L'Iraq: oggi la distruzione dei missili Bush non cede: «Guerra imminente»

L'Iraq: oggi la distruzione dei missili Bush non cede: «Guerra imminente» LA MOSSA DEL REGIME PER SCONGIURARE IL CONFLITTO ALLE PORTE L'Iraq: oggi la distruzione dei missili Bush non cede: «Guerra imminente» Adesso Blix vuole correggere il suo rapporto. La Russia irrigidisce la sua posizione «Siamo pronti a impiegare il veto nel caso di una seconda risoluzione Usa sull'Iraq» Paolo Mastrolilli NEW YORK La promessa irachena di distruggere i missili al Samoud 2 ha inasprito il braccio di ferro internazionale sul disarmo di Saddam, con la Casa Bianca e Downing Street che liquidano la mossa come un trucco propagandistico, il Cremlino che torna a minacciare l'uso del veto contro la nuova risoluzione americana, l'Eliseo che si sente vendicato e chiede più tempo per i controlli del Palazzo di Vetro, e il capo degli ispettori Onu Hans Blix che ora vuole ritoccare il suo ultimo rapporto per addolcirlo. Bush ha parlato di prima mattina, tramite un'intervista rilasciata il giorno prima al quotidiano Usa Today: «Io penso che se Saddam aveva intenzione di disarmare, a questo punto lo avrebbe già fatto». Quindi il presidente, pur sottolineando la gravità della decisione di andare in guerra, ha lanciato l'avvertimento più' duro fino ad oggi: «Lo disarmeremo ora». Il portavoce della Casa Bianca, Ari Fleischer, ha usato toni anche più pesanti: «Questo è un altro trucco: il regime iracheno è un imbroglio avvolto in una bugia. Il presidente si aspettava la distruzione di alcuni missili, ma il vero obiettivo è il disarmo totale. Se andremo in guerra, sarà perché l'Iraq continua ad avere 26.000 litri di antrace, 38.000 di botulino, 1,5 tonnellate di agenti nervini e 6.500 bombe chimiche». L'opinione pubblica degli Stati Uniti, in realtà, non sembra così convinta: secondo l'ultimo sondaggio della Gallup, il 590Zo degli americani appoggia l'attacco contro Saddam, ma il numero scende al 330Zo se Baghdad elimina sul serio gli Al Samoud, e al 380Zo se il Palazzo di Vetro non dà il via libera. Comunque il premier britannico Blair, minacciato da problemi di opposizione interna ancora più gravi, ha fatto da eco a Washington, aggiungendo che «Saddam fa concessioni solo quando è sotto la minaccia della forza. Il momento in cui ho sentito che non avrebbe distrutto i missili è stato anche quello in cui ha annunciato che li avrebbe eliminati». Molto diversa la posizione di Mosca, che dopo la concessione sugli Al Samoud 2 è tornata ad irrigidire la sua posizione: «La Russia - ha detto il ministro degli Esteri Ivanov - ha il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, e lo userà se sarà necessario nell' interesse della stabilità internazionale». Ivanov parlava a Pechino, dopo un incontro con le autorità cinesi, che non minacciano il veto ma sostengono la prosecuzione delle ispezioni. Su questa linea è anche Parigi, che ha giudicato la distruzione dei missili come un passo importante nel disarmo pacifico dell'Iraq, e quindi come la conferma dell'efficacia dei controlli del Palazzo di Vetro. Baghdad ha in un primo tempo accettato di eliminare gli Al Samoud (un centinaio) «in linea di principio», e nella lettere inviata al capo di Unmovic Blix ha definito il suo ordine «ingiusto e motivato politicamente». Ieri sera però un comunicato di Baghdad annunciava che la distruzione dei missili sarebbe cominciata oggi stesso. A questo si sono sommate voci di nuovi interrogatori privati con scienziati chimici e biologici. Tutto questo ha ammorbidito Blix, che ha accolto la distruzione dei missili come «un signifi¬ cativo passo di vero disarmo». Solo giovedì il capo degli ispettori aveva consegnato al segretario generale Kofi Annan un nuovo rapporto, in cui definiva «molto limitati» i risultati pratici raggiunti finora. Ieri, però, il diplomatico svedese ha detto che ritoccherà il documento, in vista della prossima testimonianza davanti al Consiglio di Sicurezza, alla luce degli ultimi sviluppi: «La situazione si evolve, e con essa cambia anche il nostro giudizio». Al Consiglio di Sicurezza, nonostante le divisioni, erano cominciati movimenti come quelli del Messico, il Pakistan, l'Angola e la Guinea, che avevano avvicinato Washington al quorum dei nove voti necessari per la nuova risoluzione. La mossa di Saddam, però, potrebbe rimescolare le carte. ^p^^^i^ì Hans Blix (destra), e il direttore generale dell'Aiea, Mohamed El Baradei, riferiscono all'Onu