«Più concorrenza contro il caro vita»

«Più concorrenza contro il caro vita» IL PRESIDENTE ANTITRUST: DALL'UE LE SPINTE MIGLIORI AL MERCATO «Più concorrenza contro il caro vita» Tesauro: «Le assicurazioni vivono in un ambiente protetto Perché si limitano a riversare i maggiori costi sui consumatori? C'è stata speculazione ma l'euro non ha portato inflazione» intervista {Roberto Ippolito M ESI di preoccupazioni per i prezzi in salita. «L'Antitrust non ha competenze in materia di prezzi, ma credo che servirebbe ancora più concorrenza per frenare l'inflazione e rendere sempre più competitivo il paese nel suo insieme» dice Giuseppe Tesauro, presidente dell'autorità che vigila sulla correttezza del mercato, dalle concentrazioni alla pubblicità. Presidente, le sembra che oggi in Italia ci sia meno impegno per sviluppare la concorrenza? «L'Italia è stata fortunata perché è in Europa. E' stata l'Europa a darci le spinte maggiori e gli stimoli migliori all'apertura del mercato, sia dal punto di vista culturale che normativo. E in particolare a dare un input per intervenire nei settori, in Italia come negli altri paesi, identificati come non aperti al mercato perché caratterizzati dalla presenza dell'impresa pubblica e dai monopoli. Il tasso di apertura del mercato in Italia nei diversi settori è condizionato dal tipo di input ricevuto». Vuole sottolineare che gli impulsi non sono stati tutti uguali? «Il grosso passo iniziale è avvenuto nelle telecomunicazioni, fra il 1988eir92:r Europa ha esercitato una forte pressione con le sue direttive per l'apertura al mercato del settore. Subito dopo è stata impostata la liberalizzazione dell'energia elettrica e del gas, con stimoli ugualmente importanti ma di intensità minore. Le maglie delle direttive erano più larghe». Le resistenze erano più forti? «E' stata data la possibilità di scegliere fra diverse formule per applicare le direttive». Forse per l'energia elettrica e il gas la tecnologia ha aiutato meno? «L'innovazione tecnologica è stata esplosiva per le telecomunicazioni. E infatti la concorrenza si è sviluppata soprattutto nella telefonia mobile più che nella fissa. Nell'energia, i singoli paesi hanno potuto procedere più lentamente. E sono state possibili asimmetrie fra i vari stati, con riflessi negativi: la situazione francese, più arretrata, è nota». E dunque ora l'Italia sta conoscendo tuia fase meno entusiasta per la liberalizzazione? «Rispetto ai primi anni novanta, certamente c'è meno entusiasmo per la concorrenza. Di tanto in tanto abbiamo avuto delle pause di riflessione. Non so se stiamo vivendo una di queste fasi, forse sì: siamo in una pausa. Ma non viviamo isolati dal resto del mondo. In una situazione di crisi ogni paese tende a chiudersi. L'Italia non è campione di corsa. Abbiamo una tradizione consolidata basata su un modello diverso dalla concorrenza con uno Stato molto presente nell'economia». Ma negli anni novanta l'Italia ha conquistato il primato mondiale delle privatizzazioni... «Certo, questo è vero. Ma la storia non si dimentica. Ci sono nostalgie. Nei momenti di difficoltà si tende a cercare la protezione e la cosa più facile è trovarla nello Stato e pensare che la legge può aiutarti a vivere: tutto il contrario della concorrenza. L'Antitrust può tentare di ridurre gli effetti negativi delle spinte opposte alla concorrenza: che altro può fare? Siamo un poliziotto rispetto alle imprese che dovessero violare le regole. E cerchiamo di avere un dialogo costruttivo con il governo e il parlamento per ridurre gli effetti distorsivi di una legge in vigore o di una in cantiere». Lamenta carenze nel dialogo con il governo e il parlamento? «Il legislatore ha mille problemi, oltre la concorrenza. Deve tener conto di tutte le esigenze. L'Antitrust cerca di far