«Il nostro non è ancora un vero e proprio veto» di Emanuele Novazio
«Il nostro non è ancora un vero e proprio veto» IL VICE MINISTRO DEGÙ ESTERI RUSSO: SI' AL DISARMO, NO AL CAMBIAMENTO DI REGIME «Il nostro non è ancora un vero e proprio veto» Meshkov: proseguire sulla strada delle ispezioni, nessun bisogno di nuove risoluzioni intervista Emanuele Novazio ROMA --IL nostro non è ancora un vero e WI proprio veto: la Russia continua a lavorare per conservare l'unità del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma una risoluzione che contiene un passo automatico verso l'uso della forza è inaccettabile». Il viceministro degli Esteri russo Aleksej Meshkov, a Roma per un convegno dell'«Aspen Institute», conferma le frizioni fra Mosca e Washington sulla crisi irachena: «In questo momento non c'è bisogno di nessuna nuova risoluzione», dice. Se la nuova risoluzione presentata da Usa, Gran Bretagna e Spagna andasse al voto la Russia vi opporrebbe il veto? «Gli ispettori sono al lavoro e abbiamo presentato un memorandum con Francia e Germania perché sia migliorato. Bisogna proseguire su questa strada: la maggior parte dei Paesi membri del Consiglio di Sicurezza hanno questa stessa posizione». Come reagirà la Russia se Bush non terrà conto dell'Onu, come sembra probabile, e deciderà una guerra unilaterale? «Non lavoriamo nel regime dei "se", ma stiamo ai fatti: Bush ha ripetuto spesso al presidente Putin che il suo scopo prioritario è ottenere il disarmo dell'Iraq seguendo la via politi¬ ca». Mosca ha interessi molto concreti a sviluppare le relazioni con Washington. Putin oserà metterle a rischio? «Riconosciamo l'importanza della situazione che si è creata intorno all'Iraq, ma le relazioni fra i nostri Paesi vanno ben al di là di questo. Stati Uniti e Russia sono le maggiori potenze nucleari: il loro dialogo strategico è decisivo per il mondo intero. Negli ultimi due anni, del resto, sono stati compiuti progressi nelle nostre relazioni non solo in campo strategico, ma anche in campo economico e nella lotta al terrorismo. E Washington sa che vogliamo mantenere l'unità della coalizione intemazionale creatasi dopo l'I 1 settembre». L'opposizione di Putin alla linea Bush nasce anche da un gioco al rialzo per ottenere maggiore influenza nel dopo Saddam? «La sostanza della nostra posizione non consiste in questo. La nostra priorità è ottenere la garanzia che in Iraq non esistono armi di distruzione di massa. Siamo profondamente convinti che l'Iraq deve osservare tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, ma siamo altrettanto convinti che una risposta chiara e concreta sull'esistenza di queste armi possono darla soltanto gli ispettori. Stanno facendo un lavoro efficace, vogliamo che continuino a farlo secondo le modalità e i tempi che abbiamo indicato nel nostro memorandum: le guerre hanno sempre gravissi- me conseguenze, pertutti». Che ruolo intende riservarsi, la Russia, nella riorganizzazione dell'Iraq nel dopo-Saddam? «In questo momento stiamo lavorando in un'altra direzione: il nostro scopo è fare in modo che in Iraq non esistano armi di distruzione di massa». Ma Bush ha fatto capire che vuole un cambio di regime. «Nessuna risoluzione parla di cambio di regime. La 1441 è stata approvata all'unanimità e non ha perso la sua efficacia. Non possiamo decidere noi la sorte dei popoli». Come giudica la posizione italiana dopo la lettera di sostegno a Bush? «Nessuno esclude la possibilità di usare la forza, ma resta una misura estrema e spetta al Consiglio di Sicurezza decidere. Tutti vogliamo che l'Iraq non costituisca una minaccia: su questa base, dobbiamo fare in modo che posizioni diverse possano diventare comuni».
Persone citate: Aleksej Meshkov, Bush, Meshkov, Putin
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