'accordo «Nafta» con Messico e Canada. Il presidente messicano, Vicente Fox, dal canto suo sa bene che la ripresa economica nazionale è legata proprio al «Nafta» e agli scambi con la Spagna, cofirmataria della seconda risoluzione. Senza il sostegno di Bush e Aznar, per Fox sarebbe difficile gestire le finanze nazionali. Non a caso ieri l'ambasciatore Usa a Città del Messico, Tony Garza, si è limitato ad avvertirlo sulle conseguente negative di un «inasprimento» dei rapporti bilaterali. Se invece fosse il Pakistan a respingere l'appello al voto da parte del Segretario di Stato, Colin Powell, le conseguenze economiche potrebbero equivalere a un terremoto: Islamabad ha appena ricevuto un nuovo, ingente prestito dal Fondo monetario intemazionale, del quale gli Usa detengono il maggior numero di quote, e ne hanno già richiesto un altro di 305 milioni di dollari. Anche senza essere obbligato a mettere sul piatto l'alleanza antiterrorismo contro Al Qaeda, Bush ha a disposizione efficaci strumenti di persuasione sul presidente Musharraf: un primo segnale di incoraggiamento al Pakistan è arrivato con il voto della Camera dei Rappresentanti che ha approvato norme per facilitare l'importazione di tappeti. La Francia sembra dare per scontato che Cile, Messico e Pakistan si uniranno in qualche maniera alla Bulgaria al momento del voto e concentra il tentativo di interdizione sui tre Paesi africani, Camerun, Guinea ed Angola. Per il Camerun non ascoltare Chirac è proibitivo: la Francia ha versato 126 milioni di dollari di aiuti solo nel 2001 e con 160 compagnie gestisce grande parte del mercato del greggio nazionale, compresa la costruzione di un nuovo oleodotto. Sull'Angola è quasi un testa a testa: gli Usa sono il primo investitore straniero, la Francia il secondo. Bush ha mandato a Luanda due inviati speciali in dieci giorni, Chirac ha gettato sul piatto le relazioni privilegiate suggellate all'ultimo vertice franco-francese. Anche la Guinea è contesa a colpi di dollari: Chirac può vantare di essere il maggior elargitore di prestiti, ma Bush nel 2002 ha donato 31,8 milioni di dollari, sei volte tanto quelli arrivati da Parigi. Nel complesso il duello potrebbe risolversi numericamente a favore della Casa Bianca, ma se l'Eliseo riuscisse a strappare un unico voto degli incerti vincerebbe l'intera partita, perché solo con il consenso di tutti e sei i Paesi contesi i tre sponsor della seconda risoluzione riusciranno a raggiungere la fatidica «quota 9» necessaria per ottenere la maggioranza semplice. E quindi obbligando Francia, Russia e Cina a uscire allo scoperto usando il veto se vorranno bloccare la risoluzione sull'attacco all'Iraq. Simeone di Bulgaria, ex re in esilio divenuto primo ministro del Paese balcanico ALTALENA AL PALAZZO DI VETRO BULGARIA La Bulgaria non vuole tornare indietro sulla decisione di dare pieno sostegno agli Stati Uniti (pagata daWashingtoj^l J mijiatdi di dollari, cioè l'intero ammontare del debito chef Iraq ha con Sofia), ma téme che le minacce del presidente francese Jacques Chirac ai firmatari della dichiarazione di Wlnlus - tutti asjDiranti a entrare nell'Ue che si sono allineati a Efósh'tìJhtro Sàttòam Hussein - possano compromettere la sua adesione all'Unione europea, proprio ora che si sta concretizzando. u MESSICO Il presidente Vicente Fox (considerato molto ,, vicino a Bush) ha espresso risen/e sull'ipotesi cii un'azione militare ma non ha ancora detto come il Messico intenda votare se la risoluzione verrà messa ai voti. Rifiutare il proprio voto potrebbe rivelarsi molto costoso: gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale del Messico e il Paese in cui yivono venti milioni di immigrati, già esposti a più rigide misure di sicurezza dopo gli attacchi dell'11 settembre CILE Destra e sinistra sono contrarie all'attacco e | fanno pressione sul presidente Ricardo Lagos che resiste alle telefonate di Tony Blair e punta, insieme a Messico e Pakistan, a una terza via, diversa da quelle proposte dalla Francia e dagli Stati Uniti: una breve finestra all'Iraq perché proceda in modo ANGOLA Non ha ancora assunto una posizione definitiva —j sulla crisi irachena. Dedcierà come votare dopo che il capo degli ispettori Hans Blix avrà presentato il suo rapporto. CAMERUN 1 Non vuote unattacco all'Iraq e preferisce si J dare più tempo agli ispettori Onu. Al vertice dei Paesi non allineati ha appoggiato la posizione francese. Punta a una soluzione pacifira della crisi, ma aggiunge che dipende da quanto collabora l'Iraq Im GUINEA I E' ancora indecisa, spera in una soluzione I negoziata e pacifica. E il ministro degli Esteri dice: «Dedderemo in modo indipendente, eventuali incentivi economici non influenzeranno il nostro giudizio» PAKISTAN Terribile dilemma: mettere a repentaglio il legame con gli Stati Uniti o infiammare le piazze islamiche. Il presidente Musharraf aspetterà l'ultimo istante per decidere, sperando che il lavorio dietro le quinte dell'Onu insieme a Cile e Messico dia qualche frutto SIRIA Unico Paese arabo presente nel Consiglio ,, Sicurezza, ha migliorato le sue relazioni con 'Iraq e continua a opporsi air eventualità di un intervento militare. L'ultima speranza di ottenere il suo voto è affidata a una trattativa con l'inviato di Londra a Damasco.