«In cucina tenete sempre una pentola di fagioli» di Roberto Fiori

«In cucina tenete sempre una pentola di fagioli» IL PATRON DI «LE CIRQUE 2000» HA PROPOSTO I SUOI PIATTI ALL'ENOTECA CONTRATTO NELL'ASTIGIANO «In cucina tenete sempre una pentola di fagioli» «La fusion è di moda, ma tra i fornelli,le accozzaglie non mi interessano» intervista Roberto Fiori CANELLI (Asti) Ef la quinta volta che porto fuori da New York il mio ristorante, l'ho fatto per la regina madre d'Inghilterra e per il Ritz di Parigi». Con un perfetto gessato nero stile Al Capone, Sirio Maccioni ha aggiunto l'altra sera alla esclusivissima lista anche l'Enoteca Contratto di Canelli, dove è andato in scena con il suo staff di cuochi un altro atto delle «Grandi tavole del mondo». Il patron di «Le Cirque 2000» di New York è un affabile manager del gusto italoamericano, con ima storia leggendaria alle spalle. Ha un presente di locali di gran classe condivisi con i tre figli tra New York e Las Vegas e una conversazione che tradisce ad ogni parola la passione e l'arguzia di chi è partito cinquant'anni fa da Montecatini Terme e ha osservato scorrere, tra i suoi tavoli, un pezzo di storia. Per quattro volte il «New York Times» le ha tolto e poi ridato una stella, cosa pensa dei critici? «Rispetto il loro lavoro, però i critici hanno lo stesso difetto degli americani. Sono ottime persone, ma credono di avere sempre ragione». Nel suo locale si propone cucina francese con influenze italiane e internazionali. Che spazio ha la nostra tradizione nel suo menu? «Quello che può avere la regionalità in una metropoli eterogenea come New York. I francesi pensano di avermi francesizzato, ma credo sia vero il contrario, sono io ad aver italianizzato loro». E cosa ne pensa della cucina creativa, la nuova moda fusion che ha invaso un po' tutto il mondo? «Tra i fornelli non si inventa niente, si può solo ripetere cercando di migliorare. Le accozzaglie di gusti, gli abbinamenti fatti solo per stupire non mi interessano. La cucina migliore è la più semplice e lineare. Ai miei cuochi dico: tenete una pentola di fagioli sempre a portata di mano, lasciate che sprigioni il suo profumo. Se siete in difficoltà, un'insalata di fagioli risolve tutto». Quali sono i suoi piatti regionali preferiti? «Mi piacciono bolliti e arrosti, amo i prodotti toscani. Quando tomo a Montecatini mi faccio preparare radicchio, pomodoro e olio, cibi che in Usa non si riescono a replicare, anche se oggi si trova di tutto. E il ibis gras americano è migliore di quello francese. Loro non ci credevano, ma quando l'ho portato al Ritz hanno dovuto ammetterlo». Quando andrà in pensione tornerà in Toscana? «In pensione si va a 40 anni, o non si va più. Ai miei figli ho detto: io continuerò così per tutta la vita, voi se avete il coraggio tra qualche armo mollate tutto e godetevi la vita». Che rapporto ha con gli chef? «Di bravi se ne trovano tanti, di intelligenti un po' meno. Un grande chef può anche essere la rovina di un ristorante, se non impara a capire i clienti. Tra poco apriremo un nuovo locale a Las Vegas, insieme con Alain Ducasse. Il suo ristorante a Parigi è il migliore». Gianni Agnelli frequentava spesso il suo ristorante. «Ci veniva con Kissinger, e ordinava cose semplici come pesce alla griglia, asparagi, o un'insalata con carne di granchio, uovo sodo, olio e limone». Anche le star si vedono spesso a «Le Cirque». «Ho clienti come Sharon Stone, Michael Douglas e suo padre, che vuole sempre la pizza. Quando gli chiedono perché viene a mangiare a Le Cirque, lui risponde: "Perché è la migliore pizzeria di New York". E poi c'è Woody Alien. Tre anni fa è venuto a trovarmi a Montecatini ed è rimasto per una settimana in cucina con mia moglie a cercare di imparare, qualcosa». Se una sera arrivassero Bush e Saddam Hussein? «Li metterei in cantina, chiuderei la porta e getterei via la chiave. Così potrebbero risolvere tra di loro la questione senza far rischiare a tutto il mondo una nuova guerra. La gente oggi ha paura, noi abbiamo registrato un calo del 20-30 per cento dei turisti stranieri». Come va il mercato dei vini italiani in America? «Viaggiano bene, ma avrebbero potuto far meglio. I francesi hanno sempre esportato i loro prodotti migliori, noi invece siamo arrivati in Usa con il chianti con l'etichetta "Volare". Solo negli ultimi anni abbiamo fatto il salto di qualità. Noi abbiamo tre carte dei vini, con gli americani, gli italiani e i francar si, più una selezione dal resto del mondo». E i prodotti piemontesi? «Sono contento che sia tornato il barbera e ho una passione per il barbaresco, agli amici offro il moscato. Ricordo ancora i viaggi con Giacomo Bologna ad Alba, di notte, per comprare i tartufi migliori. Quest'anno abbiamo consumato 110 chili di tartufo bianco». Ma chi è il miglior cuoco italiano in America? «Mia moglie». Sirio Maccioni all'Enoteca Contratto di Canelli