Salvatores in 14 danze di Osvaldo Guerrieri

Salvatores in 14 danze IN UN REGIO PRESO D'ASSALTO BOSSO DIRIGE LE MUSICHE DELL'ULTIMO FILM Salvatores in 14 danze «Così si fondono note e immagini» Osvaldo Guerrieri TORINO In un mondo nel quale tutti cercano di essere diversi, alcuni vorrebbero essere uguali: i bambini. Che magnifica eresia. E che splendida utopia. In ogni caso, suggestioni forti, con le quali Gabriele Salvatores ha richiamato ieri sera al Regio una tale quantità di pubblico che il teatro non sapeva dove mettere. La platea era stracolma di spettatori comuni e di invitati di rango, mentre lì, sul palcoscenico, Gabriele Salvatores spargeva i semi della sua passione poetica con «Io non ho paura», il reading nato intomo al film che il regista ha tratto dal romanzo di Niccolò Ammaniti edito nel 2001 da Einaudi e presentato al Festival cinematografico di Berlino (uscirà nelle sale italiane il 14 marzo). Per far capire meglio il senso della serata, Salvatores l'ha corredata del sottotitolo «14 danze per bambini intorno a un buco». Il sottotitolo è perfetto: allude ai quattordici pezzi musicali composti da Ezio Bosso per il film, e al buco nel quale Michele scopre Filippo, un bambino della sua età nascosto in quel pertugio da coloro che l'hanno rapito. Magro e vestito rigorosamente di nero, Salvatores ha officiato il suo rito con il Quartetto di Torino che eseguiva le «Danze» dirette dallo stesso Bosso, musicista torinese emigrato a Roma. Sul fondo, uno schermo cinematografico irradiava di quando in quando alcune scene del film: l'incontro tra i due ragazzi, la loro solidarietà e l'amicizia che sfida regole crudeli, la visione del paesaggio calabrese fotografato ad altezza di bambino. Si creava un intreccio di parola, musica e immagine col quale prendeva forma l'universo parallelo che si condensava nell'animo del regista mentre realizzava il film. Una specie di diario mentale, fitto di sensazioni e di rimandi. Il ricordo di quell'esperienza faceva sì che Salvatores non si limitasse soltanto a leggere le pagine di Ammaniti o a raccontare alcuni momenti della lavorazione, ma riproponesse gli autori che all'epoca gli occupavano il pensiero: Brecht, Shakespeare, Pasolini, Conrad, Lewis Carrol. Un'emozione non si può raccontare. Un'emozione bisogna farla scoprire. Così ha detto Salvatores. E lui ha cercato di fornire al pubblico un bandolo agendo da attore, l'attore che egli stesso è stato molti anni fa, al Teatro dell'Elfo. Aderisce al racconto, entra nel racconto. Per esempio quando apre una botola del palcoscenico, come se la botola fosse il buco terribile, e da lì estrae manciate di terra, un panno rosso, un foglio di carta da cui legge la famosa affermazione di Brecht che dice: prima di farci parlare, fateci mangiare. In un altro momento che strappa l'applauso, Salvatores legge un passo dalla «Tempesta» di Shakespeare mentre, alle sue spalle. Bosso gli fa piovere addosso un'acqua fitta che fa apparire ed aprire un ombrello. Salvatores legge e parla, crea un clima, sottolinea una distorsione. Finché, nel finale, sorge una nuova suggestione. Lo schermo su cui abbiamo visto le immagini del film diventa diafano e lascia intravedere come un'ombra l'Orchestra del Regio impegnata nell'esecuzione di un Andante per violino di Vivaldi. Quando il brano sta per terminare, il velario si alza e rende visibili gli orchestrah. Non ci sono più trucchi, sono finite le evocazioni. Siamo nel pieno dominio della musica. E la musica è come la vita: vale se è suonata insieme. Applausi? No, un boato. Alla stregua di un tour promozionale, «Io non ho paura» sarà il 17 marzo al Teatro dell'Elfo di Milano e il 19 all'Auditorium di Roma. Una scena del film di Gabriele Salvatores «lo non ho paura». Ieri sera si sono alternati sul palco del Teatro Regio danze, letture e dramatizzazioni della colonna sonora del torinese Ezio Bosso

Luoghi citati: Berlino, Milano, Roma, Torino