Parte domani l' «appello di pace» del Papa a Bush di Marco Tosatti

Parte domani l' «appello di pace» del Papa a Bush IL CARDINALE LAGHI, AMICO DI BUSH SENIOR, PORTERÀ' A WASHINGTON LA LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II Parte domani l' «appello di pace» del Papa a Bush Diplomazia vaticana al lavoro: arriva anche il consigliere privato di Putin Marco Tosatti CITTA DEL VATICANO Domani l'inviato speciale del Papa in America, il cardinale Pio Laghi, comincia la sua missione più difficile, e intanto giunge in Vaticano il braccio destro di Putin per quanto riguarda l'Unione europea, il sottosegretario agli Esteri, Aleksej Meskov. Così anche la Russia ha deciso di aggiungere il suo nome alla lista dei paesi e degli organismi che in queste settimane hanno visto i loro rappresentanti varcare il Portone di Bronzo per cercare una soluzione pacifica alla guerra incombente. Lunedì mattina Aleksej Meskov sarà ricevuto in Vaticano dal suo «pari grado», monsignor Pietro Parolin. Sarà un incontro «tecnico». Non è escluso però che possa avere un'udienza privata da Giovanni Paolo II, per illustrare al Pontefice la posizione del suo paese in relazione alla crisi irachena, e alla possibilità o meno di usare il «veto» in sede di Consiglio di Sicurezza. In realtà la Russia era l'ultimo dei grandi protagonisti della crisi (Francia e Cina escluse) a non aver avuto un contatto diretto con i vertici vaticani, protagonisti di un febbrile sforzo diplomatico per trovare una soluzione pacifica alla crisi irachena. Germania, Gran Bretagna, Spagna, Iraq, Iran e le Nazioni Unite hanno compiuto visite ad alto livello in Vaticano. Un tourbillon di contatti, che però sembra lasciare un certo senso di insoddisfazione fra i collaboratori di Papa Wojtyla; e l'atmosfera che si respira è quella di un crescente pessimismo. La missione del cardinale Pio Laghi, annunciata ieri ufficialmente dalla Sala Stampa vaticana, rientra in questo quadro. «Nel contesto della crisi irachena, - ha dichiarato il Direttore della Sala Stampa, Joaquin Navarro Valls il Santo Padre ha designato, quale suo inviato speciale presso il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, Sua Eminenza il Cardinale Pio Laghi. Il Cardinale, che lascerà Roma nei prossimi giorni, sarà latore di un messaggio di Sua Santità e avrà modo di illustrare la posizione e le iniziative intraprese dalla Santa Sede per contribuire al disarmo e alla pace in Medio Oriente». Il porporato, «in pensione» come il cardinale Etchegaray, inviato a Baghdad, ha troppa esperienza per sperare in un miracolo. «Non bastano i buoni rapporti personah a scongiurare ima crisi come questa» diceva nei giorni scorsi; e il suo compito appare tanto più difficile in quanto il portavoce di George Bush, Ari Fleischer, ha dichiarato che il Presidente Usa non si farà influenzare dagli appelli del Papa; quando già probabilmente la Casa Bianca e il Vaticano stavano «trattando» sulla visita di Laghi oltreoceano, latore di una lettera autografa del Pontefice. Laghi conobbe i Bush, soprattutto l'ex presidente e la moglie Barbara alla fine degli Anni Ottanta. Fu ospite loro in varie circostanze ed è li che conobbe anche la famiglia dell'attuale Presidente Usa. Le fighe di George Bush junior recentemente di passaggio a Roma, sono anche state ospiti del cardinale nel suo appartamento nei pressi del Vaticano. La sua trasferta cade alla vigilia della giornata di preghiera e digiuno indetta da Giovanni Paolo II per il 5 marzo, mercoledì delle Ceneri, e a cui hanno dato la loro adesione confessioni cristiane di ogni tendenza ed esponenti di altre religioni. Da quando è scoppiata la crisi irachena il cardinale Laghi non ha mai smesso di seguirne con attenzione gli sviluppi; e soprattutto il dibattito sulle implicazioni morali della guerra «preventiva». Lo si è visto qualche giorno fa a casa della principessa Elvina Pallavicini, ad ascoltare gli ambasciatori americani in Italia e presso il Vaticano, Sembler e Nicholson e l'esperto di terrorismo mediorientale, Andrew Erdman, uno di principali consiglieri di Powell. Il cardinale era uno dei pochissimi invitati curiali presenti a questa straordinario «briefing» sulle ragioni del partito della guerra, insieme a monsignor John Foley e al cardinale Francis Stafford, entrambi statunitensi. Gli fu chiesto un commento su quanto aveva udito (ovviamente a favore dell'intervento); rispose che «qualche spiraglio esiste ancora. E la luce può tomare a rischiarare tutt'attorno». La posizione del Vaticano è nota, e il titolo dell'Osservatore dì ieri la sintetizza: «La guerra è un omicidio in grande». La missione di Laghi a Washington ripropone un copione già visto dodici anni fa, nella guena che seguì l'invasione del Kuwait. Anche allora il Papa, per scongiurare «l'avventura senza ritorno» scrisse due lettere: una indirizzata a Saddam Hussein e l'altra al presidente George Bush. Ma la sua voce rimase inascoltata. Papa Giovanni Paolo II e il presidente americano George Bush nel corso del loro ultimo incontro in Vaticano