BEFFE DI STORNELLO
BEFFE DI STORNELLO UN TORMENTONE ROMANO BEFFE DI STORNELLO Lorenzo Mondo E' ' un tormentone romano. Di quelli che dai palazzi della politica t nazionale scendono al pianterreno della vita ordinaria. Non c'è amico che, presentandosi l'occasione, non accenni al problema degli stornelli - gli uccelli, non gli strambotti - che invadono certe zone della capitale. Per le mutate condizioni climatiche, i neri squittenti volatili non emigrano più, si sono fatti stanziali, sostano a nugoli sugli alberi e lasciano cadere una quantità di fastidiose lordure. Sembrano privilegiare specialmente gli alberi di viale Mazzini, dove sorge la casa madre della Rai. Così, qualche bello spirito ci vede una specie di analogia e di giusto contrappasso per le tempeste non onorevoli che investono l'emittente pubblica. Ma i proprietari delle auto parcheggiate là sotto e «verniciate» di escrementi non hanno voglia di scherzare. Ne è nata una guerricciola da strapaese fra chi cerca di sloggiare i pennuti provocando con appositi strumenti gli stridi del falco, e chi li ricompatta seducendoli con i richiami dell'estro amoroso. Un altro luogo di elezione per gli stornelli erano fino a poco tempo fa i radi alberi situati alle spalle di Montecitorio. 'Anche là, auto imbrattate, senza alcun rispetto per la maestà delle istituzioni. Ma questa volta, con l'acquiescenza o la disattenzione dei Verdi, si è passati a drastiche risoluzioni. Un albero è stato abbattuto pretestuosamente, altri due hanno subito potature così robuste da non offrire più riparo, nonché agli uccelli, alle formiche. Il decoro di parlamentari e affini va salvaguardato, e non solo contro gli stornelli. C'è chi ne ha fatto personale esperienza. Gli è accaduto, ad esempio, di parcheggiare regolarmente la sua auto nella zona «liberata» e, al momento di riprenderla, ha trovato il passaggio ostruito da un'auto messa di traverso. Inutile rivolgersi al vigile di servizio per ottenere l'intervento di un carro attrezzi e una sollecita rimozione. Il pizzardone, esperto di trasgressioni eccellenti, si mostra comprensivo nei riguardi del malcapitato ma esige a sua volta comprensione. «Come se fa. Dottò», e allarga le braccia; lasciando intendere che la macchina fuori legge potrebbe appartenere a qualcuno che conta. E allora, bisogna rinunciare al proprio mezzo e ricorrere, magari per due giorni di fila, al costoso taxi. Sono minute storie metropolitane che, a non esserci dentro e a sentirle raccontare in un momento di buonumore, possono muovere al sorriso. Ma hanno un non trascurabile valore indiziario, e prendono uno speciale risalto se vengono conosciute nell'eco della morte di Alberto Sordi. Tutti, proprio tutti, a commuoversi per la perdita di un attore geniale che ha incarnato, e messo alla berlina, i vizi nazionali: la diffusa cialtroneria, ma anche la prepotenza e strafottenza^ la sovrana impunità dei potenti di ogni ordine e grado. Ma non basta l'emozione, sincera o epidermica e persino strumentale di un giorno a far primavera. Se poi si continua a tirar via - rassegnati, neghittosi o complici - nella pratica quotidiana. Sarebbe triste se Alberto Sordi dovesse risultare «immortale», non per I3 forza e la grazia della sua implicita denuncia, ma per il protrarsi di un atavico malcostume. Ci sarebbe poco da ridere, preferiremmo, a questa stregua, sentirlo inattuale.
Persone citate: Alberto Sordi, Lorenzo Mondo
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