I brigatisti forse hanno reagito per coprire la fuga a un complice

I brigatisti forse hanno reagito per coprire la fuga a un complice UN'IPOTESI DEGLI INQUIRENTI: SULTRENO DELLA MORTE CERA ANCHE SIMONETTA GIORGIERI? I brigatisti forse hanno reagito per coprire la fuga a un complice La Lioce in carcere: «Sono una prigioniera politica, non parlo». Si pensa che volessero colpire il 16 marzo, a 25 anni dal caso Moro. Quattro Procure si contendono l'inchiesta Vincenzo Tessandori inviato ad AREZZO Si muore una volta sola, e per tanto tempo, dice Molière. E nella cella seminterrata dell'obitorio di Arezzo, la salma di Emanuele Petri, poliziotto, e quella del suo assassino, Mario Galesi, terrorista, paiono in attesa di quel «tempo». Per il primo, la doverosa lituipa dei funerali di Stato, dopodomani. Per l'altro, una telefonata, a Genova: «Siamo le Brigate rosse partito comunista combattente. Rivendichiamo la paternità morale dello scontro a fuoco: onore al compagno caduto». Eppoi un volantino, a Fomovo, nel quale si annunciava anche l'esplosione di una bomba sul ParmaPontremoli. Non è finita, dopo gli omicidi di D'Antona e Biagi, passati mesi di estenuante annaspare, pareva che si fosse trovato il bandolo di una matassa incredibilmente ingarbugliata. Sei nomi, uomini e donne, dei quali due, sembra, di Firenze: loro gli assassini di B'agi. Ma sono ancora degli inafferrabili. Così, non rimane che lo studio di ciò che si è lasciata dietro la sparatoria sul treno Roma-Firenze: una «prigioniera» che tace dopo aver dichiarato «sono una militante delle Brigate rosse»; poi una Beretta calibro 7,65 vecchia di 30 anni, un tempo l'oarma di ordinanza» delle bierre; unamicrotelecamera; due agende «palmari»; una decina di floppy disk; alcuni fogli scritti a mano; due telefoni cellulari; un articolo del Sole 24 ore che parla della riforma di Marco Biagi. La speranza degli inquirenti è che possano segnare la rotta per il porto dal quale è partito il gruppetto per una missione ancora sconosciuta. «Non sappiamo che cosa avessero in animo di fare», dice il procuratore aggiunto Francesco Fleury. E c'è stato un vertice, in mattinata, fra le procure di Arezzo, Firenze, Bologna e Roma, che potrebbe avanzare pretese sull'inchiesta. Gruppo e non coppia, forse, sul treno. E' il dubbio che rode gli uomini dell'antiguerriglia: sul «diretto» viaggiava almeno un altro complice? E filtra il nome di Simonetta Giorgieri, 47 anni, un «capo», dicono, una capace di organizzare agguati e sfuggire alla caccia come, si teme, abbia fatto l'altra mattina, pronta a balzare a terra col treno in movimento. Da tempo i servizi l'avrebbero «agganciata» e avrebbero cominciato un pedinamento che, proprio domenica, sarebbe sfumato. Da qui, pare, la richiesta di controlli a tappeto. Naturalmente, sono assai più numerose le domande delle risposte. Perché almeno due brigatisti erano saliti su quel treno con un biglietto per Arezzo, un mezzo archivio a seguito, una macchina fotografica miniaturizzata e una sola pistola? Qual era il loro obiettivo? «Non un attentato in tempi immediati», osserva Fleury. Ma poi conviene che, à, le armi avrebbe potuto averle qualche compagno in attesa alla stazione. Quale? Lo scontro a fuoco è avvenuto nei 10 minuti di corsa fra Terontola e Castiglion Fiorentino: il contatto era a Casti¬ glione oppure ad Arezzo? I sei panini imbottiti trovati nel bagaglio fanno pensare agli inquirenti a un lungo appostamento, insomma, a un'«inchiesta», come le bierre definiscono la raccolta dati. Ma dove? Non troppo lontano, perché un lungo spostamento in auto è sconsigliato per i troppi rischi. Ma è difficile individuare possibili bersagli per l'unica ragione che sono innumerevoli. Azzardato, in un primo momento, il nome del sottosegretario al Lavoro Maria Grazia Sestini, eppoi di quello alla Difesa Francesco Bosi, del Ccd. E la lista si allunga, ma niente, per ora, dice che contenga il nome del bersaglio. Tutto possibile, come l'ipotesi che volessero colpire il 16 marzo, 25" anniversario del rapimento di Aldo Moro. L'altra mattina il fato ha fatto imbattere tre agenti della polizia ferroviaria con quei due terroristi che hanno perso il controllo al primo imprevisto. Ammenoché non abbiano pensato a un'azione diversiva per consentire la fuga a un compagno che non doveva esser preso. La ricostruzione è stata un lavoro penoso per il procuratore Fleury. «Tre agenti sono saliti a Terontola con l'indarico di controllare i passeggeri». Un setacciamento a campione. «Sona scorte programmate, intensificate negli ultimi tempi, soprattutto per la criminalità in aumento», spiega Giuseppe Di Fronzo,. l'unico della pattuglia riftiastG illeso. Con Petri e Bruno Fortunato lavorava da 10 anni, e ora mormora: «Sono stato il più fortunato. Siamo saliti su quel benedetto treno senza sospetti né segnalazioni particolari. Avevamo deciso di controllare quella coppia che non destava sospetti. Erano tranquilli e seduti, mi sembra che la donna stesse chiacchierando». I documenti li chede Petri e glielipassa. C'è un controllo telefonico: i nominativi sono «puliti» ma il numero di serie insospettisce perché fa parte di uno stock rubato un paio di anni fa vicino Roma. Forse è un'esitazione che fa capire al terrorista che estrae l'arma e la punta alla testa dell'agente. Eppoi gli spari. «Sono momenti terribili, non sai quello che può succedere». Succede che un amico ti muore sotto gli occhi, che ti rendi conto come pure la tua vita e iruella dell'altro collega siano ormai appese a un filo che ti sembra tremendamente fragile. Secondo la ricostruzione, Galesi con la pistola alla tempia di Petri, ordina che i tre consegnino le armi. Fortunato getta la sua sotto al sedile e Desdemona Lioce tenta di afferrarla. Fortunato la balza addosso, lei tenta di sparare. «Due volte», precisa Fleury. «Ma c'è la sicura». Galesi fa fuoco, prima sull'ostaggio poi su Fortunato. Basta un :iru:ettile, fra il collo e la mandibola, a uccidere Petri. Poi lui viene colpito. Di Fronzojripcca Desdemona Lioce, quando il treno di ferma alla stazione di Castigjipne la trascina sulla banchina e l'amniahetta a un palo della luce. Ricorda i suoi ctechi: «Freddi, impassibili, non ha fatto niente». E forse neppure pensava che si muore una volta sola, e per tanto tempo. La sparatoria è avvenuta sul Roma-Firenze: il corpo del poliziotto ucciso portato via nella stazione di Castiglione Fiorentino