considerare l'importanza della concorrenza. E cerca con le sue iniziative di costruire una cultura della concorrenza. Il nostro sforzo è far capire alle imprese che un assetto competitivo del mercato porta loro dei benefici». E qualche volta l'Antitrust ha anche dovuto imporre questa cultura con una maxi multa per accordi contrari alla concorrenza, come accaduto con le assicurazioni, no? «Le assicurazioni tradizionalmente vivono in un ambiente protetto. Ma di fronte agli aumenti dei costi sopportati (in qualche caso anche a causa delle truffe subite) le compagnie non dovrebbero limitarsi a prenderne atto. Perché non fanno qualcosa per rimediare? Perché riversano i maggiori costi sui consumatori? Non mi sembra giusto che le imprese di assicurazione restino al balcone, pronte soltanto ad aumentare i premi ai loro clienti». Clienti sempre più irritati... «I consumatori stanno crescendo, fanno sentire la loro voce. Dietro i nostri interventi c'è l'interesse delle imprese che possono competere in un mercato davvero più aperto e più proficuo per loro e c'è l'interesse dei consumatori che potranno godere di prezzi migliori frutto della competizione fra le aziende». In Italia l'inflazione è tornata sopra la media europea: vede l'esistenza di problemi per la concorrenza? «Dal nostro punto di osservazione, sembra che certamente in alcuni settori la limitata concor- renza abbia contribuito a rendere più consistente l'inflazione. L'introduzione dell'euro non mi sembra davvero che costituisca un problema, tranne che per alcune situazioni specifiche; anzi dobbiamo riconoscere tutti che l'euro sta portando dei benefici. C'è stata qualche speculazione per i prodotti alimentari. Ma qui si avverte soprattutto l'esistenza di una concorrenza ancora limitata nella distribuzione». Cosa non va? «Per la distribuzione al dettaglio non ci sono più tanti vincoli burocratici. Per la grande distribuzione, invece, ce ne sono anco- ra tanti. E infatti in Italia si stenta ad avere la stessa diffusione degli altri paesi europei. Non sono un difensore pregiudiziale dei supermercati (che hanno una domanda e un'offerta diversa degli altri punti vendita), ma il loro contributo al contenimento dei prezzi è noto ed evidente». Si reimmarica quindi per la permanenza di vincoli per la grande distribuzione? Di chi è la colpa? «La competenza per il commercio è stata trasferita alle Regioni. E i problemi esistono in mo te regioni: la grande distribuzione è sviluppata soprattutto al Nord. E' utile che sia più diffusa in tutta Italia». L'Italia continua ad avere i prezzi più elevati per l'energia elettrica: bisogna spingere ancora la concorrenza, vero? «Bisogna ancora lavorare per ampliare la concorrenza nell'energia elettrica in modo da avere una riduzione delle tariffe a vantaggio dei consum^Lori. L'attuale struttura del mercato offre purtroppo ancora spunti critici». Ritiene ancora troppo forte il peso dell'Enel? «L'azienda ex monopolista è molto forte ed è in grado di determinare il prezzo. Ha una quota di mercato anche accettabile (essendo scesa al SOn), ma conserva un potere ancora troppo sbilanciato a suo favore. La forza degli altri operatori è mollo lontana dalla sua. Per ragioni di tempo e ragioni strutturali i nuovi soggetti entrati sul mercato non hanno ancora uno spazio significativo: devono rafforzarsi, anche con gli investimenti da effettuare. Il punto di arrivo è la possibilità per tutti i clienti di scegliere l'azienda fornitrice dell'energia elettrica, possibilità per ora ipotizzata da una bozza di direttiva della Commissione Europea per il 2007». Per il gas, in teoria, la possibilità di scelta dell'azienda fornitrice è possibile per tutti da gennaio. «Solo in teoria. Sia per il gas che per l'elettricità esiste poi il problema della rete. Si tratta di