Il Cremlino strizza l'occhio all'America dopo le barricate pacifiste con l'Europa

Il Cremlino strizza l'occhio all'America dopo le barricate pacifiste con l'Europa CAMBIO DI ROTTA DELLA DIPLOMAZIA RUSSA Il Cremlino strizza l'occhio all'America dopo le barricate pacifiste con l'Europa Berlusconi: una svolta fondamentale, la soluzione passerà dall'Onu retroscena MOSCA ggfZ IOVEDI, su iniziativa W\J della parte americana, ha avuto luogo una conversazione telefonica tra Vladimir Putin e George Bush». Poche righe di comunicato ufficiale, asciutte e nebulose coma da tradizione, ma nelle quali forse si potrebbe intuire una svolta nella crisi irachena. Le parole che sono corse ieri pomeriggio sul filo del «telefono rosso» che collega il Cremlino con la Casa Bianca possono far inclinare il piatto della bilancia della guerra. Parole che sono state riassunte dalla presidenza russa così: «Le parti hanno manifestato l'intenzione di intensificare il lavoro nell'ambito del Consiglio di Sicurezza dell'Onu allo scopo di elaborare un piano d'azione che possa garantire gb interessi di tutta la comunità mondiale». Ma dietro al burocratese moscovita molti intuiscono una svolta nella crisi irachena. Il primo a dare questa interpretazione è stato Silvio Berlusconi, che qualche settimana fa è volato a Mosca per convincere il presidente russo a rinunciare al suo «niet» contro la guerra. Il presidente del Consiglio italiano ha invitato ad ascoltare le dichiarazioni di Bush e Putin, riguardo alla «centralità dell'Onu» nella soluzione della crièi irachena, crisi che «avrà una soluzione attraverso un preciso intervento dell'Onu». Dichiarazioni che il premier italiano ha definito «fondamentali», in quanto cambiano il quadro radicalmente rispetto a pochi giorni fa. Pochi giorni fa sembrava infatti che Mosca avesse deciso di far fronte comune con Berlino e Parigi, insistendo per protrarre le ispezioni per diversi mesi e opponendosi fermamente all'ipotesi di una soluzione militare. Solo 24 ore prima della telefonata con Bush, Vladimir Putin ha ricevuto al Cremlino il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, in visita lampo improvvisa. Mercoledì sera, dopo essersi intrattenuto con il cancelliere tedesco, il presidente russo aveva rilasciato dichiarazioni «pacifiste», affermando di non aver perso la speranza di risolvere il problema Saddam pacificamente. «Non ho mai sentito il presidente americano dire che desidera la guerra, anche lui vuole risolvere il problema con strumenti pacifici, la pressione esercitata dall'amministrazione americana serve solo a far cedere gli iracheni», ha detto Putin. Dichiarazioni che possono venire interpretate in modo ambiguo e sostenere la tesi di numerosi commentatori, secondo la quale Putin nella crisi attorno a Baghdad gioca abilmente su due scacchiere. Ha aderito alla triade europea, nella quale però è proprio il padrone del Cremlino a godere della maggiore fiducia di Bush, ben più di Schroeder e Chirac. I commentatori russi - e la maggioranza dei più influenti consiglieri del Cremlino - parlano apertamente della guerra imminente e, in toni ironici, del «pacifismo» europeo, invitando Putin a schierarsi per «pragmatismo» con gli Stati Uniti, che possono offrire alla Russia più dell'Europa. Ma Putin non può non rendersi conto di non poter scegliere l'America o l'Europa, e ha cercato, in settimane di telefonate e incontri con i suoi colleghi, di intrecciare una sorta di mediazione nella quale guadagnare senza perdere nul- Negli ultimi giorni, con l'orologio della guerra che girava sempre più rapidamente le sue lancette. Mosca ha sviluppato un'attività diplomatica di intensità impressionante. Mentre Vladimir Putin ospitava al Cremlino per cene improvvise Romano Prodi e Gerhard Schroeder, gli uomini più fidati del presidente Putin si sono diretti nelle capitali occidentali e orientali. Evghenij Primakov, uno dei principali strateghi della politica sovietica, e poi russa, nel mondo arabo e amico personale di Saddam Hussein, ha visitato Baghdad, dove ha avuto colloqui a quattr'occhi con il dittatore iracheno. Ufficialmente, l'obiettivo era «ottenere garanzie di adempimento alla risoluzione 1441 e di piena collaborazione con gli ispettori», ma è opinione corrente che l'ex premier aveva la missione di negoziare con Saddam le condizioni della sua resa. Negli stessi giorni a Washington è stato inviato Alexandr Voloshin, il capo dell'amministrazione presidenziale. La scelta di questo personaggio, le cui apparizioni in pubblico - per non parlare di missioni ufficiali all'estero - si contano sulle dita di una mano, ma che viene considerato un uomo strategico al Cremlino, parla da sola: Voloshin è stato mandato in America con una missione estremamente delicata. Secondo alcune fonti ben informate. il braccio destro del presidente russo avrebbe portato a Bush un messaggio di Saddam. Infine, il ministro degli Esteri Igor Ivanov nelle stesse ore era a Pechino. Sul contenuto e il risultato di queste iniziative c'è il riserbo più completo. L'unico ad aver commentato è stato proprio Saddam Hussein che, senza rivelare il messaggio inviatogli da Putin, ha definito il precedente tentativo di mediazione di Primakov - alla vigilia del «Desert storm» nel 1991 -un «vile inganno». Quella volta Mosca protestò fino all'ultimo contro l'operazione militare antiSaddam, per poi appoggiarla. Il presidente americano George W. Bush e il presidente russo Vladimir Putin