L'impunità da stadio non comprende il diritto di fischiare

L'impunità da stadio non comprende il diritto di fischiare IN BARBA AL PALO L'impunità da stadio non comprende il diritto di fischiare Gigi Garanzini ARRIVA dall'osservatorio europeo di Vienna, che ha passato al setaccio 450 siti Internet di tifoserie di otto paesi, un lusinghiero ritratto degli ultras nostrani: i più razzisti e i più xenofobi del continente. In testa per la pericolosità dei contenuti gli irriducibili della Lazio: nella scia gli ultras del Padova, del Verona, persino della Pro Patria. Per tutti nel mirino ci sono «ebrei», «giudei» e «negri», in ordine sparso. Con accenti che hanno suggerito, agli estensori del rapporto, critiche severe e allarmate per la mancanza di controlli e di strumenti repressivi. Chi lo racconta, ai viennesi, che fior di società anziché controllare e reprimere intrat- tengono contatti, rapporti e per non saper né leggere né scrivere finiscono per foraggiare? PER STRADA. Calcio, tifo e ordine pubblico. Convegni, dibattiti, tavole rotonde, forum on line. E poi proposte, progetti di riforma, disegni di legge, nella speranza di trovare un punto d'arrivo comune. Quello di partenza, vera e propria pietra miliare, è l'intervista pubblicata martedì in questa pagina all'impiegato Telecom fermato e rilasciato per gli incidenti di sabato. «Noi volevamo prendercela con i giocatori, ma quelli ormai non erano più in campo. E allora ci siamo sfogati contro i poliziotti». Domanda: e le sembra una cosa normale? «Beh, eravamo allo stadio, non eravamo mica per strada». A DOMICILIO. Un tempo prendersela con i giocatori voleva dire fischiarli. Memorabile, una volta che non accadde, la frase con cui Invernizzi volle riconoscere alla folla interista comprensione e pazienza: «Ringrazio il pubblico per la sua capienza». Oggi evidentemente non più. A Napoli, Bari, Avellino, Cagliari, gli ultras i loro idoli in disgrazia sono andati ad aspettarli, e a menarli, a domicilio. Ma è proprio il fischio ad essere passato di moda, se il tifoso lo trova inadeguato e il giocatore, per contro, intollerabile. Prendete Vieri. Ha difeso due compagni bersagliati dal pubblico, certo, e tutti a dire che era un bel gesto, generoso, da vero leader. Ma ha usaLo la parola vergogna, ripetendola più volte, nemmeno sfiorato dal dubbio che nel calcio di oggi ci sia qualcosa di più vergognoso dei fischi a Morfeo e Dalmat. A maggior ragione se il pubblico è lo stesso che alla prima di campionato aveva riaccolto, anzi riabbracciato e sostenuto la squadra cóme se il 5 maggio (sconfitta, non vergogna) fosse stato soltanto un brutto sogno. IN CURVA. Non contento della difesa d'ufficio di Vieri, Morfeo ha tracciato l'identikit dei contestatori: «Gente che dal lunedì al sabato viene messa sotto schiaffo dalle mogli e la domenica si presenta allo stadio a sfogarsi per un'ora e mezza». Sistemati mogli e mariti, l'immancabile elogio ai curvaioli: «Non sono stati loro a fischiare, loro non ci abbandonano mai». Capaci che, sotto schiaffo dal capufficio, gli scappa dalle mani un motorino. Ma guai a toccargli Morfeo. IN TRINCEA.SÌ è misurato col derby di Milano, con quello di Roma, ha provato l'elettricità di Milan-Juventus. Ma il derby d'Italia ancora gli mancava. Lo merita, Paparesta, perché è il più affidabile tra i pochi arbitri emergenti. Purché sappia, lui che giustamente dirige sorridendo anziché digrignando i denti, che tra Juventus e Inter il voltaggio è superiore. E il rischio è di restarci attaccati, alla corrente. Sono cambiati i tempi: una volta Invernizzi ringraziava i tifosi per la «loro capienza», oggi invece Vieri li contesta definendoli «vergognosi». Attento Paparesta-. in Juve-lnter.voltaggio super

Luoghi citati: Avellino, Bari, Cagliari, Italia, Lazio, Milano, Napoli, Roma, Vienna