un monopolio naturale; non è pensabile creare altre reti. Ma chi vuole far passare il proprio gas nei tubi dell'Eni deve subire ovviamente le sue condizioni con il rischio di abusi, come dimostra un caso recente chiuso dall'Antitrust proprio nei confronti dell'Eni. Proprio per questo da sempre l'Antitrust predica che la proprietà della rete sia separata dalle altre attività». L'Eni deve conservare, con la Snam, solo il controllo della produzione di gas? «Credo che sarebbe una soluzione da preferire la cessione da parte dell'Eni a un altro soggetto del controllo della società Snam Rete Gas. Così come in via di principio sarebbe opportuno per l'energia elettrica che l'Enel perda il controllo della rete di sua proprietà e data solo in gestione al Grtn, il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale. In sostanza la questione di carattere generale è questa: il soggetto titolare della rete dovrebbe essere diverso dal produttore o dal distributore ex monopolisti. lì titolare della rete ha i cordoni della borsa per lo sviluppo e la manutenzione: fatalmente diventa parziale. Per esempio il proprietario di una rete può impedire di arrivare in un luogo di interesse di un piccolo produttore, punto considerato non conveniente dall'ex monopolista». Questi ragionamenti devono valere anche per la Telecom Italia? «L'Antitrust ha sempre uno sguardo vigile sulle telecomunicazioni. In alcuni segmenti, per esempio Internet, c'è un passo e un tasso di apertura del mercato soddisfacente. Ma in generale nel fisso è ancora incombente la presenza dell'ex monopolista, presenza che ogni tanto pone problemi, per esempio per l'interconnessione. C'è anche qui un problema di proprietà delle rete». Sarebbe quindi preferibile che anche la Telecom Italia, oltre all'Enel e all'Eni, rinunci alla rete? «La soluzione ottimale per tutti i servizi a rete un tempo offerti in regime di monopolio è sempre e comunque la differente proprietà della rete rispetto al resto dell'attività. Non lo dice l'Antitrust, ma il buon senso. Ovviamente chi ha la titolarità della rete si può comportare in maniera corretta e non anticoncorrenziale. In questo caso non ci sarebbero problemi». Del resto le Autorità di garanzia (quella per le comunicazioni e quella per l'energia) hanno proprio il compito di fissare le regole a tutela del mercato. «La regolazione può aiutare. Però è un mestiere diverso: può prevenire le patologie». E' aperta la discussione su ima possibile riforma delle autorità indipendenti: lei la ritiene necessaria? «Non c'è confusione di competenze fra le diverse autorità. Tanto che c'è una buona collaborazione fra l'Antitrust e le altre autorità. A patto di mantenere le differenze esistenti in materia di competenze, forse una riforma potrebbe servire per razionalizzazionare alcuni punti oggetto di critiche rilevanti: i criteri di nomina e la durata del mandato. Il tasso di indipendenza richiesto all'autorità che applica le regole è ovviamente superiore rispetto a quello richiesto per lo autorità che hanno il compilo di scrivere le regole». Come valuta quindi l'attuale meccanismo di nomina dei commissari dell'Antitrust? «Ci sentiamo abbastanza a nostro agio nella nostra legge. La nomina affidata ai presidenti della Camera e del Senato mi sembra la maggiore garanzia. Altrimenti a ragione o a torto a ciascun componente dell'Antitrust verrebbe attribuita una collocazione politica. L'indipendenza è un fatto di uomini, ma la legge li può aiutare. Eviterei la nomina governativa: anche nell'immaginario collettivo, una nomina da parte di un governo ha ima coloritura politica. Una nomina dei presidenti delle camere invece un po' meno».. 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Persone citate: Ettore Viola, Giuseppe Tesauro, Roberto Ippolito, Tesauro