Un no a Bush? A Mosca nessuno ci crede

Un no a Bush? A Mosca nessuno ci crede Un no a Bush? A Mosca nessuno ci crede Per gì i analisti Putin sta giocando abilmente su due scacchiere (e sul rialzo del greggio) Anna Zsifesova MOSCA A Parifji il capo della diplomazia russa Igor Ivanov annuncia che il suo Paese è pronto a ricorrere al diritto di veto per bloccare al Consiglio di Sicurezza «uno sviluppo catastrofico» della crisi irachena. A Washington Ari Fleischer invita a non trarre da questa dichiarazione la conclusione che ci sarà un veto russo per salvare Saddam Huss.ein. A Mosca, almeno a sentire gli esperti di politica estera, a leggere i giornali, ad ascoltare «fonti informate» vicine al Cremlino, si pai-la della guerra e del sostegno che, in qualche forma, la Russia offrirà agli Stati Uniti come di un evento imminente e ormai deciso. Con lo slogan del «pragmati¬ smo», l'elite moscovita è convinta che Vladimir Putin debba schierarsi con George Bush, a certe condizioni ovviamente. Una settimana fa il presidente russo ha mandato in missione a Washington imo dei suoi uomini più fidati, il capo dell'amministrazione del Cremlino Alexandr Voloshin. Una missione coperta dal segreto, ma a Mosca pochi dubitano che l'obiettivo, raggiunto con successo, dell'inviato di Putin fosse quello di concordare il prezzo del sostegno russo alla guerra. Le condizioni di Mosca sono: garanzie per il pagamento degli 8 miliardi di dollari che Saddam deve ai russi dai tempi sovietici, e una cospicua fetta dei contratti petroliferi nell'Iraq postbellico. Secondo alcune fonti, Voloshin avrebbe ottenuto da Bush anche la parte¬ cipazione militare della Russia all'occupazione dell'Iraq nel dopoSaddam per permettere a Mosca una presenza diretta nel Golfo. Dunque l'accordo con gli americani sarebbe stato raggiunto, anche se proprio ieri, quasi contemporaneamente alle dichiarazioni di Ivanov a Parigi, l'ambasciatore degli Usa a Mosca ha chiesto urgentemente udienza al ministero degli Esteri «per discutere il possibile avvicinamento tra le posizioni russe e americane», come recita il comunicato ufficiale. Quasi nessuno dei personaggi che contano a Mosca, a cominciare da Mikhail Marghelov, presidente della commissione Esteri del Senato, uno degli autori della politica estera di Putin, parla comunque di uso del veto, smentendo anzi categorica- mente l'ipotesi. «Putin vuole avere una visione strategica, pensare alle prospettive a lungo termine e capire con chi vuole stare una volta che si sarà posata la polvere della guerra», dice Serghej Karaganov, considerato uno dei consiglieri del Cremlino nelle questioni intemazionali. Le dichiarazioni del ministro Ivanov vengono prese da questo «partito» come invocazioni rituali. Il capo della diplomazia russa, le cui quotazioni negli ultimi sei mesi al Cremlino sembrano essere scese rovinosamente, è la voce della «vecchia» nomenklatura antiamericana, di una parte dei militari. Anche nel passato l'opposizione categorica di Ivanov alla cooperazione con l'Occidente era stata smentita da Putin, per esempio quando il ministro aveva negato risolutamente l'ipotesi di un aiuto della Russia alla «crociata» contro l'Afghanistan dei taleban. Non a caso l'emissario del Cremlino a Washington è stato Voloshin, per quanto poco esperto di politica estera. E a Baghdad è stato manda- to un altro «estemo», l'ex ministro degli Esteri Evghenij Primakov, che ha portato a Saddam una lettera di Putin. Un conflitto all'interno della leadership russa? Oppure, piuttosto, un abile esercizio di cerchiobottismo che ha già permesso alla Russia di riguadagnare un posto di prima grandezza sullo scacchiere intemazionale e di rimpinguare le proprie tasche con il prezzo del petrolio alle stelle? Ogni giorno di attesa e incertezza porta nelle casse del Cremlino miliardi di dollari. «Putin sta giocando brillantemente su due scacchiere - è l'opinione di uno dei commentatori più informati della capitale - riesce ad apparire pacifista in Europa e affidabile partner, se non alleato, oltre oceano». Il presidente russo Vladimir Putin: un difficile gioco d'equilibrio fra Europa e Stati Uniti