Il proclama di Desdemona «Noi br alleati con gli islamici»
Il proclama di Desdemona «Noi br alleati con gli islamici» L'AVVOCATO: NON E UNA RIVENDICAZIONE MA UN DOCUMENTO POLITICO PRIVATO Il proclama di Desdemona «Noi br alleati con gli islamici» La terrorista legge in carcere sei pagine: «Disarticoliamo l'asse Conf industria-sindacati, onore a Galesi, la sparatoria è stata accidentale». Nel testo «contrapposizione» a Berlusconi Vincenzo Tessandori inviato a FIRENZE Rivendicazione molto privata di un molto privato delirio chiamato «lotta armata». Nadia Desdemona Lioce, un «capo», forse, in un'organizzazione che dovrebbe essere di tutti uguali, in manette da domenica dopo una tragica sparatoria sul diretto Roma-Firenze, stringe una decina di fogli di quaderno a quadretti scritti con grafia rotondeggiante. E dice: «Ora leggo». I pubbhci ministero Franco lonta e Pietro Saviotti e il giudice per le indagini preliminari Maria Teresa Covatta, di Roma, la fissano con attenzione. E vigile è pure il difensore, Attilio Baccioli, di Livorno. Le 10 di mattina. Lei ha già detto quello che sanno tutti; «Sono prigioniera politica e militante delle Brigate rosse-Partito combattente comunista». Nel silenzio della stanza al primo piano dalle pareti bianche tappezzate da manifesti con veduta della Toscana turistica, si spetta il resto. E il seguito è: «Quanto accaduto domenica è stato un fatto puramente accidentale». Anche se «il compagno Galesi ha messo a disposizióne della rivoluzione le proprie energie senza limiti». In altre parole, il poliziotto assassinato e quello ferito, il compagno ucciso, il suo stesso arresto: tutto da mettere nel conto come danni collaterali, inevitabili in una guerra come in ima rivoluzione. Quale rivoluzione? La risposta è immediata, e sgomenta. «La linea politica di attacco al cuore dello Stato si è espressa lungo tutta l'attività e da ultimo con l'attentato a Biagi, attacco al progetto di rimodemizzazione economico-sociale e istituzionale». Insomma, un appello per una «contrapposizione al governo Berlusconi e al tentativo di riavviare la riforma Biagi» seguito dall'indicazione di porre sullo stesso piano «confindustria e sindacati». Ciò che sembra estraneo a questa chiamiamola linea strategica è una sparatoria come quella sul treno. «Conseguentemente a tale impostazione generale le forze rivoluzionarie evitano lo scontro col nemico se non ha questo obiettivo». L'attacco al cuore dello Stato, dunque: furono definiti così il sequestro del magistrato genovese Mario Sossi nel 74 e il rapimento, «processo proletario» e assassinio di Aldo Moro, quattro anni più tardi: in ère pohtiche ormai remote. Insomma, un programma compheato, forse troppo, e così emerge un tentativo di banalizzarlo, renderlo più accettabile. Meglio allargare l'orizzonte della lotta, toccare un contesto internazionale e attuale: «Invoco solidarietà per le masse arabe e islamiche espropriate e umiliate che insieme al proletariato metropolitano, di cui sono il naturale alleato, devono contrapporsi e reagire alla nuova fase di rafforzamento dei governi borghesi». Naturalmente, l'ccofferta» di alleanza sembra rivolta più ai palestinesi che ai terroristi di Al Qaeda. Tocca poi all'avvocato Baccioli chiosare il documento: «Una presa di posizione politica della mia cliente, non una rivendicazione dei delitti Biagi e D'Antona». Il legale ha quindi spiegato: «L'altro giorno ho assistito all'autopsia su Galesi primo perché fa parte del procedimento che riguarda la mia cliente, secondo perché era un omaggio dovuto a un uomo che è stato ucciso. I suoi famUiari non sono venuti a reclamare la salma perché se si presentassero, li inter¬ cetterebbero e pedalerebbero per tre anni. Io stesso penso di essere stato seguito, anche se questo è il mio lavoro». Confermato l'arresto dal gip di Arezzo, per il concorso in omicidio aggravato dalle finalità di terrorismo, la brigatista Nadia Desdemona Lioce è ora al centro anche delle magistrature di Bologna e Roma, che si legge delitto Biagi e delitto D'Antona e sul suo nome, garantisce il dottor Saviotti, «ci lavoriamo concretamente quantomeno dal giugno-luglio dello scorso anno. Fino ad ottenere, appunto, le misure cautelari per banda armata». Ma come sono strutturate, oggi, le Brigate rosse? Osserva il dottor lonta: «L'organizzazione è più elastica rispetto al passato. Quindi non si può parlare di colonna, ma probabilmente di una struttura unica». Una sorta di commando itinerante, difficile da localizzare se qualcuno dei suoi componenti non cade nell'errore di lasciarsi die¬ tro tracce. Come quelle trovate indosso alla brigatista catturata e al suo compagno morto. Numeri di telefono, chiose in codice, in ogni mòdo un lungo filo che, per il momento, non ha portato a quello che si aspettano gli inquirenti: l'incontro con altri brigatisti o, almeno, la scoperta di basi. «Ma come si fa a scoprirlo, un covo?», si chiedeva ieri Francesco Flemy, procuratore aggiunto di Firenze. «C'è un unico sistema: avere qualcuno che ti ci porta, che racconta i segreti dall'interno, insomma, con un infiltrato». Anche se è sottinteso, lui il nome di Patrizio Peci non lo fa, ma risale ancora più indietro, parla di Frate Mitra, il primo infiltrato. E non spiega perché, oggi, nessuno abbia pensato a un nuovo Frate Mitra. E sottolinea: «A un certo punto si deve calare il riserbo». Tutto questo, e anche altro, si porta dietro quella rivendicazione molto privata di un molto privato delirio. Desdemona Lioce, la brigatista arrestata domenica, ha letto in carcere un «documento politico» sulle nuove Br
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