Cucina, catena di montaggio

Cucina, catena di montaggio Cucina, catena di montaggio La regista Rita Maffei controlla brillantemente un allestimento energetico dell'affresco di Wesker OSBORNE, Wesker, Arden, Pinter: i quattro alfieri della nuova drammaturgia inglese esordirono tutti nel giro di un paio di anni, a partire da «Ricorda con rabbia» di Osborne 11956). Con loro non cambiò il linguaggio tradizionale, cambiarono i temi: si parlò, come non accadeva da secoli, di tensioni sociali, di insoddisfazione giovanile, di persone senza lavoro - o magarilPinter) di disagio nei confronti di un minaccioso mondo estemo. Nell'affresco della Cucina Wesker mise anche delle esperienze personali, avendo lavorato in un locale così, un megaristorante da mille coperti al giorno, precursore, ma con più pretese, dei non ancora arrivati MacDonald. Per due lunghi atti (80' e 55') una ventina tra cuochi, aiutanti, cameriere ecc. si occupano freneticamente della produzione e dello smaltimento veloce di porzioni di cibo. Nella impressionante scenografia di Emanuela Dall'Aglio, il locus può far pensare alla sala macchine di un grande transatlantico, con lucidi tulli e sfiatatoi, e incessante ribollire di pentoloni. Quando si entra in sala l'ambiente è buio, vuoto e incombente; poi cominciano a arrivare alla spicciolata, con torce elettriche, dei sorveglianti in borghese; infine le luci si accendono, il personale indossa le divise bianche e i cappelli, e le operazioni hanno inizio. Durante la prima parte si assiste all'avvio e alla progressiva accelerazione dell'attività, tra ordini abbaiati, recriminazioni, commenti, ecc.; e anche perché affascinati e un po' storditi dalla pur disciplinata confusione, si ha poco modo di seguire le vicende dei singoli. Nella seconda prendono cor¬ po in particolare le sorti di un giovane cuoco tedesco (l'inferno dove questi schiavi, peraltro, come viene loro ripetuto, ben pagati, sudano e puzzano di pesce, è un inferno multietnico). Questo cuoco tedesco ha una storia con una impiegata sposata; i due battibeccano, poi lui apprende che lei è incinta ma che non vuole né tenere il bambino né lasciare il marito, e allora esplode. Intanto si sono autodescritti altri personaggi, specie durante una pausa dove alcuni hanno raccontato il proprio sogno. Un pasticciere ebreo, portavoce dell'autore, ha evocato la delusione patita quando un conoscente guidatore di corriere, cui lui aveva espresso solidarietà durante uno sciopero, ha poi offeso una marcia della pace perché bloccava il traffico. Questa tirata è un po' schematica, e anche altre vicende sono scontate (un'altra cameriera è incinta, e sviene), né l'equazione cucina-catena di montaggio disumanizzante convince fino in fondo; il miglior Wesker doveva ancora manifestarsi. Però come occasione per un ammirevole, coinvolgente gioco di ensemble il testo appare valido ancora oggi, e la regista Rita Maffei ha brillantemente controllato un allestimento corale ricco di energia e non privo di eleganza visiva. Si è dunque grati a tutti i ventisette interpreti più Gigi Dall'Aglio nella perplessa macchietta del padrone, un dio che vede solo il proprio profitto, specie quando si pensa a quanto rare siano tali manifestazioni di generosità sulle scene dei nostri giorni, sempre alle prese con aride necessità di bilancio. Al Giovanni da Udine ancora oggi.

Persone citate: Emanuela Dall'aglio, Gigi Dall'aglio, Macdonald, Pinter, Rita Maffei, Wesker, Wesker Osborne

Luoghi citati: Udine