Saddam promette un rapporto su antrace e gas di Maurizio Molinari
Saddam promette un rapporto su antrace e gas PARTE PER IL GOLFO ANCHE LA PORTAEREI NIMITZ, I PRIMI B-52 ARRIVANO IN GRAN BRETAGNA Saddam promette un rapporto su antrace e gas Gli Usa: per l'attaccG faremo a meno di Ankara Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK L'Iraq si impegna a presentare entro sette giorni un rapporto su gas nervino e antrace nel tentativo di ottenere nella prossima relazione del capo degli ispettori, Hans Blix, un attestato di cooperazione sul disarmo capace di spingere il Consiglio di Sicurezza dell' Onu a non approvare l'intervento militare. Nella giornata di ieri i tecnici iracheni hanno eliminato altri sei missili Al Samoud-2 - portando a 16 il totale di quelli distrutti da sabato - assieme a due testate vuote e due strutture di fusione di missili Al-Fatah. A questo ritmo entro due settimane Baghdad potrebbe aver eliminato tutti 120 missili Al Samoud-2 proibiti dall' Onu, ma per testimoniare una ancora maggiore volontà di cooperazione Saddam Hussein ha compiuto un ulteriore passo, annunciando la consegna al Palazzo di Vetro «entro una settimana» di un «rapporto unilaterale su antrace e gas nervino». E' la prima volta che l'Iraq decide di rispondere alle principali accuse rivolte da Washington e Londra sulle armi chimiche e batteriologiche di cui l'Onu lamenta la scomparsa dagli Anni Novanta. L'intenzione di Saddam è dimostrare che la distruzione di 1,5 tonnellate di gas nervino «è già avvenuta», al pari di quella delle migliaia di litri di antrace. «Il nostro è un atteggiamento positivo - afferma il consigliere scientifico del governo iracheno Samir Al Saadi - e contiamo sul giudizio del capo degli ispettori come arbitro imparziale di fronte alle bugie americane». Sempre per rassicurare Blix, Al Saadi ha smentito di aver minacciato di interrompere la distruzione dei missili. Il dibattito al Consigho di Sicurezza alla presenza di Blix dovrebbe svolgersi in settimana - forse venerdì - e da quanto il capo degli ispettori dirà in quella sede potrebbe dipendere l'approvazione della seconda risoluzione presentata da inglesi, americani e spagnoli per autorizzare l'intervento militare. Per assicurarsi i nove voti necessari per farla approvare il Segretario di Stato, Colin PoweU, ha contattato nelle ultime 48 ore i Paesi membri non permanenti. Le notizie che arrivano da Baghdad spingono la Casa Bianca ad accelerare i tempi del forcing diplomatico. Il portavoce Ari Fleischer ha ribadito la sfiducia delle promesse di disarmo irachene e la volontà di rovesciare il regime di Saddam. «Se l'Iraq disarmasse avrebbe un governo diverso da quello di adesso», ha detto, sottohneando che «non esiste l'ipotesi di una permanenza di Saddam al potere dopo l'intervento militare». A testimoniare la determinazione di Washington nel voler chiudere la partita con il Raiss di Baghdad vi sono le mosse del Pentagono: dalle acque del porto di Coronado, in California, si è mossa la «Uss Nimitz», destinata a diventare fra due-tre settimane la sesta portaerei schierata sullo scacchiere del Golfo. E' salpata anche la squadra navale della «Iwo Jima» con i suoi quattromila uomini, e attorno all'Iraq gli angloamericani avranno presto oltre 220 mila uomini. Il tabloid londinese «Sun», forte di indiscrezioni militari, azzarda una data per l'attacco: giovedì 13, ventiquattr'ore dopo il possibile voto del Consigho di Sicurezza sulla risoluzione. A prescindere da come andrà al Palazzo di Vetro, George Bush e Tony Blair faranno partire l'offensiva nel tentativo di decapitare velocemente il regime. Di fatto sui cieli dell'Iraq gli scontri si susseguono oramai quotidiani: domenica notte aerei Usa ed inglesi hanno colpito cinque postazioni anti-aeree vicino Bassora, nel Sud, e Baghdad ha lamentato un bilancio di 6 civili uccisi e 15 feriti. Sul Nord invece gli alleati hanno lanciato fra sabato e domenica oltre mezzo milione di volantini sollecitando i mihtari alla diserzione. Saddam è apparso in tv irridendo l'operazione durante un incontro con alcuni generali: «Non ci hanno sconfitto con le bombe, pensano forse di riuscire a farlo con pezzi di carta?». Resta l'incognita sulla possibilità da parte del Pentagono di aprire un secondo fronte d'attacco, oltre al Kuwait, in considerazione del rifiuto del Parlamento di turco di concedere l'assenso al transito delle truppe. Il ministro egli Esteri di Ankara, Yasar Yakis, ha voluto rassicurare Washington sul fatto che «entro la settimana» il governo presenterà un nuovo decreto in materia, ma il tempo stringe, e le 14 navi da guerra Usa con uomini e mezzi della quarta divisione di fanteria ferme di fronte ai porti turchi potrebbero non essere più in grado di attendere. «Non c'è più tempo, si deve passare al piano B», osserva Stephen Baker, ex ammiraglio della portaerei «Uss Roosevelt». Il piano alternativo prevede il trasferimento del grosso della quarta divisione di fanteria in Kuwait - dove il governo ha già detto che è pronto ad accoglierla - e un ponte aereo dalle basi in Europa - Germania, Italia e Balcani - verso le regioni curde del Nord Iraq per trasferire r82esima e la 101 esima divisione aerotrasportata, cui spetterebbe comunque di aprire un secondo fronte, ma senza poter contare su mezzi pesanti. La situazione politica e militare resta fluida, e i Paesi arabi del Golfo non riescono a parlare con una voce sola. La riunione del Consiglio della Cooperazione nel Golfo, tenutasi a Doha, si è risolta in una spaccatura fra i favorevoli all'esilio di Saddam - Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Kuwait - e chi invece, come Qatar e Arabia Saudita, ha chiesto di prendere tempo per evitare di schierarsi anticipando i tempi della crisi. Un bombardiere B-52 americano viene preparato poco dopo il suo arrivo alla base inglese della Raf a Fairford
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